Le organizzazioni mondiali, superata la fase di scetticismo, stanno iniziando a sperimentare l’uso di AI e GenAI (Intelligenza Artificiale e Intelligenza Artificiale Generativa).
Molti leader alle prese con AI e GenAI nelle proprie aziende, iniziano infatti a implementare queste tecnologie per ridisegnare innanzitutto i propri processi e sono in aumento i lavoratori che le usano regolarmente: più del doppio rispetto al 2023, con il 43% che lo fa per lavoro.
C’è un cauto ottimismo nei confronti di AI e GenAI
Con un maggiore impego delle tecnologie innovative, cambiano anche le opinioni dei dipendenti di tutto il mondo riguardo AI e GenAI. BCG X, la divisione tech di Boston Consulting Group (BCG), ha intervistato più di 13.000 dipendenti in 15 Paesi, di cui circa 1.000 basati in Italia, per rilevarne il sentiment, racchiudendo i risultati nel report “AI at Work: Friend and Foe” (AI al lavoro: amico e nemico).
A livello globale si osserva un cauto ottimismo, con il 42% dei lavoratori che riporta un sentimento di fiducia riguardo all’impatto delle tecnologie sul proprio lavoro, rispetto al 26% nello stesso periodo dell’anno scorso. Tuttavia, aumenta anche l’ansia riguardo all’uso delle nuove tecnologie, con il 49% degli utilizzatori regolari convinto che il proprio lavoro possa scomparire nei prossimi dieci anni con lo sviluppo dell’AI e della GenAI, una visione condivisa solo dal 24% dei lavoratori che non le usano.
Reazioni dei lavoratori: tra curiosità e timore
Stiamo quindi entrando in una nuova era per la GenAI, meno ottimista e curiosa e più orientata sulla fiducia e sulla realizzazione del valore della tecnologia. Come emerge dallo studio, il 58% dei rispondenti che usano la GenAI per lavoro risparmia almeno cinque ore a settimana e usa questo tempo libero per svolgere più compiti (41%) o nuovi compiti (39%), sperimentare con la GenAI (38%) o lavorare su attività strategiche (38%).
Geograficamente, l’indagine rivela che i rispondenti dai Paesi del sud del mondo come Brasile, India, Nigeria, Sudafrica, e quelli del Medio Oriente sono più ottimisti e meno ansiosi riguardo alla GenAI rispetto ai rispondenti nei mercati maturi. Quest’area ha anche un numero maggiore (con meno differenze per ruolo) di utilizzatori regolari della tecnologia per le attività di lavoro rispetto alle aree a Nord del mondo.
Cosa pensano i lavoratori italiani di AI e GenAI
In Italia, il 39% dei rispondenti ha espresso fiducia nell’uso della GenAI, mentre il 18% ha dichiarato di provare ansia riguardo all’uso di questa tecnologia. Questi dati collocano l’Italia in una posizione intermedia rispetto ad altri mercati, con una fiducia maggiore rispetto a Stati Uniti e Giappone, ma inferiore a quella di Paesi come India e Brasile.
L’adozione di AI e GenAI tra i lavoratori italiani varia significativamente a seconda del ruolo aziendale. Il 39% dei dipendenti in Italia utilizza regolarmente la GenAI al lavoro, tra i manager la percentuale sale al 58%, mentre raggiunge il 76% nella leadership. Questo trend rispecchia un modello globale, dove i leader sono spesso i primi ad adottare nuove tecnologie, seguiti dai manager e infine dal resto dei dipendenti.
Un’area critica evidenziata dal rapporto è la formazione su AI e GenAI. Solo il 29% dei dipendenti in Italia ha ricevuto una formazione su come questa tecnologia può cambiare il lavoro, rispetto al 47% della leadership. Questo divario nella formazione è presente anche a livello globale, con il 30% dei manager e il 28% dei lavoratori ad essere già stati formati su come l’AI cambierà i loro lavori, rispetto al 50% di lavoratori in ruoli di leadership. Sebbene le aziende abbiano fatto progressi nella formazione dei dipendenti dall’anno scorso, il potenziale di crescita è quindi ancora alto. Per realizzarlo e garantire che tutti i livelli aziendali possano trarre beneficio dalle nuove tecnologie saranno necessari maggiori investimenti.
Nonostante queste sfide, i lavoratori italiani che usano la GenAI riportano numerosi benefici: l’85% ritiene che la GenAI faccia risparmiare tempo, mentre il 79% ha osservato un aumento della velocità nel completamento delle attività. Inoltre, l’83% ha riscontrato una migliore qualità del lavoro e l’81% ha trovato il lavoro più interessante e coinvolgente grazie alla GenAI.
Le preoccupazioni per il futuro del lavoro derivanti dall’adozione di AI e GenAI sono particolarmente presenti in Italia. Il 79% dei rispondenti crede che la GenAI trasformerà profondamente il proprio lavoro nei prossimi dieci anni, mentre, il 50% teme che il proprio lavoro potrebbe non esistere più con l’adozione di questi strumenti, percentuale che supera la media globale del 42%.
I consigli per un uso consapevole di AI e GenAI
Lo studio conclude con 5 raccomandazioni per le organizzazioni che desiderano intraprendere un cambiamento basato su AI e GenAI. Innanzitutto, è fondamentale adottare una mentalità di trasformazione all’interno dell’organizzazione per favorire l’adozione della tecnologia e farlo in modo coordinato e strategico. Bisogna poi costruire capacità di formazione su larga scala, garantendo a tutti i dipendenti di acquisire le competenze necessarie, nonché mostrare loro i benefici indiretti legati all’uso della GenAI come la creazione di valore e l’aumento della felicità dei dipendenti, che portano a migliorare sia l’efficienza che la soddisfazione lavorativa. Infine, le organizzazioni devono anticipare l’evoluzione dei ruoli, delle competenze, del modello operativo, dei dati e della governance per adattarsi proattivamente ai cambiamenti futuri.
Dichiarazioni
“Dallo studio emerge una doppia reazione alla GenAI: la familiarità con questa tecnologia è correlata alla sicurezza rispetto al suo uso, ma persiste ancora un certo diffuso timore nell’approccio ai nuovi strumenti”, spiega Paola Scarpa, Managing Director e Partner di BCG. “Trattandosi di una tecnologia rivoluzionaria, queste reazioni opposte non dovrebbero sorprendere. È necessario capire e analizzare le modalità complesse di risposta e l’interazione tra persone e GenAI, per lavorare sulla massimizzazione dei punti di forza da una parte dei talenti umani e dall’altro di quelli delle macchine”.