L’AI Generativa e la transizione energetica sono tra le più grandi rivoluzioni aziendali del nostro tempo e, seppur apparentemente distanti, gli ostacoli che presentano sono interconnessi. Se da un lato i colossi tech sono da anni in prima linea nell’azione climatica, con alcuni impegnati a raggiungere zero emissioni nette entro la fine di questo decennio, dall’altro la corsa allo sviluppo dell’AI potrebbe mettere in discussione gli obiettivi di sostenibilità. Il settore dei data center sta infatti affrontando la sfida di soddisfare le crescenti esigenze energetiche dei carichi di lavoro dell’AI: gli algoritmi avanzati che la alimentano si basano su hardware ad alte prestazioni, che richiedono una grande quantità di energia. Non a caso, dopo decenni di crescita stagnante, la domanda energetica negli Stati Uniti sta aumentando rapidamente ed è destinata a crescere: come evidenziato da BCG nel report “Power Moves: How CEOs Can Achieve Both AI and Climate Goals”, la domanda di elettricità dei data center statunitensi è prevista in aumento del 15-20% all’anno, raggiungendo tra i 100 e i 130 gigawattora entro il 2030. A questo ritmo, gli USA potrebbero affrontare una carenza di energia “ferma”—cioè disponibile in ogni momento, indipendentemente dalle condizioni—già a partire dal 2026: questo lasso di tempo è sufficiente per avviare nuovi progetti di generazione di energia, ma non per completarli.
L’andamento del settore nel mondo e in Italia
Giulia Scerrato, Project Leader di BCG esperta di energy e tech, osserva: “Se negli Stati Uniti il consumo energetico dei data center cresce a ritmi esponenziali, in Europa la situazione non è da meno. Le dinamiche di espansione stanno ridefinendo il panorama delle infrastrutture digitali, sollevando al contempo importanti sfide legate alla sostenibilità e alla resilienza delle reti elettriche. L’Italia, in particolare, si distingue come uno dei mercati più dinamici, rappresentando il 13% dei data center europei e registrando una crescita annua superiore all’8%, con un ritmo di sviluppo significativamente più alto rispetto a hub storici come Germania e Olanda”.
In Italia il mercato dei data center sta infatti vivendo una fase di forte espansione, con un tasso di crescita annuale significativamente superiore a quello di Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, che si aggira tra il 4% e l’8%. Nel 2023 gli investimenti in co-location dei data center italiani hanno raggiunto i 654 milioni di euro, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. Anche il valore del cloud, sia privato che pubblico, è cresciuto significativamente, raggiungendo i 4,8 miliardi di euro con quasi 70 operatori attivi sul mercato.
Serve una regolamentazione ad hoc per i data center
Rimane però il tema dell’infrastruttura energetica sostenibile. Se storicamente i data center sono stati costruiti in Nord Europa anche per sfruttare il natural cooling, ossia tecniche che sfruttano le risorse naturali e le condizioni ambientali per raffreddare i server e le apparecchiature al fine di ridurre i costi per tale operazione, oggi Paesi come Germania e Olanda stanno limitando la costruzione di nuovi data center per motivi di emissioni, consumo d’acqua e stabilità delle reti elettriche. A ciò si aggiunge l’esigenza di decentralizzare le infrastrutture, sia per ridurre la latenza nella trasmissione dei dati, sia per tematiche di sicurezza che spingono sempre più al mantenimento dei dati all’interno dei confini nazionali: questo ha portato molti hyperscaler (tra cui Amazon e Microsoft) a investire in sud Europa, incluse Italia e Spagna.
Con la crescita della capacità energetica assorbita dai data center italiani, quindi, è necessario accelerare lo sviluppo di una regolazione ad hoc che possa normare il settore, sostenerne la transizione e supportarne le ambizioni di crescita. L’Italia ha bisogno di una regolamentazione specifica per i data center (tuttora assimilati a generici edifici industriali, senza un codice ATECO identificativo) e di un approccio sistemico per allineare la domanda con l’offerta energetica disponibile, permettendo al nostro Paese di cogliere a pieno le potenzialità del business.
