Il Consorzio Italia Cloud ha raccolto dalle forze politiche una visione sulle strategie che saranno applicate nell’ambito della transizione digitale dal prossimo Governo, con l’obiettivo di mettere in luce il grado di consapevolezza sui temi principali su cui si giocherà la partita dell’innovazione e dell’indipendenza tecnologica.
Hanno risposto alle domande il PD, Forza Italia, M5S, Lega e Italia Viva confermando il proprio impegno su questi temi che hanno portato al centro del dibattito il Cloud italiano come fondamentale elemento di crescita di industrie e competenze locali, specialmente in questa fase di transizione.
“Vogliamo ringraziare i partiti che hanno aderito a questa iniziativa del Consorzio Italia Cloud perché si sono mostrati disponibili a un dialogo con l’industria italiana del Cloud e hanno messo al centro dell’agenda digitale un importante tassello di crescita e di sviluppo di competenze locali” dichiara Michele Zunino, Presidente del Consorzio Italia Cloud “Registriamo quindi una controtendenza rispetto a quanto fatto fino ad oggi e questo non può che farci piacere. Se negli ultimi mesi abbiamo visto una forma di abbandono ai campioni globali di questa industria, possiamo aspettarci un futuro in cui le PMI del cloud italiano possano accrescere le loro capacità produttive a vantaggio di sviluppo di filiere, programmi sanitari, di difesa cibernetica e di servizi innovativi al cittadino. Non conta tanto la promessa, quanto la comprensione profonda di questi temi. Il riconoscimento che il cloud italiano rientra nell’agenda delle politiche attive nel settore dello Sviluppo Economico è già di per sé una buona notizia”.
Testo integrale delle risposte alla Lettera Aperta
Forza Italia
1) Misure a sostegno dell’industria italiana del cloud
Raramente si è potuto osservare un mercato così concentrato e oligopolista quale nel digitale proprio quello dei servizi Cloud, dominato da tre grandi player americani.
Al prossimo Governo è affidato il compito di risolvere una serie di problemi a cui sinora non si è riusciti a porre rimedio. Alcuni degli obiettivi, evidentemente, non erano facili da raggiungere viste le numerose scadenze del piano di ripresa e resilienza. Fondamentale in questa prospettiva è la gestione strategica della commessa pubblica, valorizzando e promuovendo lo sviluppo di competenze locali. Paradossalmente questa domanda pubblica al momento sembra favorire essenzialmente tecnologie estere. Quali sono secondo voi le misure per riequilibrare il mercato?
Forza Italia si è battuta da sempre contro i monopoli dei giganti tecnologici americani che spesso hanno posto problemi di concorrenza e di corretto pagamento delle tasse in Europa. Gli operatori italiani attivi sul cloud non devono subire gli abusi e per far crescere competenze nazionali dobbiamo trovare un modo per riportare in Italia i benefici del PNRR per formazione e per l’accelerazione di progetti locali. E’ giusto pensare anche ad armonizzare le diverse esigenze di sicurezza che questo delicato momento di crisi ci impone. Gli attacchi cyber anche alle infrastrutture critiche sono all’ordine del giorno. Avere i dati strategici localizzati in Italia è il primo passo per proteggerli ma non basta. Nel programma condiviso del Centrodestra affrontiamo il tema dell’Autonomia tecnologica. L’autonomia si sostanzia con il detenere tecnologie proprietarie, il cui codice sorgente sia versato su Data Center di aziende europee. L’Italia deve incentivare il ricorso a tecnologie nazionali o europee, sia quando si tratta di sostenere la domanda da parte dei privati, sia quando si tratta di determinare i parametri di valutazione di offerta nell’ambito del Public procurement, a partire da indirizzi chiari che vanno dati in tal senso alle centrali di acquisto.
