Il 28 giugno 2025 è il termine entro il quale le imprese (che superano i 500 milioni di fatturato) dovranno essere in linea con quanto predisposto dall’European Accessibility Act in materia di accessibilità di siti, app e strumentazione tecnologica. Dopo la Legge Stanca (2004), è ora partito il countdown rispetto alla più concreta manovra il cui obiettivo è dare pari opportunità di accesso a tutti i cittadini europei, anche coloro che presentano disabilità. Per gestire questa transizione (che per le altre imprese vede il termine nel 2030) molte realtà si stanno appoggiando all’intelligenza artificiale (AI). Ma sarà sufficiente affidarsi ad una tecnologia esterna? Prova a rispondere Buildo, boutique milanese di consulenza per la progettazione di software ed interfacce.
Per potersi adeguare a questa normativa europea è necessario eseguire in primis un audit dei propri prodotti digitali per capire l’as-is, ovvero lo stato delle cose a livello di tecnologia e di software. Occorre poi definire una roadmap di remediation per eventuali mancanze o necessità di integrazione, e procedere all’adeguamento dei propri touchpoint digitali in accordo con i criteri definiti dalle WCAG, le linee guida che hanno orientato il settore sino ad oggi. Più in generale è poi necessario introdurre uno standard d’intervento sull’accessibilità nei processi di quality assurance dell’azienda e formare i propri dipendenti su tali aspetti e procedure.
“Gli step utili per allinearsi con i requisiti imposti dall’Unione Europea devono necessariamente essere effettuati da personale qualificato in grado di supervisionare ogni passaggio e saper integrare ogni aspetto nei sistemi informatici aziendali” commenta Luca Cioria, Managing Partner di Buildo “Anche le tecnologie più avanzate come l’AI non possono oggi sostituire la competenza umana, a causa dei diversi Bias o errori in cui si incorre”.
European Accessibility Act: i principali ostacoli che le aziende riscontrano nella messa in atto
Innanzitutto è utile precisare che l’European Accessibility Act indica i requisiti funzionali che il prodotto e il servizio devono avere per poter essere definiti accessibili, senza imporre restrizioni tecniche dettagliate. Nello specifico dei siti internet delle aziende (gli erogatori) tale atto normativo completa le Web Content Accessibility Guidelines (WCAG), che costituiscono la base del design accessibile sia a livello italiano sia europeo e danno ovvero le indicazioni su come i siti web debbano essere strutturati affinché siano accessibili a tutti gli utenti.
Dall’esperienza di Buildo, che ha lavorato ad attività di assessment anche per importanti realtà come il Gruppo San Donato, emerge infatti che sono principalmente due le difficoltà che ostacolano le aziende: l’incapacità di rendere accessibili sistemi esistenti, soprattutto quando si tratta di siti web – è infatti molto più semplice installare o creare nuovi prodotti già corrispondenti alle linee di accessibilità – e la mancanza di formazione.
Per sopperire al primo aspetto il trend del momento è quello di affidarsi a tool o soluzioni di intelligenza artificiale che – seppur genericamente migliorativi – non garantiscono interventi in tema di accessibilità coerenti con le esigenze degli utenti, con una minore resa qualitativa finale del prodotto. Quando si parla di accessibilità, infatti, è molto importante il contesto e ciò che si vuole comunicare e l’AI risulta ancora poco efficace su questo aspetto, con una conseguente incapacità dell’AI di gestione totale delle modifiche o integrazioni necessarie per rendere un sito, un app o un programma veramente accessibile. Un esempio sono i testi alternativi che descrivono le immagini ai non vedenti: un essere umano è in grado di capire perché quell’immagine è stata inserita, e quindi scrivere un testo alternativo coerente, mentre l’AI non ha questa sensibilità. Ad esempio, un’immagine di due mani potrebbe avere un significato di “business relationship” e non solo “due mani che si stringono”, o addirittura essere unicamente decorativa ed in questo caso potrebbe essere evitata dagli screen reader.
La formazione è il conseguente tema da affrontare, ad oggi infatti le aziende faticano a trovare figure con competenze in Inclusive Design e in progettazione e sviluppo per le tecnologie assistive sia nei neoassunti, sia nei professionisti che spesso hanno una formazione non aggiornata secondo le ultime innovazioni immesse sul mercato.
“Non è solo necessario adeguarsi alle normative – a cui siamo obbligati – ma è importante creare soluzioni sempre più efficienti e innovative che tengano conto di aspetti umani imprescindibili. Dobbiamo puntare sugli ingegneri e designer di domani, la sensibilità e lo sguardo critico sono elementi che l’AI non può sostituire. Di recente abbiamo infatti tenuto anche un corso al Politecnico di Milano su inclusive design e sull’impatto delle interfacce intent base, in cui abbiamo parlato di inclusività e accessibilità” conclude Luca Cioria.