Come spiega Giulia Scerrato: “Con un assorbimento energetico che già oggi è di 430 MW, pari al 3% del consumo elettrico nazionale, e un grande potenziale di espansione futura, diventa cruciale individuare soluzioni energetiche affidabili e sostenibili per supportare questa crescita. Tra le opzioni emergenti, i piccoli reattori modulari (SMR) rappresentano una possibilità interessante: possono garantire energia continua e a basse emissioni di carbonio, offrendo un’alternativa concreta alle fonti intermittenti. Tuttavia, per sfruttare a pieno questo potenziale, è essenziale accelerare lo sviluppo normativo e promuovere un dialogo strutturato tra i principali attori del settore”.
La risposta è l’energia nucleare?
Per soddisfare le crescenti esigenze energetiche dei data center, potrebbe infatti entrare in gioco nel prossimo futuro l’energia nucleare. Del resto, anche a livello mondiale i colossi dell’AI stanno esplorando fonti alternative di energia affidabile, continua e a basse emissioni di carbonio. Google e Amazon, ad esempio, hanno firmato accordi per promuovere lo sviluppo di SMR, progettati proprio per essere più economici, più rapidi da costruire e più sicuri rispetto ai reattori nucleari tradizionali. Gli SMR attualmente operativi negli USA non sono ancora andati oltre la fase progettuale poiché presentano una serie di sfide da affrontare dal punto di vista tecnologico, operativo e autorizzativo per la definizione degli standard.
Il ruolo di CEO, colossi dell’AI e utenti finali per uno sviluppo sostenibile dei data center
Quanto analizzato finora sembrerebbe mettere lo sviluppo della GenAI (e la sua promessa di migliorare la produttività e la crescita economica) definitivamente in rotta di collisione con gli sforzi di riduzione delle emissioni di carbonio. Tuttavia, la dinamica che si sta sviluppando potrebbe rivelarsi molto più simbiotica: mantenere in linea gli obiettivi sul clima e lo sviluppo dell’AI è possibile, ma nessun CEO o decisore politico può farlo da solo. Come evidenziato da BCG, il modo in cui i leader di aziende energetiche, colossi dell’AI e utenti finali risponderanno al panorama in rapida evoluzione dipenderà dai contesti regionali in cui operano, ad esempio le normative potrebbero dare priorità a certe tecnologie climatiche rispetto ad altre, mentre le barriere commerciali potrebbero ostacolare l’accesso a componenti chiave.
Ciononostante, ci sono azioni che gli stakeholder possono intraprendere fin da subito. In primis, ottimizzare: i CEO possono attenuare una possibile crisi energetica assicurandosi che le loro aziende utilizzino con giudizio l’elettricità attualmente disponibile. Al contempo le aziende energetiche possono aiutare a identificare la capacità di generazione di energia e di rete disponibile per regione, oltre a esplorare il modo in cui l’AI e altre tecnologie possono migliorare l’efficienza della rete. Dal canto loro, i colossi dell’AI possono ottimizzare il consumo energetico utilizzando hardware meno intensivi per l’inferenza, ossia il processo di applicazione dei modelli di AI, collaborando con i fornitori di energia per regolare i consumi durante i periodi di maggiore domanda sulla rete, e scegliendo con attenzione dove localizzare i data center. Infine, gli utenti finali possono promuovere il risparmio energetico adottando misure concrete per monitorare e limitare le loro emissioni.
La seconda azione consiste nel gettare le basi per un’energia scalabile e sostenibile: i CEO possono preparare il terreno per introdurre nuove fonti energetiche più rispettose del clima, sia entro il 2030 che oltre. In questo contesto le aziende energetiche possono velocizzare lo sviluppo di infrastrutture sostenibili stipulando accordi con i colossi dell’AI, accelerando l’allocazione di capitale per risolvere i colli di bottiglia (come la costruzione di linee di trasmissione) e collaborando con i responsabili delle politiche e i regolatori per progettare in modo strategico le strutture tariffarie e gli approcci di finanziamento. I colossi dell’AI possono poi continuare a fare investimenti strategici che assorbano parte del rischio finanziario che le aziende energetiche hanno tradizionalmente assunto per sviluppare nuove tecnologie, come gli SMR. Inoltre, possono anche avviare discussioni su tecnologie pronte per la commercializzazione come la cattura del carbonio. Non da ultimi, gli utenti finali possono adottare misure per monitorare e ottimizzare rigorosamente i costi del cloud e rimanere fedeli alle loro iniziative di sostenibilità, dimostrando come tali sforzi si traducano in valore per gli azionisti.