2) Cloud e indipendenza: il riconoscimento degli operatori locali
La sfida del prossimo Governo è quella di compiere un sostanziale passo in avanti rispetto a questa situazione. La percezione è infatti che il quadro attuale non abbia fornito una spinta sufficiente alle PMI italiane attive nel settore. La scommessa del prossimo Governo è che, oltre ad assicurare una maggiore equità nella partecipazione dei diversi soggetti nazionali al valore dei dati, i benefici in termini di stimolo all’economia siano tali da far crescere gli operatori locali. In Europa, infatti, si stima una crescita 500.000 posti di lavoro e investimenti di circa 200 miliardi di euro entro il 2027. Senza decisioni importanti, l’Italia potrebbe perdere tutto il vantaggio economico e sociale in questo mercato. Al netto del fatto che acquisire servizi americani su licenza non garantisce la protezione dei dati (es. cloud act americano) i maggiori Stati europei stanno progressivamente acquisendo la rilevanza strategica dei loro mercati nazionali, anche in termini di cybersecurity e di indipendenza. Cosa fare dunque riportare in Italia il valore sottratto dai cloud provider extraeuropei e come ottenere un rigoroso rispetto delle normative europee?
Il Centrodestra unito ha posto un tema serio di indipendenza tecnologica e di salvaguardia della nostra capacità produttiva. Nel nostro programma abbiamo proposto la creazione di una grande piattaforma online quale vetrina dei prodotti Made in Italy certificati. La crescita tecnologica italiana deve essere garantita da maggiori investimenti pubblici e privati che facciano crescere le nostre industrie di settore. E poi c’è il grande tema della sicurezza. Da un lato vogliamo garantire la protezione dei dati personali. Definire un sistema di voucher e crediti d’imposta, che sostengano gli acquisti di servizi cyber con la finalità di consentire a tutti l’accesso alle tecnologie più moderne ed efficaci. Altri interventi sul fronte della cultura e della sanità saranno necessari per tornare protagonisti della rivoluzione tecnologica in atto, in questi settori così delicati e necessari per il bene collettivo dei cittadini e delle imprese.
3) Cloud ed energia
La pandemia ha accelerato l’utilizzo dei servizi cloud da parte delle aziende, con una migrazione guidata da logiche di ottimizzazione anche energetica, a fronte del grande risparmio di spostamenti e di mancato utilizzo di risorse locali. In questo contesto, si è iniziato a incoraggiare – con l’adozione di voucher – Scuole, Comuni e ASL alla migrazione al cloud dei propri servizi. Con l’avvento della crisi del settore elettrico anche i cloud provider si trovano in grave difficoltà al pari delle altre industrie energivore. E’ necessario che anche le PMI italiane che offrono servizi cloud siano protette in quanto parte di una filiera fondamentale e strategica per il Paese. Quali misure specifiche proponete per arginare la crisi energetica che impatta questo settore?
La norma sugli extra profitti va rivisitata e migliorata perché quella è la prima fonte di finanziamento per alleviare le grandi difficoltà delle famiglie e delle imprese. È ovvio che poi il nuovo governo dovrà come primo tema affrontare questo capitolo con ulteriori e adeguate decisioni. Ma non si può attendere oltre, bisogna agire subito. Ogni strada, interna e internazionale, va seguita per attenuare una situazione che di ora in ora diventa sempre più pesante e pericolosa per tutta l’economia italiana. Nel caso specifico del cloud computing, come per le reti di comunicazioni elettroniche, l’interesse nazionale è ancora più sentito perché ci troviamo di fronte a infrastrutture critiche che non possono subire interruzioni senza mettere in pericolo il benessere sociale e nei casi più gravi, la sicurezza nazionale.
Movimento 5 Stelle
1) Misure a sostegno dell’industria italiana del cloud
Raramente si è potuto osservare un mercato così concentrato e oligopolista quale nel digitale proprio quello dei servizi Cloud, dominato da tre grandi player americani.
Al prossimo Governo è affidato il compito di risolvere una serie di problemi a cui sinora non si è riusciti a porre rimedio. Alcuni degli obiettivi, evidentemente, non erano facili da raggiungere viste le numerose scadenze del piano di ripresa e resilienza. Fondamentale in questa prospettiva è la gestione strategica della commessa pubblica, valorizzando e promuovendo lo sviluppo di competenze locali. Paradossalmente questa domanda pubblica al momento sembra favorire essenzialmente tecnologie estere. Quali sono secondo voi le misure per riequilibrare il mercato?
