Di seguito condividiamo un commento di Luca D’Alleva, Head of Service for Cost Management Italia, Spagna e Portogallo di BCS Italia relativo ai dazi imposti sui componenti elettronici e hardware dall’amministrazione americana.
Secondo l’esperto, questa manovra potrebbe avere un effetto domino disastroso sul settore tecnologico; servirebbe invece “necessario un approccio che promuova l’apertura, la cooperazione e una visione di lungo termine, evitando di erigere barriere che ostacolino le value chain globali”.
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Dazi e data center: un cortocircuito per l’innovazione?
Le recenti politiche commerciali degli Stati Uniti, in particolare l’imposizione di dazi su componenti elettronici e hardware, sollevano serie preoccupazioni riguardo al futuro dell’innovazione e della crescita dei data center, un mercato vitale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la digitalizzazione di settori chiave come l’industria, l’healthcare e l’automazione, che si trova a fronteggiare nuove sfide che potrebbero comprometterne lo slancio.
Il settore dei data center, cuore pulsante dello sviluppo AI, è intrinsecamente globale, con una supply chain che coinvolge fornitori e produttori da tutto il mondo, dalla Cina al Taiwan, fino alla Corea del Sud e altri paesi. Di conseguenza, colpire queste nazioni con dazi elevati non solo aumenta i costi diretti di strumenti e apparecchiature, ma introduce anche un’incertezza sistemica che spinge le big tech a rivedere i loro piani di investimento, come dimostrato dal rallentamento da parte di Microsoft e Amazon nella costruzione di nuove infrastrutture. Aspetti che rappresentano un segno tangibile del fatto che i dazi agiscono come una tassa sull’innovazione.
Inoltre, colpire indiscriminatamente l’elettronica, senza distinguere tra componenti chiave e assemblati finali, rivela una scarsa comprensione della complessità tecnologica moderna. Infatti, anche qualora i semiconduttori venissero esentati, i circuiti stampati su cui sono montati potrebbero comunque ricadere nel “calderone” dei dazi, generando effetti a catena sull’intero mercato.
Progetti ambiziosi, volti a rafforzare la leadership tecnologica nazionale, rischiano di diventare delle chimere. In questo contesto, pensare di progettare e realizzare super data center con costi di importazione gonfiati e capitali “sensibili” appare irrealistico, poiché l’incertezza tariffaria è un veleno per gli investimenti a lungo termine. Dal punto di vista macroeconomico, queste politiche rischiano di frenare la domanda non solo per l’hardware, ma anche per il software e i servizi cloud, creando un effetto domino negativo sull’intero comparto tecnologico. Il calo in borsa di colossi come Nvidia, Amazon e Alphabet è un primo sintomo della sfiducia che queste misure stanno generando tra gli investitori.
In sintesi, le politiche commerciali che impongono dazi rischiano di minare le fondamenta stesse dell’innovazione. Per garantire una crescita sostenibile e una leadership tecnologica duratura, è necessario un approccio che promuova l’apertura, la cooperazione e una visione di lungo termine, evitando di erigere barriere che ostacolino le value chain globali.
di Luca D’Alleva, Head of Service for Cost Management Italia, Spagna e Portogallo di BCS Italia