Il lavoro da remoto ci è stato imposto da un giorno all’altro e ha influenzato profondamente le nostre vite per oltre un anno e mezzo. Chi già adottava modalità lavorative simili nell’era pre-COVID ha avuto a disposizione fin da subito reti di supporto e almeno un’idea di come il tutto dovesse funzionare Non è stato il caso però dei nuovi assunti e degli stagisti per i quali fino ad oggi l’esperienza in azienda è stata pressoché virtuale. Per molti di loro, il lavoro a distanza e le riunioni virtuali sono state un’esperienza spesso limitante e, anche all’intero della nostra azienda, abbiamo notato come tutti concordassero sul fatto che le interazioni via e-mail o la messaggistica istantanea fossero più invadenti rispetto all’approccio diretto con le persone in un ufficio. I nuovi assunti hanno anche perso l’opportunità di incontri di persona con i colleghi più anziani, con la conseguenza che il feedback ricevuto in un ambiente virtuale è stato per loro a volte più “meccanico” che concretamente sentito.
Certamente questi aspetti ci devono preoccupare, soprattutto se pensiamo al futuro delle risorse di un’azienda. Quando tutto è virtuale, conosci solo una piccola squadra e il tuo ruolo al suo interno, ma il quadro più ampio è molto più difficile da decifrare. In particolare, l’opportunità di apprendimento informale, attraverso l’osservazione e la conversazione fortuita, è significativamente ridotta. Per non parlare della socializzazione che tradizionalmente deriva dall’essere parte di un gruppo.
Le aziende devono prendere in considerazione tutti questi fattori mentre progettano la prossima fase della propria strategia legata alla forza lavoro, un processo che in parte era già in corso anche prima della pandemia, ma che oggi vive una profonda accelerazione.
Sicuramente le organizzazioni non vorranno perdere i numerosi vantaggi del lavoro a distanza, ma questi devono essere armonizzati, in particolare se facciamo riferimento a coloro che sono nella fase di apprendimento formativo all’inizio della propria carriera.
Emerge quindi sempre di più come scelta preferenziale una modalità di lavoro ibrida, come attesta anche il nuovo rapporto sullo smart working dell’Osservatorio del Politecnico di Milano che sarà presentato il 3 novembre, e, anche se nel nostro Paese lo smart working emergenziale sarà garantito fino alla fine dell’anno, le aziende si stanno allenando per trovare il giusto equilibro tra lavoro da remoto e in ufficio.
Tale processo riguarda soprattutto le grandi aziende per le quali è in corso il rientro parzialmente in sede, mentre quasi 700mila i lavoratori del pubblico impiego e tra i 700 e gli 800mila quelli del privato da marzo ad oggi sono rientrati in totale presenza, soprattutto nella piccola e nella media impresa.
La chiave per poter cogliere i benefici di uno workspace ibrido sarà proprio la capacità di fare un uso intelligente dei nostri uffici, ridisegnando gli spazi per facilitare le riunioni e il lavoro collaborativo che rappresenta il vero principale vantaggio di avere tutti insieme in un unico spazio!
Ottimizzare l’ambiente di lavoro, ove possibile, sarà un altro aspetto fondamentale anche per i nuovi assunti, assicurando loro di poter essere connessi all’azienda in un modo più ampio, non sostenibile adottando al 100% di lavoro a distanza.
Non ci sono regole ferree quando si ridisegna l’ambiente lavorativo di un’azienda, ma il tempismo gioca un ruolo importante. Per i nuovi assunti, ad esempio, è inutile definire un numero fisso di giorni di presenza da svolgere nel corso della settimana, ma è necessario garantire che il tempo che trascorrono effettivamente in ufficio sia investito nel modo migliore, pianificando riunioni e incontri, altrimenti sarebbe come avere una classe piena di studenti senza insegnanti.
Oggi in Italia rimangono 4 milioni di smart worker nel settore privato rispetto al picco di 6 milioni di persone che hanno lavorato da remoto durante l’emergenza. Inevitabilmente, ci vorrà del tempo per traghettare tutte queste persone verso nuove modalità ibride e l’influenza finale di tutti questi importanti cambiamenti nelle pratiche lavorative sarà misurata in anni, non in mesi.
Perché tutto questo avvenga con successo è necessario che le singole aziende si impegnino per coniugare la flessibilità del lavoro a distanza con i vantaggi culturali e di sviluppo dell’essere in loco.
È una sfida che F5 si impegna a portare avanti cercando anche al proprio interno di trovare il giusto equilibrio e unire la voglia di efficienza con l’imperativo di un lavoro di squadra efficace per riuscire a coniugare il meglio dei due mondi.
A cura di Maurizio Desiderio, Country Manager Italy and Malta di F5