Siamo a favore di misure per la concorrenza sia sul piano europeo che sul piano nazionale, lo dimostrano le nostre votazioni nelle relative sedi istituzionali (DSA, DMA, Regolamento AI, …). Da sempre spingiamo per una revisione del public procurement per favorire un maggiore ingresso di startup e PMI, oltre che per rafforzare il modello di partnership pubblico-privata. Nel merito del nostro ambito, per quanto concerne il PSN abbiamo indirizzato il governo verso un percorso aperto al mercato. Chiaramente parlo per le nostre competenze da parlamentari e non entro nel merito delle procedure di gara. Penso che senza il PNRR non ci sarebbe stato un piano di investimenti di questa entità, ora la PA può davvero fare un salto di qualità ma sarà il nuovo Ministero della Transizione Digitale a far sì che tutto vada a buon fine. Sinceramente sono un po’ preoccupato da questi venti di rinegoziazione del PNRR che danno incertezza in primis agli operatori.
2) Cloud e indipendenza: il riconoscimento degli operatori locali
La sfida del prossimo Governo è quella di compiere un sostanziale passo in avanti rispetto a questa situazione. La percezione è infatti che il quadro attuale non abbia fornito una spinta sufficiente alle PMI italiane attive nel settore. La scommessa del prossimo Governo è che, oltre ad assicurare una maggiore equità nella partecipazione dei diversi soggetti nazionali al valore dei dati, i benefici in termini di stimolo all’economia siano tali da far crescere gli operatori locali. In Europa, infatti, si stima una crescita 500.000 posti di lavoro e investimenti di circa 200 miliardi di euro entro il 2027. Senza decisioni importanti, l’Italia potrebbe perdere tutto il vantaggio economico e sociale in questo mercato. Al netto del fatto che acquisire servizi americani su licenza non garantisce la protezione dei dati (es. cloud act americano) i maggiori Stati europei stanno progressivamente acquisendo la rilevanza strategica dei loro mercati nazionali, anche in termini di cybersecurity e di indipendenza. Cosa fare dunque riportare in Italia il valore sottratto dai cloud provider extraeuropei e come ottenere un rigoroso rispetto delle normative europee?
Nel nostro programma prevediamo di trattare i dati della PA come un bene comune e di renderli soggetti agli standard dell’Open Data. Questo porterebbe a benefici per la PA stessa e per i cittadini, consentendo inoltre agli operatori di mercato di sviluppare ulteriori soluzioni. Al netto di questa considerazione ricordo la nostra battaglia – espressa sia nel PNRR che nell’ultima mozione parlamentare approvata – per il vincolo di controllo pubblico sul PNRR, con conseguenze dirette sul tema in questione. Per quanto concerne l’utilizzo dei dati da parte delle piattaforme online cito un progetto contenuto nel nostro programma che prevede la possibilità per i cittadini di conoscere la localizzazione dei propri dati personali in rete. Sicuramente di difficile implementazione (abbiamo già avviato interlocuzioni informali con le autorità) ma politicamente potrebbe lanciare un input al Governo rispetto alla sicurezza e al controllo dei dati personali in un mondo progressivamente sempre più virtualizzato. Chiudo con una riflessione sulla necessità di un asse europeo su questo tema. Come per altri ambiti l’Italia da sola può far ben poco. Con uno scenario di conflitto economico sempre più acceso tra gli Stati Uniti e l’asse Cina-Russia l’Europa dovrebbe assumere una posizione unitaria sul fronte dei diritti, dei salari, delle politiche per l’ambiente, dell’energia, della difesa e della politica industriale, con particolare riferimento ai settori strategici per il futuro come automotive, digitale, semiconduttori.
