Pratica, intuito e specializzazione. Sono queste le basi di un buon Data Scientist che, per diventare tale, deve districarsi da uno stimolante quanto insidioso contesto e scegliere il giusto percorso di formazione.
Lo sostiene Irion, software house italiana specializzata nell’Enterprise Data Management, sottolineando in primis le peculiarità che non possono mancare.
A elencarle ci pensa Alberto Scavino, CEO di Irion, per il quale, un bravo Data Scientist deve, innanzitutto, essere in grado leggere, analizzare e gestire i “Big data”. Per farlo è necessario avere un solido background in matematica applicata, statistica, informatica o fisica, oltre a specifiche competenze di machine learning e data mining.
Le skill tradizionali non sono però più sufficienti
In un contesto in rapidissima evoluzione come quello delle tecnologie digitali, in base alle quali vengono riprogettati un numero sempre maggiore di processi aziendali, l’aggiornamento continuo è fondamentale. I “maghi del dato” sono molto ricercati – e ben remunerati -, proprio perché per intraprendere questa professione, e svolgerla con profitto, è necessario un complesso background di competenze e attitudini.
Tre suggerimenti per diventare data scientist
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Integrare la pratica allo studio teorico
Un robusto background accademico è fondamentale per un Data Scientist, ma è ancora più importante “sporcarsi le mani” e lavorare su dati reali. Molte delle skill necessarie al professionista si possono, infatti, apprendere solo sul campo. Quindi, è essenziale accumulare esperienze – che siano stage o collaborazioni – già durante gli studi. Solo in questo modo, è possibile comprendere a pieno, e anticipare, i principali trend del settore. - Sviluppare l’intuito: Un buon Data Scientist non deve solo avere forti competenze tecniche, ma deve anche essere dotato di un ottimo intuito. Non si tratta di gettare dati grezzi in uno strumento in grado di elaborarli, e aspettarsi che ne venga fuori qualcosa di buono: prima di tutto bisogna accertarsi che ciò che si sta facendo abbia un senso. Ad esempio, bisogna essere in grado di capire quali caratteristiche sono importanti e quali implicazioni vi stanno dietro, oltre a comprendere quale modello utilizzare in base a come i dati sono distribuiti.
- Massima specializzazione: In tutti i settori, dal finance al pharma, alle utilities, si registra una sempre crescente domanda di professionisti in grado di interpretare con precisione la mole di informazioni che quotidianamente le aziende ricevono per trarre vantaggio competitivo, ma anche per conformarsi alle normative vigenti, in termini di privacy, protezione e sicurezza dei dati. Nelle infinite possibilità di applicazione, per un giovane che si avvia al mestiere, è fondamentale specializzarsi: le imprese ricercano competenze sempre più specifiche.
In qualsiasi campo, dalla medicina alla finanza, passando per il marketing, è dunque necessario convergere e interpretare dati e informazioni, trasformandoli in indicazioni utili per il progresso di un’organizzazione.
Per questo motivo, tra i profili più ricercati dalle aziende di ogni settore, negli anni a venire continueranno a esserci proprio loro, gli “scienziati del dato”: professionisti dell’innovazione in grado di leggere, analizzare e gestire enormi quantità di informazioni digitali, permettendone l’utilizzo in infiniti ambiti applicativi, ponendo la massima attenzione su qualità, privacy e sicurezza.
Di conseguenza, anche il mondo accademico si sta muovendo per formare risorse con le competenze necessarie al ruolo di Data Scientist: all’Università La Sapienza di Roma, è nato un corso di laurea magistrale in Data Science, il primo del genere in Italia, che nei giorni scorsi ha visto la proclamazione dei suoi primi quattro laureati.
L’Università di Torino, in collaborazione con il Collegio Carlo Alberto, propone invece il MADAS, Master in Data Science for Complex Economic System che, grazie a interventi curati da professionisti e aziende del settore, tra cui la stessa Irion, permette di coniugare lo studio teorico a esercitazioni pratiche.