Le metriche ESG (environmental, social e governance) rappresentano un insieme di standard che valutano le azioni di un’azienda che gli investitori socialmente consapevoli utilizzano per vagliare potenziali investimenti.
Basti pensare ai viaggi nello spazio, che sono passati dal popolare il mondo di Hollywood a invadere quello reale. E lo hanno fatto da un giorno all’altro. Nel mese di luglio abbiamo assistito al primo volo con equipaggio composto esclusivamente da civili: insieme a Jeff Bezos e suo fratello Mark c’erano l’astronauta più giovane della storia (Oliver Daemen) e quello più vecchio di sempre (Wally Funk). Forse, tra una generazione o due, queste passeggiate interstellari saranno sempre meno straordinarie e più “quotidiane”.
Tuttavia, non sono stati razzi e blaster a spingere in orbita Bezos, Branson, Musk e il team Blue Prism, ma il business. Tutti gestiscono aziende che, come alcune stelle, “brillano” molto più di altre, e questo pone una domanda intrigante: queste imprese – e gli individui dietro di loro – si fondano sul “domani”, spingendo sempre più in là i confini delle imprese umane, o questo domani è già oggi?
Senza il fattore ESG non c’è futuro per la Terra
Come hanno sottolineato molti detrattori della corsa allo spazio del 21° secolo, è tutto molto bello quando si guarda la Terra da migliaia di chilometri di altezza, eppure…
Se non mettiamo in atto profondi cambiamenti nel modo in cui viviamo, non ci sarà più un Pianeta da guardare da lontano. Più volte si è parlato della necessità di cambiare rapidamente il nostro modo di vivere, ma non sempre questo messaggio è stato messo in pratica, così che “rapidamente” è stato sostituito da “urgentemente”. Se fossimo su un’astronave, lampeggerebbe la luce rossa e risuonerebbe il suono della sirena. Bisogna agire adesso e le grandi aziende possono sicuramente dare il buon esempio.
Il che, di per sé, è sia la soluzione sia il problema, perché quando si guarda agli investimenti o alle spese aziendali l’ESG deve essere finanziariamente sostenibile e, al tempo stesso, redditizio. Nessun profitto, nessun investimento, nessuna sostenibilità. È un ciclo che si auto alimenta dove un elemento non può esistere senza l’altro. Tuttavia, anche noi in quanto consumatori siamo molto cambiati. La nostra attenzione si è spostata dal desiderio di avere a disposizione i migliori prodotti e servizi, alla valutazione delle aziende che ci sono dietro essi. C’è un movimento crescente, decisamente diffuso tra i Millennial, che vuole lavorare e fare business con le organizzazioni più socialmente e ambientalmente consapevoli, quelle che abbracciano realmente l’ESG. Forse è per questo che il denaro investito in questo genere di fondi è più che raddoppiato nell’ultimo anno.
In questo senso la situazione coinvolge molto più che un gruppo selezionato di aziende. Siamo di fronte a sfide importanti e sistemiche da risolvere. Non c’è dubbio che i proprietari delle aziende potrebbero allocare le loro risorse finanziarie per risolvere il problema, ma non sarebbe sufficiente a lungo termine, a meno di non stanziare tutta la loro ricchezza accumulata negli anni. Al contrario, le aziende devono lavorare con i dipendenti, i clienti, i partner e gli stakeholder per contribuire alla realizzazione di un bene maggiore.
Stiamo entrando in un’era “sustainability-first”
È qualcosa che stiamo vedendo a tutti i livelli. Secondo uno studio della London Business School e di PWC, quasi la metà delle aziende FTSE 100 collega la retribuzione dei dirigenti a obiettivi ESG. In VMware tutti i nostri dirigenti hanno obiettivi ESG da raggiungere e abbiamo istituito un ufficio ESG per fare resoconti annuali di questo genere di attività. In tutto il mondo si stanno diffondendo progetti incredibili anche su scala più piccola. Ecosia, un motore di ricerca che pone l’ambiente al centro, è un grande esempio. Milioni di aziende stanno facendo la loro parte e, se sommate, stanno probabilmente realizzando una differenza maggiore di aziende come Tesla, ma poiché non si tratta di un unico cuore pulsante, il cambiamento è meno percepito.
