Se c’è un sistema garantito per far prosperare il business, sarebbe quello di abilitare, abbracciare e mettere in moto i meccanismi atti a creare una matura cultura dei dati. Si può pensare allo sviluppo di una cultura dei dati come all’aggiunta di probiotici al proprio business – offrire un sistema misurabile per sostenere la salute organizzativa della propria azienda.
Cinque modi in cui la cultura dei dati aiuta il business
Tuttavia, far crescere e maturare la propria cultura dei dati è qualcosa di più che creare i sistemi necessari per ottenere insight dai propri dati e far sì che il proprio personale li utilizzi. Ecco cinque modi in cui una cultura dei dati aiuta le imprese.
Una cultura dei dati efficace rappresenta una medicina preventiva per gli stress “cigno nero” (black swan). Qualsiasi leader di business si rende conto che eventi che cambiano il mondo quali guerre, pandemie o cambiamenti climatici fanno ora parte della nostra nuova normalità (new normal). Con una cultura dei dati, i team possono contare su funzioni analitiche adattive e prescrittive e strumenti per creare sistemi di allerta precoce, che possano prevenire gli shock estremi derivanti da questi eventi – poiché i dati offrono gli insight necessari per gestire le strategie organizzative di go-to-market e l’impatto sulla supply chain di business.
Si può definire una cultura dei dati un acceleratore di prestazioni per la pressione competitiva, con il supporto di analisti di mercato secondo i quali le imprese con una cultura dei dati matura possono verificare una salute del business accresciuta. I leader dei dati possono verificare l’effetto “salute migliorata” su diverse dimensioni di business, compresa la soddisfazione dei clienti, il time-to-market, la produttività degli addetti e la profittabilità, che offrono loro un vantaggio notevole sulla concorrenza.
Gli insight guidati dai dati rappresentano cibo e carburante per le imprese innovative. In essenza, sono un nutriente per il supporto alle decisioni. Quando si matura una cultura dei dati e la si rende pervasiva, ogni parte dell’organizzazione beneficia dall’essere in grado di prendere decisioni guidate dai dati con maggior certezza. Le aziende che sono leader nell’uso dei processi decisionali guidati dai dati hanno prestazioni migliori dei concorrenti più arretrati in quest’area. Lo Sloan Review ha di recente riportato che quasi il 50% dei leader data-driven hanno superato i propri obiettivi di business negli ultimi 12 mesi, da confrontare con solo il 22% dei ritardatari.
Una cultura dei dati consente anche a un’impresa di invertire la tendenza ed estendere la propria aspettativa di vita attraverso la resilienza del business. Una ricerca di Huron mostra un declino nella “età” media attesa delle aziende S&P 500, notando che questa diminuirà drasticamente in questo decennio dai 30-35 anni medi del 1970 ai 15-20 anni. Crediamo che questa tendenza sia esacerbata dal fatto che il passato non è più predittivo in modo affidabile per il futuro. La logica? Le imprese basano le decisioni strategiche su esperienza storica, dati storici e istinto: ma oggi queste sorgenti sono nel migliore dei casi meno rilevanti e, nel peggiore, possono condurre a passi falsi catastrofici. È un fatto che le imprese che basano le proprie decisioni su flussi di dati in tempo reale e analytics predittive e prescrittive basate sull’intelligenza artificiale sono sicuramente più resilienti.
Il rischio organizzativo è una sfida gigantesca che fronteggia le imprese. Chi ha una cultura dei dati già implementata può trarre benefici immediati in termini di riduzione del rischio per ESG e compliance. Con la maggiore domanda per processi decisionali data-driven cresce la necessità di un numero più grande di sorgenti di dati e occorre una varietà maggiore di dati per alimentare i processi analitici. Inoltre, l’automazione infusa di IA (Intelligenza Artificiale) consente di realizzare insight e innovazione su larga scala. Sfortunatamente, workload e processi complessi generano opacità, dando luogo a pregiudizi inattesi e involontari, nonché a rischi per la privacy. Con una cultura dei dati è più facile per i team IT e i partner di business dar vita insieme a processi trasparenti, ben governati, verificabili che incontrino le necessità di ESG e compliance.
Cinque step per maturare una cultura dei dati
Tornando alla metafora di una cultura probiotica – essa è dinamica e, come qualsiasi entità che viene nutrita, crescerà quando viene supportata e si restringerà quando non lo è. Allo stesso modo, la cultura dei dati di un’organizzazione è anch’essa dinamica e perciò dev’essere nutrita e coltivata. Il modo migliore per farlo è seguendo cinque best practice essenziali che riguardano le persone, i processi, la tecnologia, i dati e l’orchestrazione.
