Bitdefender ha reso noto il resoconto delle proprie indagini relative agli attacchi informatici messi in atto dal gruppo iraniano APT Chafer, che hanno coinvolto il trasporto aereo e i settori governativi in Medio Oriente, principalmente in Kuwait e in Arabia Saudita.
L’allerta per la sicurezza diramato, però, coinvolge anche l’Europa che potrebbe presto essere presa di mira.
Nello specifico, Bitdefender ha rilevato le attività di Chafer APT, un pericoloso gruppo di criminali informatici con un apparente legame iraniano, attivo sin dal 2014 e noto per le sue campagne di spionaggio informatico. Questo stesso gruppo prende di mira le infrastrutture critiche del Medio Oriente, presumibilmente per rubare informazioni.
I ricercatori dei Bitdefender Lab hanno individuato attacchi riconducibili a questo gruppo di hacker risalenti al 2018 nel territorio sopracitato. Le campagne sfruttavano diversi strumenti, tra cui tecniche LotL (Living off the Land), che rendono difficile l’identificazione del colpevole, così come diversi strumenti di hacking e una backdoor costruita su misura.
Le vittime delle campagne analizzate si inseriscono nel modus operandi preferito da questo gruppo criminale, che predilige colpire il trasporto aereo e i settori governativi in Medio Oriente.
La catena d’attacco in Kuwait
I primi segnali di violazione rilevati dalla telemetria Bitdefender sono stati diversi file reverse TCP e comandi PowerShell che eseguivano il codice compresso base64, specifico per il framework Metasploit. Anche se difficile da ipotizzare, è possibile che gli aggressori abbiano usato documenti contaminati con codici shell per compromettere la vittima, potenzialmente diffusi attraverso email di spearphishing.
Una volta violate le vittime, gli aggressori hanno iniziato a portare strumenti di ricognizione per la scansione della rete (“xnet.exe”, “shareo.exe”) e la raccolta di credenziali (come “mnl.exe” o “mimi32.exe”) o strumenti con molteplici funzionalità, come CrackMapExec (per l’enumerazione degli utenti, la quotazione delle azioni, la raccolta di credenziali e così via). Questo arsenale di strumenti ha aiutato il gruppo di hacker a muoversi lateralmente all’interno delle reti.
Una volta preso piede all’interno dell’azienda, hanno iniziato a installare moduli personalizzati: un Plink modificato installato come servizio, così come una backdoor.
Durante l’indagine, Bitdefender ha osservato alcuni comportamenti insoliti eseguiti da un certo account utente, che danno ragione di credere che gli aggressori siano riusciti a creare un account utente sulla macchina delle vittime e abbiano eseguito diverse azioni dannose all’interno della rete, utilizzando quell’account.
La catena d’attacco in Arabia Saudita
Il caso analizzato in Arabia Saudita non è particolarmente sofisticato, sia perché i criminali informatici non sono riusciti a sfruttare ulteriormente la vittima o forse perché non hanno trovato alcuna informazione di loro interesse.
Bitdefender sospetta che la violazione iniziale sia avvenuta attraverso un attacco di social engineering, in cui l’utente è stato indotto con l’inganno a eseguire un software RAT presente nella cartella predefinita per qualsiasi processo di download.
Le indagini di Bitdefender hanno anche rilevato l’uso di tre diversi componenti RAT che, secondo la linea temporale, non vengono utilizzati contemporaneamente. Una di queste componenti è presente anche su alcune delle vittime in Kuwait sotto un altro nome: ciò collega questi attacchi agli stessi attori della minaccia. Anche se questo attacco non è stato così esteso come quello in Kuwait, alcune prove forensi, come quella appena citata, suggeriscono che potrebbe averlo orchestrato lo stesso gruppo di hacker.