Secondo il recente sondaggio di IDC Research dal titolo “U.S. DDoS Prevention”, più del 50% dei decision maker sulla sicurezza informatica ha dichiarato che lo scorso anno la propria organizzazione è stata vittima di un attacco DDoS tra una e 10 volte. Di questi, più del 40% ha subito un attacco che si è protratto per oltre 10 ore. Questo dato statistico non deve sorprendere: è infatti in linea con quanto rilevato da ATLAS, secondo cui nel 2017 sono stati registrati 7,5 milioni di attacchi DDoS. Si tratta di una cifra che aumenta di pari passo con il traffico Internet.
Ma cos’è che favorisce questo incremento? Marco Gioanola, Cloud Services Architect di NETSCOUT Arbor ha vagliato le ragioni e i motivi principali:
“Il DDoS è uno dei pochi attacchi informatici a non richiedere particolari competenze tecniche. Esistono servizi specifici che permettono a chiunque di sferrare attacchi a qualsiasi individuo e organizzazione al costo di un caffè, con capacità tali da rendere possibili anche attacchi multivettore in grado di mettere in ginocchio intere aziende. Tali servizi offrono persino SLA e la possibilità di provare il prodotto prima dell’acquisto. Grazie alla proliferazione di dispositivi IoT, infine, è facile mirare e colpire vulnerabilità note, quali webcam collegate a internet, videocamere di sicurezza e dispositivi di registrazione video digitali: ogni volta che viene infettato, il dispositivo diffonde il malware ad altri dispositivi vulnerabili ampliandone la portata.”
Per farsi un’idea visiva della mole di attacchi perpetrati giornalmente in tutto il mondo è possibile consultare la Digital Attack Map che monitora gli attacchi DDoS messi a segno in tutto il mondo e che viene aggiornata quotidianamente: http://www.digitalattackmap.com.