Le persone sono l’asset più importante per maturare una cultura dei dati. Le persone responsabilizzate sono quelle che spingeranno la diffusione dei processi decisionali basati sui dati, perciò occorre identificare e responsabilizzare dei campioni tra gli impiegati che diventino dei probiotici “iniziatori culturali”. Basta un gruppo minimo di campioni per facilitare la creazione di un cambiamento culturale pervasivo. Sono facili da identificare, poiché sono le persone che hanno dimostrato interesse o abilità nella lettura, nel lavorare con, nel fare valutazioni, analizzare e litigare con i dati. Occorre responsabilizzarli attraverso una formazione continua e offrire loro riconoscimenti e premi attraverso il legare la loro leadership nei dati con lo sviluppo di carriera e l’impatto nel business. Un ulteriore successo si potrà ottenere attraverso lo sviluppo di metriche di base a livello aziendale per la cultura dei dati e obiettivi quantificabili, rendendoli parte dei propri OKR (Objectives and Key Results, obiettivi e risultati fondamentali, ndt).
Dei processi si parla sempre, ma spesso vengono ignorati. Tuttavia, una best practice che offre risultati immediati è quella di allargare la platea degli stakeholder che vengono coinvolti nei progetti basati sui dati e relativi all’IA, e proponendo la cultura dei dati come elemento di differenziazione strategica nei gruppi di lavoro su dati e analytics e nei Centri di Eccellenza. L’impatto positivo di questi processi deve venire misurato continuamente e si possono utilizzare gruppi di lavoro cross-funzionali e cross-dipartimentali per definire metriche e pietre miliari nel breve e nel lungo termine. Non si deve dimenticare di condividere – es. condividere i dettagli emersi dalle revisioni trimestrali con tutta l’azienda. Come parte della focalizzazione sui processi, si collabori con il team delle Risorse Umane perché possa realizzare certificazioni formali e interne sulla conoscenza dei dati.
Si deve scegliere la tecnologia giusta e democratizzare le analytics, incrementando l’accesso a data analytics self-service per gli utenti di business che sono stati formati. Non si deve trascurare l’importanza delle tecnologie MDM (Master Data Management) nell’abilitare la democratizzazione. Occorre raccogliere input dagli stakeholder quando si identifica quali tecnologie self-service consentiranno agli utenti di business di prendere decisioni migliori guidate dai dati e dare priorità ai dati che sono necessari per abilitare questi sistemi. Si cominci a implementare strategie self-service tramite un pilota tra i propri campioni, e alimentare una cultura che supporti un approccio “formarne uno per formarne tanti”.
Incrementare l’accesso ai dati – nello specifico, dati che siano governati e fidati e che supporteranno iniziative critiche di cultura dei dati. Un approccio abilitante chiave è attraverso le tecnologie Master Data Management (MDM): come ha osservato Daniel Newbern, direttore senior per i progetti enterprise presso Sungard, “la MDM fornisce un reporting più potente per le organizzazioni di business, oltre che per i dirigenti e i gruppi corporate. Consentirà loro di prendere decisioni di business migliori collegate alle operazioni e ai clienti. Inoltre, il tempo necessario per generare le informazioni richieste è diminuito in modo significativo”. Si consideri anche quali dati e metriche sono necessari per ciascun progetto – per esempio, potrebbero essere necessari dati per abilitare insight self-service per la direzione vendite o per misurare l’impatto della cultura dei dati nel corso del tempo. Se i dati rappresentano il carburante per l’innovazione e l’ottimizzazione, occorre fornire agli impiegati-campioni accesso ai dati se si vuole che la propria cultura del dato abbia successo.
Si può beneficiare di un time-to-value più rapido utilizzando l’orchestrazione e la prioritizzazione. Quando si sono identificate e prioritizzate le aree focali dove la presa di decisioni aziendali guidata dai dati offrirà il maggior valore, diventerà più semplice orchestrare e prioritizzare persone, processi, tecnologie e dati. L’orchestrazione permette anche di scoprire punti di frizione inattesi. Se scoperti subito, sarà possibile indirizzare blocchi e dipendenze che ostacolano il progresso dei progetti di data culture e impattare il successo a lungo termine guidato dai dati.
Si tratta di un processo intrecciato e connesso, ma se si vuole fare qualcosa oggi per aiutare il business a prosperare, è necessario esplorare le varie modalità per far maturare la cultura dei dati all’interno dell’azienda.
Di Lori Witzel, Director of Research for Analytics and Data Management, TIBCO