Il problema della sicurezza delle interfacce API sta diventando di attualità, tanto che ora anche i maggiori esponenti del settore si stanno rendendo conto dei possibili pericoli a esse collegati. Più queste vengono ampliate, più incorporano possibilità di attacco importanti, che possono potenzialmente portare a violazioni di dati significative.
Ne ha di recente parlato ESET in un articolo pubblicato su Welivesecurity a cura di Cameron Camp (nella foto qui accanto), security researcher presso la software house specializzata in soluzioni di sicurezza per aziende e privati.
È suo il richiamo ad Apigee, l’iniziativa di Google per la sicurezza delle API, e all’Internet of Things che, insieme ai dati machine-to-machine, impone la necessità per le aziende di disporre di interfacce senza soluzione di continuità che aiutino a spostare le loro masse di dati in maniera indolore.0
Peccato, però, è l’ulteriore considerazione di Camp, che queste stesse interfacce più robuste “incorporano possibilità di attacco più solide, che possono potenzialmente portare i dati in luoghi sconosciuti e a velocità record”.
Non a caso, Camp ricorda come ESET abbia scritto di recente “dell’ondata di nuove startup presenti alla RSA Conference di quest’anno, che hanno cercato di convincere i partecipanti a concentrarsi su come assicurarsi che un’API non inizi improvvisamente a comportarsi male o a fare cose di cui nessuno è a conoscenza finché non è troppo tardi. Non siamo solo noi: i nostri amici di DarkReading hanno dichiarato di contare le crescenti perdite aziendali associate alle violazioni delle API”.
E ora, proprio la già citata Apigee Advanced API Security for Google Cloud di Google è al lavoro per consentire alle organizzazioni di identificare le configurazioni delle API errate e per contrastare i bot maligni e con essi gli incidenti di sicurezza delle API.
Fortunatamente, ricorda Camp nel suo articolo, esistono strumenti come l’OWASP API Security Project che consentono di effettuare un controllo della salute delle proprie API o di quelle con cui ci si interfaccia, che possono servire come base di riferimento. Inoltre, offrono un approfondimento sulle configurazioni errate più comuni e su come evitarle, definendo così un ottimo punto di partenza.
Infine, conclude Camp, “considerato che all’RSA erano presenti numerose startup che si occupano di sicurezza delle API, quel che ci si aspetta per il futuro è di continuare a vedere l’aumento degli attacchi alle API mentre le aziende si confrontano con la prospettiva di mettere in sicurezza l’ennesima interfaccia, questa volta industriale, che si trova al centro del cloud e dei big data e che – configurata in modo sbagliato – può consentire di travasare vaste quantità di dati in tutto il mondo in direzioni sconosciute. Assicuratevi solo che non siano i vostri dati”.