I casi d’uso abilitati dall’intelligenza artificiale (AI) contro il cambiamento climatico hanno il potenziale per supportare le organizzazioni a raggiungere fino al 45% dei loro obiettivi di riduzione delle emissioni (Economic Emission Intensity – EEI) delineati nell’Accordo di Parigi.
È quanto emerge da una nuova ricerca, dal titolo “Climate AI: How artificial intelligence can power your climate action strategy”, condotta dal Capgemini Research Institute in partnership con right. based on science, startup attiva nella lotta al cambiamento climatico.
Se da un lato l’intelligenza artificiale offre molti casi d’uso di azioni sul clima, dall’altro la diffusione su larga scala di questa tecnologia si sta rivelando poco efficace, tanto che solo il 13% delle organizzazioni riesce a unire con successo una vision sul clima con le competenze in ambito AI.
Due terzi (67%) delle organizzazioni hanno fissato obiettivi di business a lungo termine per affrontare il cambiamento climatico. A differenza di molte tecnologie che si occupano di un aspetto specifico, come ad esempio la cattura del carbonio o le fonti di energia rinnovabili, l’AI può accelerare le azioni messe in campo dalle aziende per combattere il cambiamento climatico in tutti i settori e le catene del valore e la sua adozione è in aumento, dato che più della metà delle organizzazioni (53%) sta andando oltre la fase pilota o proof of concept.
L’AI che combatte il cambiamento climatico
I casi d’uso dell’AI includono il miglioramento dell’efficienza energetica, la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e l’ottimizzazione dei processi per favorire la produttività. Degli 800 dirigenti intervistati, responsabili in ambito di sostenibilità e tecnologia in 400 organizzazioni del settore automobilistico, della produzione industriale e di processo, dell’energia e delle utility, dei prodotti di consumo e del retail, quasi la metà (48%) utilizza l’AI per attività finalizzate a combattere il cambiamento climatico e, di conseguenza, dal 2017 ha ridotto le emissioni di gas serra (GHG) del 12,9%, ha migliorato l’efficienza energetica del 10,9% e ha ridotto gli sprechi dell’11,7%.
Il potenziale impatto positivo dell’intelligenza artificiale è notevole. Le organizzazioni possono aspettarsi di ridurre le emissioni di gas serra del 16% nei prossimi tre-cinque anni attraverso progetti per la lotta al cambiamento climatico basati sull’AI. In tutti i cinque settori considerati, la ricerca ha rilevato che i casi d’uso abilitati dall’AI possono soddisfare fino al 45% dei requisiti dell’Accordo di Parigi da qui al 2030.
Il settore del consumer retail presenta il maggior potenziale di miglioramento, con una quota stimata del 45%, mentre dovrebbe attestarsi all’11% per quello wholesale.
Attraverso l’analisi di più di 70 casi d’uso basati sull’AI per lo sviluppo di azioni per la lotta al cambiamento climatico, Capgemini ha identificato i 10 casi d’uso con il maggiore impatto. Questi, illustrati in maniera dettagliata nel report, includono le piattaforme per l’ottimizzazione del consumo di energia, algoritmi per identificare automaticamente i difetti e prevedere i guasti senza interrompere le operazioni, e sistemi per tracciare le perdite nei siti industriali di elementi chimici nocivi per l’ambiente.
Gli ostacoli da superare per implementare con successo l’AI
Nonostante il notevole potenziale dell’AI in termini di lotta al cambiamento climatico, l’implementazione resta ancora ridotta. Questo potrebbe essere dovuto a diversi ostacoli che ne impediscono il progresso:
- Più di otto organizzazioni su dieci spendono meno del 5% del capitale destinato agli investimenti su AI e monitoraggio dei dati per combattere il cambiamento climatico;
- La metà (54%) delle organizzazioni conta al proprio interno meno del 5% di dipendenti con le competenze necessarie per svolgere ruoli che implicano la gestione di dati o che si basano sull’AI;
- Più di un terzo (37%) dei dirigenti che si occupano di sostenibilità hanno ridotto i propri obiettivi climatici alla luce della pandemia di COVID-19, con il rallentamento più significativo nel settore dell’energia e delle utility. Il 38% di tutte le organizzazioni ha ridotto le spese in conto capitale destinate alle iniziative per il clima.
Le aziende europee hanno il maggior grado di adozione
Solo il 13% delle organizzazioni ha allineato la propria vision e strategia per la lotta al cambiamento climatico con le proprie competenze in ambito AI, un gruppo che Capgemini definisce Climate AI Champions. Due quinti di questi ultimi sono europei, seguiti dalle Americhe e dall’Asia-Pacifico. I Climate AI Champions sono più vicini al raggiungimento dei target relativi al contenimento dell’innalzamento delle temperature stipulati nell’Accordo di Parigi sia per quanto riguarda le emissioni Scope 1 sia per le emissioni Scope 2 e hanno fatto notevoli progressi nell’implementazione dell’AI per ridurre le emissioni dirette.
Sta inoltre emergendo un chiaro gap di competenze, in quanto l’84% dei dirigenti preferirebbe compensare (o controbilanciare) la propria impronta di carbonio piuttosto che utilizzare soluzioni tecnologiche per ridurla nel lungo periodo (16%). Questo suggerisce una mancanza di consapevolezza circa il potenziale d’azione dell’AI nella lotta al cambiamento climatico. Secondo il report, le organizzazioni devono investire nell’AI e nei team di data science per capire come utilizzare al meglio questa tecnologia, sfruttandola per ottenere un impatto positivo per la sostenibilità.
Come sfruttare il pieno potenziale dell’AI
Nonostante i progressi tecnologici, i sistemi e le soluzioni di AI possono potenzialmente consumare molta energia e generare significativi volumi di emissioni di carbonio che, ovviamente, hanno effetti negativi sul clima.
Prima di iniziare a implementare i casi d’uso basati sull’AI per la lotta al cambiamento climatico, le organizzazioni devono valutarne attentamente l’impatto ambientale, creare una maggiore consapevolezza e costruire soluzioni che tengano in massima considerazione i principi di sostenibilità, per assicurare che i benefici derivanti dall’implementazione dell’AI siano maggiori rispetto ai “costi” di emissione.
Come sottolineato in una nota ufficiale da Andrea Falleni, Amministratore Delegato di Capgemini in Italia: «Affrontare la questione del cambiamento climatico è responsabilità di tutti e nonostante l’AI abbia il potenziale per avere un impatto significativo, solo una piccola parte delle organizzazioni la sta attivamente utilizzando per questo scopo. L’impegno verso il clima deve partire dai vertici dell’organizzazione, allineando l’utilizzo di dati e soluzioni AI a un’agenda strategica fondata sulla sostenibilità. Senza una direzione chiara, viene a mancare il collegamento tra le intenzioni e la loro esecuzione attraverso la tecnologia. Le organizzazioni hanno l’opportunità di implementare soluzioni in ambito AI per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità, utilizzando strutture in grado di educare, creare consapevolezza, stabilire modelli operativi scalabili e gestire i dati per fornire risultati di business tangibili. Naturalmente questo richiede che le soluzioni di AI siano concepite, costruite, implementate e monitorate secondo principi di progettazione sostenibile per garantire un impatto ambientale complessivamente positivo».