Due anni di pandemia hanno creato grande consapevolezza e accelerato in un modo incredibile la digitalizzazione dei processi. Investire nei processi significa oggi superare il “SI È SEMPRE FATTO COSI’”. In questa frase trovo tutto ciò che di negativo e controproducente si possa immaginare per l’impresa di oggi, un vero e proprio freno alla crescita, che deve passare forzatamente attraverso l’eccellenza dei processi. Non possiamo più pensare di migliorare solo ciò che portiamo all’esterno della nostra organizzazione, sia esso un prodotto o un servizio, ma dobbiamo creare un’organizzazione efficiente che abbatte gli sprechi, eleva la qualità, fidelizza il cliente quanto il dipendente, preservando e possibilmente incrementando il margine operativo lordo (EBITDA). Non dobbiamo digitalizzare i processi per stare al passo coi tempi, dobbiamo digitalizzare i processi perché attraverso la tecnologia digitale possiamo raggiungere un’efficienza che non può più essere rimandata. Dobbiamo essere rapidi.
Come digitalizzare al meglio i processi e implementare un’organizzazione più snella e orientata al raggiungimento degli obiettivi di business?
L’approccio manageriale ai progetti di digitalizzazione implica un modello di implementazione tecnologica rapido e scalare, la fase di esecuzione dei progetti di digitalizzazione non deve in alcun modo interferire con il business in corso.
Di seguito una roadmap in 4 tappe per portare valore immediato e migliorare continuamente
1) Pensare in grande partendo dall’utile. L’analisi dei processi
Al fine di avere un approccio coerente con quanto detto precedentemente, ossia rapido e pratico, è bene partire ad analizzare porzioni di macro-processi. Pensare di impattare su tutto il procurement, ad esempio, porterebbe disagi al business in corso. Pensiamo in grande ma partiamo dall’utile, da ciò che può portare subito valore, generando nei collaboratori una fiducia nella tecnologia digitale, quale motore di una trasformazione scalare e sostenibile. Tutti devono essere attori del cambiamento.
2) BPM: la tecnologia abilitante
Una volta terminata la fase di analisi conosciamo i ruoli, i permessi e le azioni da compiere per completare il processo e abbiamo già un’idea di quali sono i punti su cui possiamo migliorare. Possiamo a questo punto pensare di gestire il processo con una tecnologia BPM, andando a creare luoghi di lavoro digitali che riuniscono tutti gli attori del processo su uno strumento di collaborazione che non conosce limiti fisici (pensiamo allo smart working). Mettiamo in comunicazione collaboratori di diversi reparti che devono contribuire all’evasione del processo eliminando le barriere organizzative. Ogni attore sa qual è il suo ruolo, quali sono i suoi compiti, quando deve agire e il responsabile ha in ogni momento la situazione sotto controllo. In particolare, segnalo piattaforme BPM no code che non richiedono competenze informatiche per la loro gestione, i cui punti di forza sono la velocità di implementazione (4/6 settimane per un processo di ordini d’acquisto) e l’estrema usabilità da parte degli utenti.
3) RPA: lavorare sul valore automatizzando le azioni ripetitive
Se con il BPM abbiamo assegnato un insieme di compiti a ruoli e collaboratori chiediamoci se quel singolo compito può essere replicato da un bot di automazione, sollevando la persona da compiti ripetitivi e andando ad aumentare “virtualmente” gli FTE a disposizione.
Capire dove possiamo inserire l’RPA, l’automazione, all’interno dei nostri processi è facile se partiamo dalle capacità di un bot, che possiamo riassumere in:
- Estrazione dati da più sistemi (ERP, CRM, BPM etc.)
- Inserimento dati su più sistemi (ERP, CRM, BPM etc.)
- Riconciliazione (pagamenti, transazioni ecc.)
- Controllo su sistemi esterni/interni all’azienda (anagrafiche, conti correnti, SdI etc.)
- Tracciatura e reportistica
4) IDP: automatizzare tutto il flusso informativo dell’organizzazione
Non possiamo parlare di completa automazione se non consideriamo tutte le tipologie di informazioni che transitano nella nostra organizzazione. Dalle mail alle PEC, passando per i PDF, ma l’esempio che purtroppo possiamo ancora fare è quello della carta. In molti ambiti aziendali, come l’HR, la logistica o gli acquisti, circola ancora troppa carta, generando enormi sprechi.
Si può dire che ogni volta che c’è una stampante o una fotocopiatrice vediamo l’obbligo di ottimizzare i processi e ridurre i costi. Il dato strutturato, infatti, non rappresenta la totalità dei dati e quindi dei documenti che troviamo in circolazione all’interno dell’azienda. L’IDP è un insieme di tecnologie, che permette alle aziende di automatizzare i processi documentali anche quando si parte da dati non strutturati, (come carta, e-mail, PEC, mobile, flussi dati elettronici, etc.), provenienti da diversi canali di ingresso (logistica, posta ordinaria, caselle mail/PEC, portali web etc.).Oggi le aziende non possono più permettersi di perdere tempo. Per rimanere competitive sul mercato, un approccio e una gestione data-driven, che ottimizza i processi nel rispetto delle persone e delle idee di tutti i dipendenti, diventa cruciale per il successo.
Competenze
Aziende come Realvalue e Honu implementano oggi tecnologie di Business Process Management (BPM), Robotic Process Automation (RPA), Intelligent Document Processing (IDP) e Case Management. Sul fronte BPM, Honu ha scelto di utilizzare soluzioni no-code che consentono quella velocità di implementazione che il business chiede, consentendo di essere operativi in tempi brevissimi, poche settimane. Realvalue implementa case management low-code attraverso la tecnologia Pegasystem, protagonista indiscussa dei quadranti di Forrester e Gartner, riconosciuta a livello mondiale come soluzione “disruptive” in quei progetti di digitalizzazione che coinvolgono casi complessi e sovrastrutturati, semplificandoli.
A cura di Giuliano Marone, fondatore e AD Archiva Group