AIPSI, libera associazione no-profit, che raduna a livello individuale chi è interessato professionalmente alla sicurezza informatica e capitolo italiano della mondiale ISSA, ha effettuato la sua seconda indagine CSWI, Cyber Security Women Italy, sul lavoro femminile nella sicurezza digitale in Italia e pubblicato i risultati nel Rapporto AIPSI CSWI 2021.
Questa indagine, come la precedente, si è basata su un questionario on line realizzato tramite il sistema open source LimeSurvey nell’ambito del dominio aipsi.org. Il questionario 2021 online che indaga sul lavoro femminile nella sicurezza digitale, sicuro ed anonimo, è stato reso pubblico e accessibile da Internet a metà marzo 2021, ed è stato chiuso a fine ottobre 2021. Si sono poi elaborati i dati raccolti e redatto il rapporto finale, pubblicato a fine novembre 2021.
Per meglio comprendere obiettivi e perimetro dell’indagine CSWI è bene chiarire alcuni concetti che la caratterizzano:
- per “sicurezza digitale” si intende l’insieme di misure e strumenti per la protezione delle informazioni trattate dai Sistemi Informativi (SI) in termini di loro disponibilità (informazione accessibile e utilizzabile quando richiesto dai processi e dagli utenti autorizzati), confidenzialità (informazione nota solo a chi ne ha il diritto di accedervi) ed integrità (informazione non alterabile se non da utenti autorizzati, e con possibilità di verifica della eventuale alterazione), cui si aggiunge, in caso di loro trasmissione, l’autenticità (certezza da parte del destinatario dell’identità del mittente) e il non ripudio (il mittente o il destinatario di un messaggio non ne possono negare l’invio o la ricezione). La sicurezza digitale è un complesso processo interdisciplinare, coinvolgendo aspetti tecnici, organizzativi, normativi, giuridici, comportamentali e pertanto varie figure e vari ruoli professionali possono o debbono occuparsene.
- Il target delle rispondenti all’indagine CSWI è pertanto molto ampio. Essendo lo studio incentrato sul lavoro femminile nella sicurezza digitale, sono state considerate tutte le donne che, a qualsiasi titolo, ruolo, con diversi tipi di competenze e modalità operative (a tempo pieno o a tempo parziale, in taluni casi solo a seguito di determinati eventi), si devono occupare nel loro lavoro di sicurezza digitale: dalla specialista tecnica di cybersecurity alla sviluppatrice di software, dalla manager documentale a quella della privacy, da chi si occupa di analisi dei rischi a chi si occupa del personale e dell’organizzazione, dall’avvocatessa coinvolta in azioni giuridiche e in computer forensic all’operatrice di un helpdesk, e così via.
- Le rispondenti al questionario CSWI sono solo donne: l’indirizzo del questionario online non è reso pubblico, ma è stato inviato da AIPSI via e-mail alle donne presenti volontariamente nelle sue mailing list ed a quelle che, saputo dell’indagine tramite la newsletter, il sito web ed i social net di AIPSI, lo hanno richiesto perché interessate a compilarlo.
- Le rispondenti nella compilazione del questionario che studia la situazione del lavoro femminile nella sicurezza digitale in Italia, sono anonime: non è stata richiesta alcuna informazione personale e/o identificativa della compilatrice e della sua azienda/ente, non viene rilevato e tanto meno registrato il suo indirizzo IP, sulla banca dati delle risposte non viene nemmeno specificata la data di compilazione. I dati raccolti sono stati utilizzati per la creazione di grafici e tabelle e per la stesura del rapporto finale.
CSWI è un’indagine via web, anonima, cui possono rispondere tutte le donne interessate a contribuirvi su base volontaria, senza alcun controllo preventivo da parte del sistema sul web. Il bacino di rispondenti all’indagine non è pertanto predefinito e bilanciato statisticamente per ruoli, attività fasce di età, etc.
All’indagine 2021 hanno risposto 468 donne che si occupano di sicurezza digitale, di cui il 78,2% con una età maggiore di 35 anni, il 72% laureate, ed il 65,7% con un’esperienza lavorativa nella sicurezza digitale di più di 5 anni.
