A che punto siamo con il livello di maturità della digitalizzazione dei canali di vendita in Italia?
Non bene se è vero che, solo il 14% delle aziende di casa nostra afferma di conoscere i clienti in modo profondo, mentre solamente un’azienda su cinque sostiene di avere con loro una relazione continuativa e duratura nel tempo. Molto spazio da migliorare anche nella costruzione di offerte e servizi veramente omnicanali: solo il 35% delle aziende afferma di offrirli e solo il 30% ha i punti di contatto con i clienti integrati. Di conseguenza, solo un quinto delle imprese italiane ha raggiunto la cosiddetta vista unica sul cliente, cifre molto basse che riducono soddisfazione e fedeltà.
Il quadro della situazione migliora leggermente per quanto riguarda l’integrazione tra canali fisici e online, il cosiddetto “approccio phygital”. In questo ambito, le imprese stanno lavorando per ottenere una piena collaborazione tra l’online e l’offline, valorizzando i singoli punti di forza di ciascun canale. Si assiste, infatti, ad un profondo riassetto dei punti vendita fisici: da spazi esclusivamente dedicati alla vendita e alla relazione, diventano luoghi integrati con i canali digitali. Il 66% delle imprese italiane ha adottato, ad esempio, sistemi per verificare la disponibilità di prodotti all’interno dei punti vendita; il 56% ha servizi di home delivery e il 78% offre servizi di Click&Collect per acquisti effettuati su canali digitali.
Tra i settori, il più virtuoso nella gestione dei canali digitali risulta essere quello Bancario e Assicurativo. Le aziende appartenenti al mondo finanziario sono più evolute da un punto di vista tecnologico, con un’adozione delle singole tecnologie molto al di sopra della media (l’81% ha un Data Lake; l’80% ha una Customer Data Platform e l’86%, piattaforme di Marketing Automation). Turismo, Industria, Media e Telco, si trovano tra quelli meno maturi. Se si guarda invece ai modelli di integrazione online-offline, i comparti di servizio (Banche e Assicurazioni, Energy e Utilities, Telco, Media e Turismo) risultano più avanzati rispetto a quelli di prodotto (Automotive, Fashion, Retail e Grocery).
A offrire questo punto sulla relazione tra imprese italiane e clienti è il rapporto “La digitalizzazione delle vendite in Italia”, realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait. L’indagine, presentata ieri alla Milano Digital Week, ha coinvolto 637 imprese e istituzioni italiane, tra: 474 medie e grandi imprese di diversi settori; 106 Pubbliche Amministrazioni centrali e locali e 57 enti sanitari.
Come sottolineato da Antonella Camarca, direttore Business Consulting di Minsait in Italia: «I cambiamenti nei processi di vendita, nelle modalità di acquisto e nella relazione tra clienti e imprese non solo si manterranno, ma continueranno a evolvere nei prossimi anni. Personalizzazione, semplicità, immediatezza e flessibilità sono solo alcune delle parole chiave che descrivono le aspettative dei clienti, consumer ma anche business. Colmare queste aspettative richiede una scommessa decisa sull’integrazione dei canali online e offline, sulla offerta di servizi ed esperienze veramente omnicanali e sullo sfruttamento efficace dei dati per raggiungere la Single Customer View. Il tutto con un’infrastruttura adeguata e garantendo la sicurezza di canali, sistemi e dati».
La sicurezza
Tra gli aspetti analizzati nel rapporto, anche la sicurezza. Stando ai dati del Rapporto, tra le imprese che dichiarano di avere canali online di contatto con il cliente, il 73% sceglie sistemi basati su un singolo fattore di autenticazione, mentre solo il 13% ha un sistema a doppio passaggio. L’ambito bancario e finanziario è il più attento alla sicurezza nelle interazioni con i clienti con il 55% delle aziende che si è dotata di sistemi basati su un doppio fattore di autenticazione e il 13% che sta sperimentando sistemi adattivi e ricorso a tecnologie biometriche (9%). Anche la Pubblica Amministrazione e la sanità, in parte spinte dagli obblighi normativi, hanno lavorato per mettere in sicurezza l’accesso degli utenti ai portali online: rispettivamente il 79% delle PA e il 70% delle strutture sanitarie, infatti, mettono a disposizione sia credenziali proprietarie sia sistemi di identità digitale nazionali (come SPID e CIE).
Buono il livello di protezione delle infrastrutture, dove si denota una particolare attenzione rispetto alla ricerca di possibili vulnerabilità di sicurezza che possono interessare le applicazioni in Cloud, sfruttabili dai cybercriminali come punto di ingresso ai sistemi. In questo ambito, solamente il 19% sembra non aver stabilito ancora una chiara strategia di identificazione delle vulnerabilità (l’11% tra le imprese sopra i 500 addetti).
Guardando alle soluzioni per assicurare la sicurezza e la protezione dei dati, le più diffuse sono quelle afferenti al backup e recovery, che permettono di recuperare la ridondanza e la duplicazione dei dati, in modo da garantirne il ripristino in caso di perdita a seguito di disastro naturale, errore umano, guasto del sistema o attacco informatico. Tali strumenti sono già presenti nell’82% delle organizzazioni e un ulteriore 5% ne sta valutando l’introduzione.
Il Cloud
La diffusione del Cloud pubblico nei canali di contatto e vendita è ancora molto limitata: il 64% delle imprese dichiara di gestire on-premise tutti i dati del cliente, mentre un ulteriore 31% decide caso per caso, a seconda della tipologia di dato trattato. Solo il 5% conserva e gestisce tutti i dati del cliente nel Cloud pubblico. A frenare l’adozione del Cloud sono compliance e obblighi normativi (criticità riscontrata nel 58% dei casi), seguita dalla gestione della contrattualistica (49%).
Tuttavia, le imprese vedono nel Cloud pubblico un’opportunità appetibile dalla scalabilità e dalla rapidità di implementazione, dalla possibilità di integrare in modo semplice funzionalità innovative (ad es. Analytics) e dalla possibilità di sperimentare a costi contenuti.
A livello settoriale, l’ambito più propenso all’utilizzo del Cloud pubblico è il turismo in cui i rapidi cambiamenti delle esigenze dei consumatori e l’entrata sul mercato di nuovi player digital native, ha obbligato anche gli attori tradizionali a valorizzare maggiormente dati e strumenti digitali. Segue l’Industria, dove i processi di front-end subiscono un percorso di migrazione più significativo rispetto ai processi core di back-end, su cui si privilegia una gestione dell’infrastruttura tecnologica vicino alla fabbrica.