3) Cloud ed energia
La pandemia ha accelerato l’utilizzo dei servizi cloud da parte delle aziende, con una migrazione guidata da logiche di ottimizzazione anche energetica, a fronte del grande risparmio di spostamenti e di mancato utilizzo di risorse locali. In questo contesto, si è iniziato a incoraggiare – con l’adozione di voucher – Scuole, Comuni e ASL alla migrazione al cloud dei propri servizi. Con l’avvento della crisi del settore elettrico anche i cloud provider si trovano in grave difficoltà al pari delle altre industrie energivore. E’ necessario che anche le PMI italiane che offrono servizi cloud siano protette in quanto parte di una filiera fondamentale e strategica per il Paese. Quali misure specifiche proponete per arginare la crisi energetica che impatta questo settore?
Ribadisco la nostra massima attenzione verso le infrastrutture digitali strategiche per il Paese. Avrete in Parlamento persone che fanno di questa tematica un loro faro da sempre e che hanno declinato il PNRR proprio in questa direzione. Purtroppo, l’inflazione generalizzata e, in particolare, l’aumento dei prezzi impatta su tutte le filiere produttive. Data l’entità del problema penso che la soluzione non sia solo il bonus una-tantum (che comunque darà un po’ di respiro), la politica deve risolvere il problema alla radice. Per questo sosteniamo l’idea di un’azione diplomatica sul piano Europeo – sino ad oggi non evidente – per tentare di sanare almeno in parte la situazione. Purtroppo, tutte le misure – che comportano una spesa pubblica ingente – risulteranno dei semplici palliativi.
Completo il discorso sulle infrastrutture strategiche parlando di telecomunicazioni poiché trovo dei parallelismi.
Come è noto nel corso dei nostri governi abbiamo sostenuto in ogni modo l’accesso alla connettività, specie per le realtà più critiche e per le famiglie meno abbienti. Presenteremo nei primi giorni di legislatura una proposta di legge di riforma costituzionale per inserire l’accesso alla rete veloce tra i diritti costituzionali. Questo non sarà solo un atto di forma ma porterebbe alle misure di sostanza poiché lo Stato dovrà fare tutto il possibile per garantirlo.
Parlo di misure di sostegno all’accesso sulla scorta delle esperienze già maturate, di formazione, di abbattimento delle diverse barriere burocratiche che oggi ostacolano la messa a terra dello stesso PNRR.
PD
1) Misure a sostegno dell’industria italiana del cloud
Raramente si è potuto osservare un mercato così concentrato e oligopolista quale nel digitale proprio quello dei servizi Cloud, dominato da tre grandi player americani. Al prossimo Governo è affidato il compito di risolvere una serie di problemi a cui sinora non si è riusciti a porre rimedio. Alcuni degli obiettivi, evidentemente, non erano facili da raggiungere viste le numerose scadenze del piano di ripresa e resilienza. Fondamentale in questa prospettiva è la gestione strategica della commessa pubblica, valorizzando e promuovendo lo sviluppo di competenze locali. Paradossalmente questa domanda pubblica al momento sembra favorire essenzialmente tecnologie estere. Quali sono secondo voi le misure per riequilibrare il mercato?
Un mercato libero, competitivo, in cui tutti i player possano sprigionare liberamente la propria capacità tecnica ed innovativa è un presupposto essenziale per la crescita tecnologica in termini di servizi offerti alle imprese ed ai cittadini. L’Italia deve prendere parte a questa competizione, valorizzando l’enorme mercato di competenze di cui dispone, in modo da sviluppare servizi in grado di essere non solo rispondenti alle specificità europee e nazionali, ma anche in grado di essere esportati in altri mercati. Per questo bisogna supportare un forte investimento in ricerca e sviluppo, cercando di offrire soluzioni che possono accelerare la transizione digitale del tessuto produttivo e della pubblica amministrazione. Bisogna innervare d’innovazione il tessuto produttivo italiano, generando percorsi di formazione avanzata e decontribuzione per le imprese che assumono lavoratori impegnati nella transizione digitale e sostenendo l’integrazione di tecnologie emergenti, quali: Blockchain, IoT, AI, Cloud, Quantum Computing, Sistemi Embedded, Data Mining, Cyber Security, Sistemi di calcolo ad alte prestazioni.