In termini di ruolo professionale svolto, il 48,1% lavora presso una società fornitrice di soluzioni informatiche o di cybersecurity, mentre il 17,3% opera presso società della domanda ICT, ossia di aziende utenti di informatica e di sicurezza digitale. Un significativo 13,8% delle rispondenti sono imprenditrici o operano ai vertici di aziende/enti. Un 17,2% opera nella consulenza di sicurezza digitale, e di queste il 9% sono freelance. Il 14% include professioniste che rivestono ruoli nella vendita e nel marketing di aziende dell’offerta, mentre il 12,4% opera nella formazione e nella ricerca (in ambito universitario) per la sicurezza digitale. Purtroppo nessuna delle rispondenti ricopre ruoli di CTO, CIO e CISO. AIPSI ha invitato a rispondere alcune di queste poche che conosce, ma nessuna ha purtroppo risposto, dato il risultato. Si deve comunque considerare che in Italia poche donne rivestono questi ruoli, tradizionalmente “maschili”.
Il campione di rispondenti emerso da questa indagine sul lavoro femminile nella sicurezza digitale in Italia è quindi costituito in maggioranza da donne adulte, laureate, con una consolidata esperienza lavorativa in questo settore, operanti per lo più, a vari livelli, nell’ambito della offerta di sicurezza digitale. Queste caratteristiche del campione hanno influito significativamente sulle risposte fornite riguardanti il divario di genere, le motivazioni e gli aspetti positivi e negativi nell’operare come donna in questo campo.
Il divario di genere nel campo della sicurezza digitale in Italia
La domanda principale posta dal questionario 2021 che indaga sulla sul lavoro femminile nella sicurezza digitale per comprendere quale sia il gap di genere in questo specifico campo è: “L’essere donna favorisce o no l’espletamento delle proprie attività professionali nel campo della sicurezza digitale?”. Le risposte delle rispondenti sono sintetizzate in percentuale nella seguente figura, e correlate con la fascia di età delle rispondenti nella figura successiva.
Il 57,1% ritiene che nel suo attuale lavoro nella cybersecurity l’essere donna sia sostanzialmente indifferente, il 22,1% ritiene che sia sfavorevole e solo il 2,6% lo ritiene favorevole.
La correlazione, sempre in percentuale, tra la valenza professionale dell’essere donna e la fascia di età evidenzia come dalle fasce da 45 anni in su, ossia di una elevata “seniority”, prevalga sempre la sostanziale indifferenza, così come per le più giovani. Nella fascia 35-44, e solo in questa, prevale il “mi sfavorisce”. Il che è logico: in questa fascia di età la maggior parte delle donne è sposata, ha spesso figli, è ad un livello di anzianità e di responsabilità professionale per le quali si attenderebbe dei riconoscimenti, di carriera e/o economici, che invece spesso non riceve.
Al divario di genere nel relativamente ristretto campo della sicurezza digitale contribuiscono due importanti fattori, sui quali l’indagine CSWI ha indagato con specifiche domande: l’effettiva possibilità di bilanciare il tempo da dedicare alla professione rispetto a quello personale/famigliare e la differenza retributiva con gli uomini, ovviamente a parità di condizioni.
Nel riuscire a conciliare la propria attività professionale con quella personale e famigliare, solo il 23,5% delle rispondenti ha attualmente ancora difficoltà.
Per la retribuzione, a parità di condizioni, il 34,2% ritiene di essere pagata meno degli uomini, il 25% di avere una retribuzione analoga, e solo il 3,9% di essere pagata di più. La restante percentuale di rispondenti non è in grado di sapere se è pagata più o meno, a parità di condizioni, dei maschi. Correlando questa risposta con la fascia di età, emerge che il “non so” è prevalente nella fascia delle più giovani, che ragionevolmente hanno poca esperienza e che normalmente non hanno accesso, o non sono ancora interessate, alle informazioni sulla retribuzione dei colleghi e di quali sono le retribuzioni sul mercato italiano.
