Le reti di asset digitali sono come linee ferroviarie: una caratteristica essenziale per entrambi è l’interoperabilità. L’esigenza di interoperabilità è diventata evidente nell’ecosistema degli asset digitali e gli sviluppatori stanno lavorando per trovare delle soluzioni. Le reti in grado di creare “ponti” e di “parlare” tra loro apporteranno, in ultima analisi, maggiori benefici ai loro utenti, creando così un valore più elevato.
Anche per le linee ferroviarie l’interoperabilità non è sempre stata una caratteristica intrinseca: per decenni le prime linee erano costruite ciascuna secondo gli standard che gli ingegneri ritenevano appropriati, considerate le diverse esigenze; ne è scaturita una situazione in cui linee diverse utilizzavano scartamenti ferroviari diversi, comportando l’impossibilità, per i vagoni, di spostarsi facilmente da una linea all’altra e, rendendo necessario un grande dispendio di tempo e costi per trasferire passeggeri e merci tra linee diverse. Per combattere questi costi di transazione sono state sviluppate soluzioni con scartamenti standardizzati.
Per le reti di asset digitali si può notare un fenomeno analogo: il codice di ogni rete è scritto in un determinato linguaggio per conseguire un determinato obiettivo. Il risultato finale è che molte di queste reti non possono “parlarsi” a vicenda, comportando attriti e ulteriori costi per chi intende operare in “multitasking” tra una rete e l’altra.
Tuttavia, questo spazio si sta evolvendo: da alcuni anni sono in fase di realizzazione una serie di “ponti” tra reti diverse, per collega comunità o luoghi distinti, permettendo al traffico e alle risorse di muoversi liberamente avanti e indietro. Questi ponti consentono di effettuare su una rete delle transazioni che vengono riconosciute su un’altra rete; in termini più tecnici, si effettua il wrapping delle monete o dei token in modo da poterli utilizzare in altre reti. Ne è un esempio il WBTC (wrapped bitcoin), ossia un bitcoin in un wrapper compatibile con la rete Ethereum; questa soluzione ha funzionato egregiamente (attualmente circolano 13 miliardi circa di USD in wrapped bitcoin) ed è solo uno degli esempi possibili.
Un altro settore in cui è possibile apprezzare una maggiore connettività è la creazione di protocolli interoperabili: anziché cercare di costruire uno spazio esclusivo che limiti gli utenti, alcuni dei progetti in più rapida crescita hanno deciso di scrivere il loro software in modo da rendere il loro servizio compatibile tra varie reti. Le maggiori piattaforme di scambio decentralizzate si sono accorte con ampio anticipo quanto l’interoperabilità fosse necessaria. Curve, la più grande piattaforma decentralizzata, attualmente con un Total Value Locked di 17 miliardi di USD, è interoperabile con sette protocolli diversi, mentre Sushi swap è la migliore realtà in tal senso, poiché è interoperabile con tredici protocolli. Questo aspetto, però, non si limita ai soli scambi: Aave, che mette a disposizione pool di liquidità per l’assunzione/erogazione di prestiti e perciò richiede quanta più liquidità possibile, ha reso il relativo protocollo utilizzabile sulle reti Ethereum, Polygon e Avalanche.
L’ecosistema degli asset digitali continua a crescere e a svilupparsi proprio come le linee ferroviarie, che sono state costruite separatamente per poi evolversi nelle reti attualmente esistenti. La buona notizia è che per le reti degli asset digitali è molto meno dispendioso attuare retroattivamente l’interoperabilità (sia per mezzo di ponti che tramite aggiornamenti di protocollo) di quanto non lo sia per quelle ferroviarie. Ci aspettiamo che l’interoperabilità svolga un ruolo importante in quelle parti dell’ecosistema che raggiungono e mantengono la massa critica e conferiscono un valore maggiore all’utente.
A cura di Benjamin Dean, Director, Digital Assets di WisdomTree