2) Cloud e indipendenza: il riconoscimento degli operatori locali
La sfida del prossimo Governo è quella di compiere un sostanziale passo in avanti rispetto a questa situazione. La percezione è infatti che il quadro attuale non abbia fornito una spinta sufficiente alle PMI italiane attive nel settore. La scommessa del prossimo Governo è che, oltre ad assicurare una maggiore equità nella partecipazione dei diversi soggetti nazionali al valore dei dati, i benefici in termini di stimolo all’economia siano tali da far crescere gli operatori locali. In Europa, infatti, si stima una crescita 500.000 posti di lavoro e investimenti di circa 200 miliardi di euro entro il 2027. FSenza decisioni importanti, l’Italia potrebbe perdere tutto il vantaggio economico e sociale in questo mercato. Al netto del fatto che acquisire servizi americani su licenza non garantisce la protezione dei dati (es. cloud act americano) i maggiori Stati europei stanno progressivamente acquisendo la rilevanza strategica dei loro mercati nazionali, anche in termini di cybersecurity e di indipendenza. Cosa fare dunque riportare in Italia il valore sottratto dai cloud provider extraeuropei e come ottenere un rigoroso rispetto delle normative europee?
In un’economia digitale in cui il dato è un elemento di estremo valore, la sicurezza delle infrastrutture dei cittadini e delle imprese è un tema di primaria importanza. Il nostro Paese è protagonista nel processo di definizione di strumenti comunitari volti a salvaguardare alti standard di gestione delle informazioni e la loro tutela, da ultimo il Cyber 1 Resilience Act, e si è anche dotato di una agenzia dedicata alla cybersicurezza e di una strategia nazionale. Un documento strategico che punta a costruire un ecosistema di cybersicurezza fondato sulla collaborazione tra i settori pubblico e privato e rafforzare il grado di Autonomia strategica nazionale ed europea nel settore del digitale. E’ evidente pertanto che il nostro Paese, e in particolare le Istituzioni, devono adoperarsi per mettere in sicurezza il percorso lungo cui si dipana la transizione digitale, grazie ad un’azione costante di monitoraggio, adeguamento tecnologico, normativo e del quadro delle competenze, andando verso l’obiettivo di cessare una dipendenza che, come abbiamo visto in questi frangenti di guerra, è fondamentale per la sicurezza del Paese. In effetti, fino al 23 febbraio pensavamo che il nemico fosse la Cina, intanto ci riempivamo di antivirus russi. Possiamo essere competitivi solo se i paesi Europei si uniscono e insieme collaborano nel risolvere le sfide tecnologiche che verranno nei prossimi anni.
3) Cloud ed energia
La pandemia ha accelerato l’utilizzo dei servizi cloud da parte delle aziende, con una migrazione guidata da logiche di ottimizzazione anche energetica, a fronte del grande risparmio di spostamenti e di mancato utilizzo di risorse locali. In questo contesto, si è iniziato a incoraggiare – con l’adozione di voucher – Scuole, Comuni e ASL alla migrazione al cloud dei propri servizi. Con l’avvento della crisi del settore elettrico anche i cloud provider si trovano in grave difficoltà al pari delle altre industrie energivore. E’ necessario che anche le PMI italiane che offrono servizi cloud siano protette in quanto parte di una filiera fondamentale e strategica per il Paese. Quali misure specifiche proponete per arginare la crisi energetica che impatta questo settore?
il tema del costo energetico dei servizi digitali accresce in proporzione alla diffusione di tali servizi. E’ necessario incentivare la ricerca verso tecnologie in grado di ridurre il carattere energivoro di tali infrastrutture, in modo da non comprometterne la diffusione e garantirne al tempo stesso la sostenibilità. Una sfida che potrebbe vedere l’Europa come leader, data anche la forte sensibilità nell’Unione europea rispetto ai temi ambientali. Nello specifico, per un migliore controllo dei prezzi dell’energia elettrica, vogliamo introdurre in via transitoria per 12 mesi un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica attraverso la fissazione di un tetto nazionale al prezzo dell’elettricità (100 euro/Mwh) per imprese e utenze domestiche. Un’altra misura importante per la filiera è il raddoppio del credito d’imposta per compensare gli extra-costi delle imprese per gas e elettricità a partire dal mese di giugno di quest’anno (dal 25 al 50 per cento per le imprese energivore come i cloud provider), da finanziare con la proroga e l’estensione del contributo straordinario sugli extra profitti delle imprese energetiche.
