[section_title title=Il punto di vista dei protagonisti: DIMENSION DATA – Enrico Brunero, L ine of Businessss Manager, Data Centre Solutions]
Nonostante il forte interesse verso la nuvola informatica, la sua adozione è ancora limitata sia a causa della frammentazione dell’offerta che delle carenze infrastrutturali del nostro Paese che non consentono la fruizione del cloud. Infatti, se da un lato la quantità di fornitori di servizi cloud, così come il numero e le tipologie di offerte disponibili continuano ad aumentare, contribuendo a creare nuove opportunità, dall’altro generano confusione su quelle che sono le modalità ottimali per la migrazione. Per questo motivo, i fornitori dovrebbero impegnarsi per creare maggiore cultura e chiarezza in ambito cloud, anche promuovendo i benefici che ne derivano in termini di automazione e flessibilità, velocità di sviluppo di nuovi servizi, convenienza di business continuity e disaster recovery.
Dal canto loro, le aziende clienti dovrebbero essere più consapevoli del proprio livello di adeguatezza alla fruizione dell’IT sulla nuvola, per stabilire quali siano le applicazioni che possono trarre un beneficio dallo spostamento su cloud pubblici e quali invece richiedano un approccio basato su cloud privato. Molte imprese affermano di essere pronte al cloud grazie agli investimenti realizzati nella virtualizzazione, ma fanno fatica a trovare la strada per creare meccanismi di strumentalizzazione, self-service e billing, senza i quali non è possibile realizzare il vero valore offerto dai modelli IT-as-a-service. Questo perché, spesso, la virtualizzazione realizzata sino a oggi è solo funzionale al contenimento della spesa It e non al cambiamento strategico dei processi. La migrazione verso ambienti cloud, infatti, può essere un progetto complesso che comporta un cambiamento organizzativo: per questo motivo diventa fondamentale un assessment attento per valutare il livello di adeguatezza dell’organizzazione al nuovo paradigma e per individuare le applicazioni che per prime saranno candidate a migrare sulla nuvola, sviluppando infine una “cloud roadmap” per eliminare gap anche di natura organizzativa, di sicurezza e di adeguamento dei processi. Di conseguenza, anche la scelta del fornitore più appropriato è cruciale, in quanto deve essere in grado di offrire un supporto consulenziale che si interfaccia con il business, al fine di predisporre il percorso migliore per rimodulare l’operatività dell’organizzazione aziendale.
Ma non è un processo così immediato e questo spiega la lentezza nell’adozione del cloud computing, che è da imputare alle numerose problematiche legate ai requisiti di sicurezza, conformità, integrazione, prestazioni e a come indirizzare i rischi operativi e di implementazione che il nuovo paradigma comporta. I fattori di freno più critici sono rappresentati indubbiamente dal digital divide e dalla scarsa consapevolezza delle aziende (clienti o fornitori) di come il cloud trasformi l’It da Capex a Opex e, di conseguenza, di come il mancato allineamento tra il business e l’IT sia di ostacolo al raggiungimento dei benefici offerti da questo paradigma. Il contenimento e il controllo dei costi così come le applicazioni legate alla produttività individuale all’interno dell’azienda saranno i fattori trainanti verso una migrazione cloud più rapida.
In questo senso, le aziende SME abbracceranno con maggiore rapidità modelli SaaS su cloud pubblico, mentre le più grandi e internazionali saranno in prima istanza più attente al modello IaaS in chiave cloud privato e ibrido. Crescerà notevolmente l’interesse verso soluzioni infrastrutturali rivisitate in chiave cloud, quali la virtualizzazione desktop e la mobility, le soluzioni di backup e di disaster recovery.
In questo contesto, l’utente deve sviluppare una conoscenza approfondita dei processi e delle strategie di business, mentre i fornitori dovranno essere in grado di parlare di soluzioni e servizi, e non solo di prodotti.