I vendor tecnologici parlando continuamente del processo di digital transformation. In modi diversi, sta diventando una sorta di parola d’ordine utilizzata per esprimere la migrazione a sistemi moderni che siano nativi cloud, mobile-first, abilitati ai data analytics, AI-augmented e ML-accelerated, tutti studiati per adeguarsi alla velocità del business attuale.
Tuttavia, c’è un problema: troppo spesso si sentono discussioni concernenti la trasformazione digitale caratterizzate da una vaga etichetta ‘me-too’, che le aziende tecnologiche usano senza una vera intenzione o un reale significato. È un po’ come se sentissero di dover prestare un omaggio formale alla vulgata comune dei servizi software e delle piattaforme dati attuali, senza però sfociare in alcuna iniziativa pratica.
Ed ecco il master data management
Il momento in cui la cosiddetta trasformazione digitale diventa una reale digital transformation è quando e dove la vediamo applicata a casi d’uso pratici, che davvero elevano i modelli di business al mondo connesso di domani. Una tecnologia fondamentale per facilitare e abilitare questa evoluzione a questo livello è il Master Data Management, spesso identificato semplicemente con il suo acronimo, MDM:
La maggior parte delle organizzazioni enterprise si basano su diversi sistemi IT e di gestione dei dati, pensati per servire differenti dipartimenti, clienti, impiegati e (sempre di più oggi) altri asset di business maggiormente virtualizzati. Questa situazione naturalmente dà vita a silos informativi; i dati che attraversano questi silos disaggregati possono essere duplicati, disgiunti e distinti in modo insufficiente.
È chiaro che questa situazione non contribuisce in modo positivo al processo di trasformazione digitale, indipendentemente dal fatto che ci sia o non ci sia una reale sostanza nel progetto di trasformazione di cui parliamo. Per rispondere a questa sfida, una piattaforma MDM consente a un’impresa di costruire, creare, nutrire, gestire e quindi sfruttare i propri asset di dati condivisi più importanti, definendo quel flusso di informazioni come i propri Master Data.
Data Innovation, parametro di riferimento per l’IT del futuro
Per essere davvero utili a livello produttivo e offrire un reale valore operativo, i Master Data devono essere coerenti, accurati e accessibili. Queste caratteristiche basilari implicano che un’impresa che opera in qualsiasi mercato – da una pasticceria a una raffineria di petrolio e gas – possa iniziare a realizzare quella che potremmo chiamare ‘Data Innovation’.
In realtà, ancora non è proprio un termine del settore IT (anche se forse potrebbe diventarlo presto): la Data Innovation è la capacità di utilizzare le informazioni e i dispositivi per creare nuovi prodotti, nuove capacità di acquisto, nuove catene del valore, nuovi servizi e nuovi marketplace che non esistevano prima o che esistevano unicamente in qualche versione frammentata e semi virtuale.
Se queste affermazioni suonano un po’ effimere, eteree ed emotive, per renderle più sostanziali diamo esempi concreti.
Per illustrare un esempio reale della trasformazione digitale che vogliamo chiarire e validare qui, l’azienda USA di prodotti per forno e alimentari Panera Bread è un caso perfettamente in linea. L’azienda ha sfruttato i propri dati attraverso controlli MDM per ottenere un vantaggio competitivo digitale.
Panera Bread ha un notevole vantaggio sui propri concorrenti per quanto riguarda l’implementazione di servizi di e-commerce, offrendo ai clienti sistemi basati su chioschi per effettuare ordini all’interno dei negozi e integrando ordini fatti al bancone con i sistemi gestionali interni dei negozi. Oggi, Panera Bread ha portato alla ribalta la propria gestione dei Master Data integrando i dati provenienti dalle proprie cucine collegati agli ingredienti principali e a quelli speciali a carattere stagionale, estendendo questi canali informativi per lanciare nuove voci del menù e offerte speciali.