Lega
1) Misure a sostegno dell’industria italiana del cloud
Raramente si è potuto osservare un mercato così concentrato e oligopolista quale nel digitale proprio quello dei servizi Cloud, dominato da tre grandi player americani. Al prossimo Governo è affidato il compito di risolvere una serie di problemi a cui sinora non si è riusciti a porre rimedio. Alcuni degli obiettivi, evidentemente, non erano facili da raggiungere viste le numerose scadenze del piano di ripresa e resilienza. Fondamentale in questa prospettiva è la gestione strategica della commessa pubblica, valorizzando e promuovendo lo sviluppo di competenze locali. Paradossalmente questa domanda pubblica al momento sembra favorire essenzialmente tecnologie estere. Quali sono secondo voi le misure per riequilibrare il mercato?
La tecnologia è centrale nello sviluppo economico e senza indipendenza tecnologica, non ci sarà sviluppo economico.
Il Recovery fund rappresenta un’occasione da non perdere.
Quel che ancora sembra mancare è la volontà di fare quel salto che non è solo tecnologico e di crescita economica, ma di vera difesa della sovranità, italiana ed europea.
Il valore ed il potere del cloud si ritrovano nei servizi e nel software, quindi è lì che il Paese dovrebbe investire (anche grazie al Recovery Fund) e concentrare maggiormente le proprie risorse.
Peraltro, centralizzare i server della PA non riduce di per sé i problemi di sicurezza, anzi per certi aspetti li aumenta. Il vantaggio del cloud consiste invece nel distribuire e copiare i dati su vari data-center creando così dei back-up in grado di sopravvivere a singoli eventi catastrofici. In altre parole, la maggiore sicurezza del cloud deriva dal suo modello distribuito, non dalla concentrazione in singoli silos.
Inoltre, la creazione di un cloud di Stato potrebbe rivelarsi poco utile se, allo stesso tempo, non si proceda ad un’opera di trasformazione digitale della PA, il che comporta, inter alia, la reingegnerizzazione dei processi, l’interoperabilità dei dati e l’investimento sulla capacità informatiche del personale.
Il dibattito sulla “cloudificazione” della PA non deve però farci dimenticare che tutto il Paese ha bisogno di una politica generale per il cloud, che deve incardinarsi nei processi europei in corso.
L’obiettivo strategico delle tecnologie cloud è massimizzare il valore d’uso e il valore di scambio dei dati e abbattere le barriere all’accesso ai processi digitali da parte dei cittadini e delle piccole e medie imprese.
Lo scopo ultimo del cloud è l’inclusione economica e sociale tramite l’interoperabilità degli scambi informativi, non la costruzione di casseforti digitali con le chiavi in mano alla politica. Per far questo serve contemperare la doverosa garanzia di sicurezza ed efficienza con l’impegno a mantenere un contesto di innovazione continua e concorrenza vivace, evitando di ricostituire l’Iri in salsa digitale.
Questo piano dovrebbe puntare alla sovranità ed all’autonomia tecnologica del Paese in termini realistici, quindi non vagheggiando una (impossibile) autarchia italica nel settore, ma spingendo semmai per la crescita delle risorse interne, la diversificazione dei fornitori esteri e la non-dipendenza da specifici operatori, tecnologie o servizi, specie se extraeuropei.
La crescita delle risorse interne dovrebbe essere trainata, laddove possibile, dalla forza d’acquisto della PA. Pertanto, occorrerebbe fare in modo che le gare CONSIP siano strutturate, quanto meno, in modo da permettere alle piccole-medie imprese (normalmente italiane) di poter competere ad armi pari con gli operatori globali (normalmente extraeuropei).