È inutile negare che stiamo entrando in un’era “sustainability-first” e la tecnologia rappresenta spesso il fattore critico e abilitante della soluzione. Se pensiamo a un prodotto come WasteShark, un drone destinato alla pulizia degli oceani, il collegamento è chiaro e immediato. Più difficile è quando si tratta, ad esempio, di un telefono cellulare, dove la sostenibilità è più astratta e certificarne globalmente la presenza richiede di seguire puntigliosamente una serie di principi nella modalità di sviluppo. È proprio qui che l’ESG sta giocando un ruolo determinante: la vera sfida arriva quando la cosa più redditizia è la meno sostenibile. È questa la scelta più difficile.
Il ruolo cruciale dei conumatori per affermare l’ESG
In questo contesto, siamo noi consumatori ad aiutare le aziende a prendere questo tipo di decisioni, quando scegliamo di spendere consapevolmente in nostri soldi in brand che prendono sul serio l’ESG. Anche i governi stanno plasmando i propri comportamenti con obiettivi e traguardi per la riduzione del carbonio. Il Regno Unito è stato la prima grande economia ad approvare una legge con l’obiettivo di essere carbon neutral entro il 2050. La Nuova Zelanda obbligherà le banche a misurare il proprio impatto sul cambiamento climatico, diventando la prima legislazione a rendere trasparente l’impatto ambientale nel settore bancario. Anche le compagnie petrolifere si stanno profondamento mobilitando: devono farlo, altrimenti tra 15 o 20 anni non esisteranno più, evitate dai consumatori, sovratassate dai governi e sostituite da tecnologie più pulite.
Non c’è dubbio che il successo delle aziende sia legato al fatto che ognuna di esse faccia la sua parte per lo sviluppo di un mondo più sostenibile, equo e inclusivo. VMware, ad esempio, ha identificato 30 obiettivi misurabili da raggiungere entro il 2030 (30×30) incentrati su sostenibilità, equità e fiducia. Il nostro impegno ha radici profonde. Dal 2003 il nostro portafoglio software ha aiutato i clienti a evitare più di 1,5 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio, usando meno hardware e in modo più intelligente, e stiamo collaborando con la National Science Foundation (NSF) degli Stati Uniti all’iniziativa “The Next Generation of Sustainable Digital Infrastructure”. Il successo si basa sul continuo coinvolgimento di partner e clienti, perché nessuna azienda – o individuo – può farlo da sola.
La stella polare da seguire si chiama tecnologia
Anche se il cielo può sembrare nuvoloso, la tecnologia è la luce che brilla come una stella polare. Naturalmente, devono coesistere leadership e volontà. Oltre a risolvere i problemi – e a farlo in velocità – la tecnologia permea tutte le operazioni aziendali, dall’attrazione e il mantenimento dei migliori talenti alla riduzione dei viaggi e degli sprechi e la gestione intelligente e autonoma delle strutture. Tutte queste variabili, prese singolarmente, possono sembrare una goccia in un oceano (sempre più grande), ma combinate insieme possono fare davvero un’enorme differenza.
Tuttavia, nonostante tutti i suoi indubbi benefici, la tecnologia non può far crescere gli alberi più velocemente o ricostruire gli iceberg. È necessario fare in modo che l’applicazione dei criteri ESG renda le aziende più redditizie allo scopo di eliminare una volta per tutte la contrapposizione tra capitalismo e sostenibilità. Solo allora raggiungeremo un punto di svolta. Non siamo ancora arrivati a destinazione, certo, ma nutro una forte speranza insieme alla convinzione che ciò che abbiamo iniziato a seminare si manifesterà tra qualche anno, quando il fattore ESG permetterà a tutti noi – e al nostro Pianeta – di andare verso l’infinito e oltre.