La nuova frontiera della guerra è digitale. Sono sempre di più le notizie riguardanti hacker che, più o meno in incognito, tentano di violare le difese informatiche di Stati “nemici” per scoprire informazioni strategiche. Un esempio a riguardo, che però non ha coinvolto direttamente enti governativi nazionali ma soltanto normali cittadini ha al centro le due Coree, da anni ormai ai ferri corti. In particolare, secondo quanto recentemente dichiarato dai servizi d’intelligence sudcoreani, tra il 19 maggio e il 16 settembre di quest’anno, oltre 20 mila smartphone sarebbero stati infettati da malware provenienti dalla vicina Corea del Nord. I nordcoreani avrebbero inserito codici malevoli all’interno di siti di giochi dei “fratelli del Sud”. Le ragioni non sono state però rivelate: si potrebbe trattare “semplicemente” di cyber spionaggio oppure l’iniziativa deriverebbe dalla volontà di sfruttare i dispositivi infettati per colpire gli enti governativi.
Non si tratta di un caso isolato: in passato la Corea del Nord ha già realizzato la medesima strategia infettando le applicazioni ludiche dei propri vicini con l’obiettivo – due anni fa – di creare una botnet per lanciare attacchi DDoS contro l’Incheon Airport di Seoul.