Nelle aziende di tutto il mondo esiste un notevole divario tra le aspettative degli utenti e quello che la tecnologia riesce a garantire.
Lo dicono i risultati della sesta edizione del Veeam Availability Report 2017 condotto da Veeam Software, secondo cui il 69% delle multinazionali ritiene che il continuo accesso ai servizi, ovvero l’Availability, sia una condizione necessaria per la digital trasformation. Nonostante ciò, la maggioranza dei responsabili It (66%) asserisce che queste iniziative subiscono dei ritardi a causa di interruzioni di servizio non pianificate, provocate da cyber attacchi, errori nell’infrastruttura, interruzioni nel network e disastri naturali, con una media di fermo del server pari a 85 minuti per disservizio.
L’impatto finanziario del downtime sul business
Condotta interpellando oltre mille It manager in 24 nazioni (Italia compresa), l’indagine ha, dunque, rilevato che, oltre a ostacolare la digital transformation, l’Availability Gap costa a ciascun azienda 21,8 milioni di dollari l’anno, ben il 36% in più rispetto ai 16 milioni di dollari rilevati dal report lo scorso anno.
E sebbene il 96% delle imprese abbia programmato iniziative mirate alla digital transformation e l’accesso a servizi, dati e applicazioni in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo sia dalla stragrande maggioranza delle aziende considerato una necessità, a trovarsi spesso a convivere con un “Availability Gap” è ben l’82% del campione interpellato da Veeam che si trova ad affrontare un divario tra la richiesta dell’utente di accedere a dati e applicazioni e ciò che la propria tecnologia può offrire.Interruzione di servizio: non è solo un fatto economico
Il costo di un’interruzione di servizio non è, però, esclusivamente di natura economica. Il downtime e la perdita di dati compromettono anche la reputazione delle imprese nei confronti dell’opinione pubblica, in maniera non quantificabile a livello economico.
Lo studio di quest’anno evidenzia, inoltre, che quasi la metà delle aziende coinvolte ha rilevato una perdita di fiducia da parte dei clienti, mentre il 40% ha riscontrato un danno all’integrità del proprio brand, con un impatto negativo sia sulla reputazione del brand stesso sia sulla fidelizzazione dei clienti.
Per quanto riguarda, invece, le implicazioni interne, un terzo degli intervistati ha constatato una diminuzione della fiducia dei dipendenti e il 28% ha dovuto riallocare le proprie risorse per far fronte a questa criticità.
Lunga vita al SaaS
È risaputo che il cloud e i suoi diversi modelli di consumo stanno modificando il modo in cui le aziende si approcciano alla protezione dei dati.
Non a caso, il report di Veeam evidenzia che numerose imprese considerano il cloud come un trampolino di lancio per la propria agenda digitale, con investimenti nel Software-as-a-Service destinati ad aumentare del 50% nei prossimi dodici mesi.
Quasi la metà dei leader aziendali (43%) ritiene che i cloud provider possano offrire un servizio migliore per i dati mission-critical rispetto ai processi I interni. Gli investimenti nel Backup-as-a-Service e Disaster Recovery-as-a-Service aumenteranno di pari passo, in quanto le aziende li combineranno con la tecnologia cloud.
Una sfida chiamata “Protection Gap”
In aggiunta, il 77% delle aziende ha riscontrato quello che Veeam identifica come “Protection Gap”, ovvero l’incapacità dell’organizzazione It di proteggere i dati. Ma, nonostante le aziende affermino di poter tollerare solo 72 minuti all’anno di perdita di dati derivanti dalle applicazioni “ad alta priorità”, l’analisi di Veeam mostra che gli intervistati in realtà subiscono 127 minuti di perdita di dati: una differenza di quasi un’ora, che supera di gran lunga la soglia di tolleranza relativa ai dati persi, con aspettative sui tempi di attività costantemente insoddisfatte a causa di meccanismi e di politiche di protezione insufficienti.