Il rischio di accessi non autorizzati ai file aziendali è sempre più spesso determinato anche da figure imprevedibili, come i dipendenti che ormai non sono più parte dell’azienda, ma che hanno ancora accesso a una serie di informazioni o fonti, come la posta aziendale, le app di messaggistica o i Google Doc.
È quanto emerge da Sorting out digital clutter in business, indagine condotta da Kaspersky Lab secondo cui un terzo (33%) dei professionisti interpellati avrebbe ancora accesso ai file e ai documenti del vecchio posto di lavoro.
Gli ex dipendenti potrebbero anche usare questi dati per scopi personali, ad esempio, per cercare nuove opportunità professionali, oppure potrebbero cancellarli o danneggiarli per errore. In casi come questi il recupero dei dati potrebbe richiedere tempo e fatica, che potrebbero essere impiegati, invece, per attività aziendali più utili.
Non esercitando un controllo adeguato sulle azioni dei dipendenti, ex o attuali, le aziende si espongono a un rischio sempre più grande per quanto riguarda la possibile perdita dei dati aziendali.
Il rischio è tangibile ma in pochi se ne accorgono
Oggi le aziende sono completamente immerse nel mondo dei file digitali e utilizzano sempre più frequentemente applicazioni per la collaborazione, documenti online e servizi di file sharing: considerando questa situazione, può essere difficile tenere traccia della posizione esatta di certi dati digitali e delle informazioni che riguardano come, quando e chi può avere accesso ad essi. Quando ci si trova di fronte al fenomeno del “disordine digitale” questa mancanza di chiarezza non si limita solo a creare dei disagi dal punto di vista organizzativo: non essere in grado di mettere al sicuro le informazioni che si trovano online potrebbe determinare uno svantaggio competitivo o dei rischi per le aziende stesse.
La situazione può rivelarsi particolarmente preoccupante, visto che tra questi asset possono esserci delle proprietà intellettuali, dei segreti di carattere commerciale o altri tipi di dati, da proteggere o da considerarsi confidenziali che, se non protetti in modo adeguato, potrebbero essere usati dai cybercriminali o dai competitor a loro vantaggio.
Fra coloro che hanno partecipato al sondaggio di Kaspersky Lab sul tema, il 72% ha ammesso di lavorare con documenti che contengono diverse tipologie di dati sensibili. Lo studio dell’azienda ha, inoltre, rivelato che, a causa della confusione che spesso regna nella gestione e nel trattamento dei dati digitali, i dipendenti avrebbero bisogno di tempo anche solo per trovare i documenti o i dati giusti, soprattutto se archiviati in “luoghi” diversi.
Il 57% del personale che fa lavoro d’ufficio ha ammesso di aver avuto delle difficoltà nel reperire un certo documento o un dato file. Consideriamo anche che una percentuale di intervistati molto simile a quella precedente (58%) ha dichiarato di utilizzare lo stesso dispositivo sia per il lavoro che per uso personale.
Tra le conseguenze di uno scenario di questo tipo potrebbero esserci anche sanzioni e azioni legali intentate da clienti dell’azienda che potrebbero essere giustificate, nel caso, da violazioni degli accordi di non divulgazione o dalle leggi in vigore sulla protezione dei dati.
Tra cattive abitudini e fiducia non sempre ben riposta
Il problema del corretto accesso alle risorse di lavoro è evidenziato anche dal fatto che solo un terzo (29%) dei lavoratori coinvolti dallo studio di Kaspersky Lab ammette di condividere il proprio nome utente e la password di un dispositivo di lavoro con un collega, ma sappiamo che, nell’odierna cultura dell’ufficio, fatta di spazi aperti e di modalità di lavoro collaborativo, i dipendenti sono sempre più spesso inclini a non porre alcun limite e a condividere tutto con i propri colleghi: graffette, idee, scrivanie, compiti da svolgere e persino i dispositivi.
Le “cattive abitudini” in fatto di password e un atteggiamento poco attento e “permissivo” nella gestione dei dati aziendali sensibili potrebbero sembrare qualcosa di innocuo, o non portare direttamente a delle violazioni, ma indicano, in realtà, la necessità di una più ampia formazione sui possibili rischi.
Come riferito in una nota ufficiale da Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab: “Dati digitali in disordine e accessi senza controllo possono portare a violazioni e incidenti informatici ma, nella maggior parte dei casi, le loro dirette conseguenze sono interruzioni del lavoro d’ufficio, perdite di tempo e dispendio di energie, soprattutto per il recupero di dati che non si trovano nell’immediato. Per le aziende – soprattutto per quelle più piccole e in via di sviluppo, che si sforzano di essere efficienti e competitive al massimo – la situazione può rivelarsi molto spiacevole. Combattere il disordine digitale, gestire con attenzione i diritti di accesso e utilizzare soluzioni adeguate per la sicurezza informatica sono azioni che non solo mettono al riparo dai cyberattacchi, ma che garantiscono anche un workflow efficace e senza interruzioni. Se i file sono archiviati correttamente, i dipendenti possono dedicare tutto il loro tempo al raggiungimento degli obiettivi aziendali, avendo tutte le informazioni necessarie a portata di mano”.