Dall’indagine CSWI 2021 sul lavoro femminile nella sicurezza digitale emerge che il divario di genere in Italia, almeno per le donne che operano a vario titolo nella sicurezza digitale, esiste, soprattutto in termini salariali, ma risulta meno diffuso e meno grave, percentualmente, rispetto a quanto immaginato dagli autori e ad altri settori professionali; forse le rispondenti sanno meglio gestire ed assorbire l’essere donna nei vari ruoli ed attività che hanno a che fare con la sicurezza digitale.
Quanto emerso con CSWI sul gender gap in Italia, pur nel solo campo della sicurezza digitale è stato in qualche misura confermato dal rapporto europeo WID, Women In Digital, del 2021, in particolare per il divario di genere retributivo non corretto. A livello europeo il “retributivo non corretto” è passato dal 18% nel 2020 al 19% nel 2021, quindi con un peggioramento di un punto percentuale, mentre l’Italia è migliorata di tre punti, passando dal 19% al 16%. Questi sono dati per l’intero settore ICT, e non per la sola sicurezza digitale, ma indicano un significativo trend di miglioramento nell’ICT italiano.
Motivazioni ed aspetti positivi e negativi nel lavoro femminile per la sicurezza digitale in italia
Un altro importante aspetto emerso dall’indagine CSWI è che il lavoro femminile nella sicurezza digitale, indipendentemente dal ruolo e dal tipo di attività, è svolto soprattutto per passione ed interesse nella materia, non per motivi economici.
Per più della metà delle rispondenti lavorare nella sicurezza digitale piace per il suo alto tasso di innovazione, per il continuo contatto con le tecnologie digitali, oltre che per la sua inter e multidisciplinarietà. Il dover affrontare problemi complessi, tipici nella maggior parte di interventi nella sicurezza digitale, è considerato un aspetto positivo e di interesse per quasi 1/3 delle rispondenti. L’interesse per la multidisciplinarità, che potrebbe anche essere considerata un aspetto negativo, evidenzia anche il prevalere dei così detti “soft skill”, ossia di capacità di tipo personale, relazionale, comportamentale, comunicativo e di metodo, che differiscono dalle competenze e capacità tecniche legate a specifiche mansioni o ruoli. Importante sottolineare ancora come gli aspetti ed i ritorni economici a livello personale non sono considerati motivanti e di primario interesse.
Le maggiori difficoltà indicate dalle rispondenti sono riportate percentualmente nella figura che segue.
Al primo posto la necessità di avere maggiori competenze e conoscenze tecniche: quasi il 50% delle rispondenti sente fortemente il bisogno di perfezionarsi in primis sul lato tecnico, basilare per la sicurezza digitale in qualsiasi ruolo ed attività.
Al secondo posto, ma con una percentuale molto inferiore, la necessità di maggiori competenze nel campo legale e normativo, che fortemente ormai indirizza la sicurezza digitale: basta pensare al GDPR per la privacy.
Seguono poi vari temi tutti riguardanti aspetti organizzativi di competenze all’interno della struttura nella quale le rispondenti operano: in particolare mancanza di lavoro di gruppo e mancanza di colleghi ed interlocutori con le adeguate competenze per poter interoperare efficacemente.
L’evoluzione prevista della carriera “rosa”
Che cosa vorrebbero fare le rispondenti al questionario sul lavoro femminile nella sicurezza digitale nel prossimo futuro è riportato nella figura sottostante.
Quasi la metà delle rispondenti intende continuare e crescere, specializzandosi, nel campo della sicurezza digitale. Correlando questa risposta col tipo di azienda/ente nella quale si opera, essa è nettamente prevalente lato offerta, per le free lance e per le insegnanti/docenti. L’intenzione invece di crescere e passare ad altri campi e ruoli, abbandonando quindi l’ambito della sicurezza digitale, è considerando da più di un quarto delle rispondenti (27,6%): l’8,11% lo vorrebbe a breve, il 15,8% dopo essersi ulteriormente consolidata nella posizione, quindi più a medio termine.
di Marco R. A. Bozzetti, Presidente AIPSI e CEO Malabo