Continua ad esserci un forte consenso sul fatto che le sfide culturali – la lenta adattabilità al cambiamento, la reingegnerizzazione dei processi aziendali, la formazione del personale, l’alfabetizzazione ai dati, l’allineamento organizzativo per supportare gli obiettivi di business – rappresentano il principale ostacolo che le organizzazioni devono affrontare nei loro sforzi per diventare data-driven.
Gli investimenti in dati non si sono mai fermati e ora sono indirizzati in aree chiave quali piattaforme di dati e soluzioni di data lake (26,3%), qualità e salute dei dati (25,3%), migrazione al cloud (14,8%), alfabetizzazione ai dati (12,7%) e cataloghi di dati (7,4%)1. La tecnologia, dunque, non manca.
Tuttavia, essere data-driven oggi significa avere la capacità di utilizzare ogni singolo dato, strutturato o non, on-premise o su più cloud, in movimento o statici, ovunque, per guidare i processi decisionali a vantaggio di tutti i membri dell’organizzazione. È proprio nella mancanza di una corretta cultura aziendale attorno al dato che oltre il 90% dei dirigenti aziendali identifica il principale ostacolo per la piena trasformazione digitale della propria impresa.
Vediamo quali possono essere alcuni passi utili ad attuare questo cambiamento.
1. Definire responsabilità di dati e processi e promuovere la collaborazione
Le finalità per cui le organizzazioni vogliono utilizzare i dati sono sempre più complesse e con tempi di realizzazione sempre più brevi. Ciò rende impossibile affidarsi all’approccio tradizionale di suddivisione in linee di business, in cui ciascun team chiede all’IT di fornire i dati di cui ha bisogno. È necessario uno stretto coordinamento tra divisioni aziendali e IT per condividere obiettivi e stabilire chi ha la responsabilità di determinati dati e processi. L’IT deve provvedere ad integrare nell’organizzazione strumenti e soluzioni che consentono la gestione e la governance dei dati, in maniera centralizzata, permettendo eventualmente una proprietà del dato distribuita.
2. Coinvolgere i team di governance e compliance fin dall’inizio
Sebbene la condivisione sia alla base, i dati devono comunque rispettare requisiti di conformità interni ed esterni e sono soggetti a normative sulla privacy in continua evoluzione. Ciò significa che per diventare un’organizzazione data-driven – governance e compliance devono essere tenute in considerazione fin dall’avvio del percorso. Le piattaforme aziendali devono mettere in evidenza quali set di dati contengono informazioni sensibili e fornire indicazioni sul luogo di archiviazione, autorizzazioni di accesso e modalità di gestione dell’accesso stesso, per garantire che solo le persone giuste possano usufruirne al momento giusto e dalla posizione giusta. La piattaforma deve inoltre fornire informazioni sul lineage dei dati e sulle trasformazioni nell’intero ciclo di vita.
3. Abbracciare il cloud pubblico
L’adozione di Cloud Pubblico può portare una indiscutibile flessibilità nelle infrastrutture dei clienti. Dal momento che funzionalità, prezzi e disponibilità variano da un cloud pubblico all’altro, un approccio multi-cloud può essere la soluzione migliore per consentire agli sviluppatori di utilizzare il cloud più adatto ad ogni carico di lavoro, affidandosi a piattaforme dati indipendenti in grado di produrre un modello hybrid cloud dei dati, scalabile, sicuro e performante. In questo modo si riduce anche l’utilizzo di shadow IT per risolvere problemi applicativi.
4. Trasformare il data center on-premise in un vero cloud privato
Nonostante l’attrattiva del cloud pubblico, le aziende continueranno ad affidarsi ad applicazioni on-premise, soprattutto quando operano in industrie altamente regolamentate. Per diventare data-driven, bisogna quindi migliorare il modo in cui gestiscono e ricavano informazioni dai dati on-premise, trasformando l’infrastruttura fisica in un vero e proprio cloud privato con la flessibilità e l’agilità che il cloud pubblico offre, ma con tutti i controlli di cui l’azienda ha bisogno.
5. Collegare i cloud privati e pubblici per un vero modello di hybrid data
Dopo aver trasformato l’infrastruttura on-premise in un cloud privato agile, è il momento di collegare il cloud privato con più cloud pubblici per dare vita a un vero modello di dati ibrido. Questo modello consente alle aziende di gestire i dati in modo coerente, ovunque, e di ottenere informazioni in tempo reale da tutti i dati. Inoltre, in questo modo si offre la massima flessibilità per automatizzare il trasferimento dei carichi di lavoro e dei dati in qualsiasi ambiente, ovunque, e ottimizzare prestazioni, sicurezza e costi.
6. Introdurre gli strumenti giusti per dare potere agli sviluppatori
La semplice creazione di una capacità basata sui dati ibridi non è sufficiente: è necessario disporre degli strumenti di analisi e di governance che consentano di sfruttare al meglio una mole così vasta di dati. Tali strumenti devono supportare tutti i tipi di dati e di analisi sui dati a riposo e in movimento e consentire una integrazione semplice con servizi costruiti ad hoc per soddisfare esigenze d’uso specifiche. Infine, è essenziale che questi strumenti consentano di implementare l’automazione, che rappresenta l’unico modo efficace per consentire a sviluppatori e utenti delle piattaforme di trarre vantaggio dall’enorme quantità di dati a disposizione.
Diventare un’organizzazione realmente data-driven richiede tempo, e creare un’infrastruttura ibrida multi-cloud per sfruttare tutti i dati può essere un processo sfidante anche per i team IT aziendali più esperti. Ma nell’ambiente ipercompetitivo di oggi, è essenziale sviluppare questa capacità il prima possibile. Per diventare vere aziende data-driven, le imprese devono rendersi conto che è necessario un impegno continuo, che non riguarda solo l’aumento delle competenze tecniche ma soprattutto un cambiamento organizzativo. È imperativo adottare un sistema di gestione del cambiamento che promuova il processo decisionale basato sui dati e incentivi i dipendenti a ogni livello a lavorare in questa direzione, dando evidenza dei successi ottenuti.
A cura di Fabio Pascali, Regional Director Italy di Cloudera