2) Cloud e indipendenza: il riconoscimento degli operatori locali
La sfida del prossimo Governo è quella di compiere un sostanziale passo in avanti rispetto a questa situazione. La percezione è infatti che il quadro attuale non abbia fornito una spinta sufficiente alle PMI italiane attive nel settore. La scommessa del prossimo Governo è che, oltre ad assicurare una maggiore equità nella partecipazione dei diversi soggetti nazionali al valore dei dati, i benefici in termini di stimolo all’economia siano tali da far crescere gli operatori locali. In Europa, infatti, si stima una crescita 500.000 posti di lavoro e investimenti di circa 200 miliardi di euro entro il 2027. FSenza decisioni importanti, l’Italia potrebbe perdere tutto il vantaggio economico e sociale in questo mercato. Al netto del fatto che acquisire servizi americani su licenza non garantisce la protezione dei dati (es. cloud act americano) i maggiori Stati europei stanno progressivamente acquisendo la rilevanza strategica dei loro mercati nazionali, anche in termini di cybersecurity e di indipendenza. Cosa fare dunque riportare in Italia il valore sottratto dai cloud provider extraeuropei e come ottenere un rigoroso rispetto delle normative europee?
Attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, IBM) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;
il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l’immediato futuro. L’obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;
in un’epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);
occorre considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l’applicabilità della legislazione americana, ed in particolare il cosiddetto «Cloud Act», che può variare a seconda degli accordi assunti con i vari Stati europei. Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina; come altri Paesi dell’Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata.
3) Cloud ed energia
La pandemia ha accelerato l’utilizzo dei servizi cloud da parte delle aziende, con una migrazione guidata da logiche di ottimizzazione anche energetica, a fronte del grande risparmio di spostamenti e di mancato utilizzo di risorse locali. In questo contesto, si è iniziato a incoraggiare – con l’adozione di voucher – Scuole, Comuni e ASL alla migrazione al cloud dei propri servizi. Con l’avvento della crisi del settore elettrico anche i cloud provider si trovano in grave difficoltà al pari delle altre industrie energivore. E’ necessario che anche le PMI italiane che offrono servizi cloud siano protette in quanto parte di una filiera fondamentale e strategica per il Paese. Quali misure specifiche proponete per arginare la crisi energetica che impatta questo settore?
Sostenere le imprese a formare, assumere e a mantenere in Italia i lavoratori del comparto cloud. In quest’ottica va immaginata una decontribuzione specifica per aiutare il settore che più di tutti farà assunzioni nel prossimo quinquennio e che oggi non riesce, a causa dell’elevato costo del lavoro, ad essere competitivo con le offerte che arrivano da aziende estere con particolare riferimento a quelle extra europee.
L’Unione Europea ha richiamato più volte il concetto di autonomia tecnologica, che si sostanzia con il detenere tecnologie proprietarie, il cui codice sorgente sia versato su Data Center di aziende europee. Per ottenere questo obiettivo sono necessarie un mix di scelte che sostengano la creazione di codici numerici di protezione e la presenza sul mercato delle aziende europee che operano in questo campo. In questo quadro l’Italia deve fare la sua parte, incentivando il ricorso a tecnologie nazionali o europee, sia quando si tratta di sostenere la domanda da parte dei privati, sia quando si tratta di determinare i parametri di valutazione di offerta nell’ambito del Public procurement, a partire da indirizzi chiari che vanno dati in tal senso alle centrali di acquisto. Vanno inoltre sostenute le operazioni straordinarie tese a portare (o a mantenere) in Italia, realtà produttive, Pmi e startup.
Italia Viva
1) Misure a sostegno dell’industria italiana del cloud
Raramente si è potuto osservare un mercato così concentrato e oligopolista quale nel digitale proprio quello dei servizi Cloud, dominato da tre grandi player americani. Al prossimo Governo è affidato il compito di risolvere una serie di problemi a cui sinora non si è riusciti a porre rimedio. Alcuni degli obiettivi, evidentemente, non erano facili da raggiungere viste le numerose scadenze del piano di ripresa e resilienza. Fondamentale in questa prospettiva è la gestione strategica della commessa pubblica, valorizzando e promuovendo lo sviluppo di competenze locali. Paradossalmente questa domanda pubblica al momento sembra favorire essenzialmente tecnologie estere. Quali sono secondo voi le misure per riequilibrare il mercato?