Trasformare i dati più critici in asset condivisi
Ciò che le aziende impegnate su questo processo iniziano a realizzare è che certi asset di dati – quali quelli che definiscono i propri clienti, i prodotti, i vendor e gli impiegati – sono fondamentali per tutto quello che fanno e sono basilari per tutti i flussi informativi che li riguardano. Perciò, perché non trattarli come gli asset di business che in realtà sono, realizzando investimenti che assicurino la loro qualità, risolvano le inconsistenze tra sistemi diversi e offrano aiuto per il business in modo semplice, per ottenere ritorni rilevanti?
Si tratta di eliminare l’aspetto di sistemi multipli che operano tutti in passaggi complessi, in modo disaggregato e disconnesso. Sia che si parli di un’impresa alimentare come Panera Bread o di un cementificio industriale, del business di un cinema oppure di qualche forma di organizzazione di servizi professionali, il punto è sempre lo stesso. Tenendo sotto controllo il proprio flusso informativo attraverso l’MDM, le imprese possono presentare a clienti diversi in mercati geograficamente differenti prodotti diversi, mantenendo però un controllo completo su una supply chain sempre più complessa.
Se questo approccio sembra complicato, basti ripensare alla questione di partenza: se un’impresa operante in qualsiasi mercato non è in grado di rispondere rapidamente a domande come ‘chi è il nostro cliente più importante/di maggior valore?’, allora ecco una situazione in cui dovrebbe entrare in gioco il Master Data Management.
La strada verso il futuro, lastricata di dati
In un mondo in cui è possibile ordinare un hamburger da un touchscreen o da uno smartphone e pagarlo attraverso un servizio online, quasi tutti gli aspetti dell’operazione sono stati virtualizzati – trascurando forse la senape e il ketchup.
La vera connessione al ‘burger’ (o alla pasticceria, o allo stabilimento di progettazione industriale) è la consapevolezza del momento in cui sta per andare incontro alla scarsità di merce in magazzino e la sua ‘visione d’insieme’ MDM (big-picture-view) consentirà di dare l’avvio agli ordini susseguenti. In realtà, il sistema MDM parla con il sistema ERP (Enterprise Resource Planning) e una serie di bot RPA (Robotic Process Automation) provvedono a effettuare interlocuzioni automatiche con il sistema SCM di gestione della supply chain (Supply Chain Management).
Ciò significa che la pianificazione di quell’hamburger di manzo (o farina, o lamina d’acciaio, o qualsiasi materiale grezzo si voglia) avviene anch’essa lontano dalla visuale. Ma non è questo il punto: il punto è che questi sistemi possono operare efficacemente solo quando c’è un sistema MDM che garantisca completa fiducia nei livelli più elevati dello stack IT che si sviluppa e si mette in produzione.
L’impiego realmente efficace dell’MDM consente alle aziende di disporre di una visuale a 360° sui propri dati; in questo modo esse sono in grado di coinvolgere, soddisfare e vendere ulteriormente (upsell), quindi di aumentare il proprio fatturato, mentre si riducono i costi legati a vendite e marketing. Dal momento che l’MDM coinvolge miriadi di domini di dati e linee di business, dovrebbe essere considerato un mattone essenziale di qualsiasi strategia di digital transformation ben concepita.
Tutti i concetti, le metodologie e le pratiche di processo si applicano in modo analogo alle persone e al business basato sui servizi offerti da operatori umani. Nessuna impresa di consulenza gestionale, agenzia per l’impiego, teatro, impresario o squadra di football (Americano o Europeo, i dati non fanno distinzioni) può pensare al prossimo decennio di sviluppo senza pensare per prima cosa ai dati e all’MDM. Se un’impresa sta producendo brodo per la minestra, scavando alla ricerca d’oro o cercando di raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo, l’MDM può fare la differenza per portarla oltre i propri limiti.
Di Robert Eve, Senior Data Management Strategist, TIBCO