Nel mondo delle minacce informatiche in continua evoluzione, gli attaccanti cercano sempre strategie innovative per massimizzare i loro guadagni e minimizzare gli sforzi. L’ultimo esempio è stato scoperto in uno degli honeypot del SIRT di Akamai all’inizio di giugno: il proxyjacking a scopo di lucro.
Sebbene il concetto di proxyjacking non sia nuovo, la capacità di monetizzarlo facilmente come intermediari di aziende tradizionali è nuova. La possibilità di un facile guadagno rende questo vettore una minaccia sia per il mondo aziendale che per gli utenti, aumentando la necessità di consapevolezza e di protezione.
Il cryptojacking è diventato abbastanza noto in tutto il mondo: le risorse delle vittime vengono rubate per contribuire a un pool di mining in cambio di denaro che viene dato all’attaccante. Una tecnica meno nota che è cresciuta di recente è il cosiddetto proxyjacking. Con il proxyjacking, l’attaccante non si limita a rubare risorse, ma sfrutta anche la larghezza di banda inutilizzata della vittima. Il sistema della vittima viene quindi utilizzato di nascosto per eseguire vari servizi in qualità di nodo proxy peer-to-peer (P2P) che gli attaccanti hanno recentemente iniziato a monetizzare attraverso organizzazioni come Peer2Profit o Honeygain. Queste aziende offrono agli utenti l’opportunità di essere pagati per la loro larghezza di banda extra, una prospettiva attraente e legittima per molte persone ed organizzazioni. L’8 giugno 2023 il team di esperti di Akamai ha notato un attaccante che ha stabilito diverse connessioni SSH a uno dei nostri honeypot Cowrie, un asset gestito dal SIRT di Akamai. Grazie alle nostre capacità di controllo e monitoraggio completo di questo honeypot, siamo stati in grado di tracciare e documentare tutte le azioni degli attaccanti, che sono state eseguite principalmente tramite script Bash codificati.
La prima linea d’azione dell’attaccante è stata quella di utilizzare uno script Bash con doppia codifica Base64, una tecnica comune utilizzata per oscurare la vera funzionalità dello script ed eludere i sistemi di sicurezza. Una volta decodificato con successo lo script Bash offuscato, si è potuto vedere il modus operandi dell’attaccante per il proxyjacking. Grazie alla registrazione di questo script decodificato, è stata analizzata meticolosamente la natura e la sequenza delle operazioni previste dall’attaccante.
L’emergere del proxyjacking a scopo di lucro segue molte altre forme di schemi criminali di guadagno tramite dispositivi compromessi. Il paragone più ovvio è il cryptojacking, ma la strategia di prendere un servizio legittimo e abusare della sua redditività con mezzi criminali risale a tempi ancora più remoti.
L’accumulo di proxy rende questo fenomeno particolarmente rilevante e preoccupante perché il proxyjacking risolve essenzialmente l’unico aspetto negativo del cryptojacking: il rilevamento tramite
l’elevato utilizzo della CPU. Infatti, richiedendo una CPU minima e facendo invece affidamento sulla larghezza di banda Internet inutilizzata, il proxyjacking può evitare alcuni dei mezzi di rilevamento precedentemente utilizzati per il cryptojacking.
Un minore utilizzo della CPU implica un’enfasi ancora maggiore sulle soluzioni IDS/IPS per mitigare il proxyjacking, dal punto di vista aziendale. Per l’utente comune, invece, è importante implementare solide regole di sicurezza, come l’utilizzo di password complicate e la loro memorizzazione in un password manager, installare patch alle applicazioni e abilitare l’autenticazione a più fattori, quando possibile. Gli utenti con una conoscenza più approfondita della sicurezza informatica possono inoltre prestare attenzione ai container in esecuzione, monitorare il traffico di rete per individuare eventuali anomalie ed eseguire regolarmente scansioni delle vulnerabilità.