Capgemini Invent ha pubblicato la settima edizione del report annuale che analizza il livello di maturità dell’Europa in ambito Open Data.
Lo studio, dal titolo “Open Data Maturity Report 2021”, registra i progressi compiuti dai paesi europei nel promuovere la pubblicazione e il riutilizzo degli Open Data, oltre alle diverse priorità stabilite dai singoli stati per facilitarne l’uso. Il report, elaborato su richiesta della Commissione europea e dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea nel quadro di data.europa.eu, è stato coordinato da Capgemini Invent.
Nel 2021, i ventisette Stati membri dell’Unione europea hanno registrato ulteriori miglioramenti in tutte le quattro dimensioni di valutazione degli Open Data (politica, impatto, portale e qualità), con un tasso complessivo di maturità dell’81%, in crescita di 3 punti percentuali rispetto ai risultati del 2020.
Il diagramma di seguito mostra il livello di maturità dei vari paesi, classificati in quattro categorie indicative che vanno da “Beginner” a “Trend-setter”:[1]
La Francia, dopo essere stata tra i “Trend-setter” per sei anni, oggi risulta essere il paese europeo più maturo in materia, con un tasso del 97,5%. Vale la pena sottolineare anche le performance record di alcuni paesi al di fuori dell’UE27, come la Norvegia, passata da “Beginner” a “Fast-tracker”, e l’Ucraina, che nel 2021 è diventata “Trend-setter”.
Il report 2021 ha identificato tre trend significativi, che riconoscono sia il valore degli Open Data sia la necessità di collaborazione tra i paesi e la possibilità di trarre insegnamenti l’uno dall’altro per massimizzare questo valore:
Molti Stati membri della UE continuano ad essere focalizzati
Molti Stati membri hanno dichiarato di essere in procinto di completare, o di aver già completato, il processo di implementazione della Direttiva sugli Open Data (Direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio europeo) nelle rispettive legislazioni nazionali. La Direttiva in questione è entrata in vigore a luglio 2019 ed è il perno del quadro giuridico dell’Unione europea che supervisiona questo tipo di dati e il loro riutilizzo.
Nel 2021 la pandemia di COVID-19 ne ha evidenziato il valore
L’analisi 2021 ha dimostrato che gli Open Data hanno un elevato impatto sociale per sensibilizzare su questioni relative alla salute e al benessere, come l’attuale pandemia di COVID-19. L’anno scorso, la necessità di rispondere alla crisi ha portato molti paesi a iniziare a pubblicare i dati e a sviluppare iniziative e dashboard per renderli più facilmente comprensibili e intuitivi per i cittadini europei. Nel 2021 le iniziative e i dashboard, nella maggior parte dei casi, sono stati corredati da statistiche recenti su aspetti quali tassi di vaccinazione nazionali, capacità di produzione di vaccini, disponibilità di dispositivi di protezione e risorse per offrire cure intensive. La valutazione di quest’anno dimostra quindi continui passi avanti in questo senso e un ulteriore rafforzamento dell’elevato impatto sociale creato dagli Open Data.
Comprendere, monitorare e misurare l’impatto degli Open Data
Un numero sempre maggiore di paesi europei è in grado di comprendere e determinare con successo in che misura gli Open Data vengono riutilizzati e creano valore, in linea con uno degli obiettivi della Direttiva sugli Open Data per sfruttare il pieno potenziale di riutilizzo degli stessi. Nel 2021 abbiamo assistito a un chiaro trend verso la realizzazione di analisi approfondite, come desk research e sondaggi, volte a quantificare e verificare l’impatto degli Open Data. Nel lungo periodo, questo si tradurrà in un approccio più strutturato e allineato per quanto riguarda la misurazione dell’impatto degli Open Data, oltre a stime più puntuali del loro impatto sulla società e sull’economia in generale.
Come sottolineato in una nota ufficiale da Domenico Leone, Public Sector Director di Capgemini in Italia: «Creare un impatto sociale, economico o ambientale con l’aiuto degli Open Data può essere considerato l’obiettivo finale degli sforzi europei in questo senso. Il report mostra che mettere in atto le giuste politiche e disporre di portali avanzati per la consultazione dei dati che favoriscano l’interazione tra chi li pubblica e chi ne fruisce, oltre ad assicurarsi di avere dati di alta qualità, è fondamentale per facilitarne il riutilizzo. Le numerose dashboard e iniziative legate alla pandemia di COVID-19 e basate sui dati sono ottimi esempi dell’impatto che gli Open Data possono avere».
[1] I paesi presi in esame sono: Georgia (GE), Slovacchia (SK), Malta (MT), Montenegro (ME), Belgio (BE), Ungheria (HU), Islanda (IS), Regno Unito (UK), Svizzera (CH), Portogallo (PT), Lussemburgo (LU), Cechia (CZ), Romania (RO), Lettonia (LV), Bulgaria (BG), Grecia (GR), Croazia (HR), Svezia (SE), Finlandia (FI), Germania (DE), Lituania (LT), Danimarca (DK), Norvegia (NO), Cipro (CY), Olanda (NL), Slovenia (SI), Italia (IT), Austria (AT), Ucraina (UA), Estonia (EE), Polonia (PL), Spagna (ES), Irlanda (IE) e Francia (FR).