C’è la necessità di un disegno strategico per valorizzare le competenze italiane e le imprese del nostro Paese. Un passaggio importante è senza ombra di dubbio quello del cambio di passo in Italia sul tema della digitalizzazione e delle infrastrutture digitali. In quest’ottica è funzionale fare un esempio concreto, quello del progetto per costruire un nuovo hub di attracco per cavi sottomarini a Genova. Il porto del capoluogo ligure diventerà un punto di interconnessione strategico per un sistema di cavi sottomarini, creando la connettività più forte in Europa e contribuendo a costruire una società digitale inclusiva per tutti. Un passo in avanti verso un cambio di visione che deve avere come obiettivo anche quello di riequilibrare il mercato del settore e favorire lo sviluppo, la crescita e incentivare i soggetti attuatori e gli stakeholders anche dell’industria italiana del cloud.
Il Piano 4.0 realizzato dall’allora Ministro Carlo Calenda con il Governo Renzi è stata la principale iniziativa di politica industriale degli ultimi 30 anni. Grazie a questa, gli investimenti e la produttività hanno raggiunto livelli superiori a quelli delle imprese tedesche. È dunque necessario concentrarsi su un disegno strategico che includa anche l’industria italiana del cloud per concentrare risorse su strumenti fiscali a supporto degli investimenti delle imprese. Il primissimo passo di questo percorso deve essere quello di ripristinare e rafforzare Industria 4.0, depotenziata dai recenti Governi, aggiornando la lista dei beni agevolati, includendo in primis le nuove tecnologie, e aumentando il tetto massimo per gli investimenti.
2) Cloud e indipendenza: il riconoscimento degli operatori locali
La sfida del prossimo Governo è quella di compiere un sostanziale passo in avanti rispetto a questa situazione. La percezione è infatti che il quadro attuale non abbia fornito una spinta sufficiente alle PMI italiane attive nel settore. La scommessa del prossimo Governo è che, oltre ad assicurare una maggiore equità nella partecipazione dei diversi soggetti nazionali al valore dei dati, i benefici in termini di stimolo all’economia siano tali da far crescere gli operatori locali. In Europa, infatti, si stima una crescita 500.000 posti di lavoro e investimenti di circa 200 miliardi di euro entro il 2027. FSenza decisioni importanti, l’Italia potrebbe perdere tutto il vantaggio economico e sociale in questo mercato. Al netto del fatto che acquisire servizi americani su licenza non garantisce la protezione dei dati (es. cloud act americano) i maggiori Stati europei stanno progressivamente acquisendo la rilevanza strategica dei loro mercati nazionali, anche in termini di cybersecurity e di indipendenza. Cosa fare dunque riportare in Italia il valore sottratto dai cloud provider extraeuropei e come ottenere un rigoroso rispetto delle normative europee?
La crescita delle imprese italiane e la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore delle nuove tecnologie e della digitalizzazione deve essere un’assoluta priorità. Le Piccole Medie Imprese in Italia sono moltissime e una parte di queste si occupa di cloud, in più c’è da sottolineare come siano molti i giovani italiani che dopo un percorso di studi e di formazione decidano di avviare nuove imprese che si occupano di questo settore. Nel nostro Paese le imprese di piccole dimensioni rappresentano circa il 95% del totale (ma solo il 30% del PIL). E’ quindi necessario porre in essere misure che facilitino e incentivino la crescita dimensionale delle piccole aziende: innalzando la soglia dimensionale d’impresa per l’applicazione di alcuni dei più pesanti vincoli burocratici in materia di lavoro, modulando la defiscalizzazione già prevista nelle Zone Economiche Speciali per favorire la crescita delle piccole imprese e incentivare quelle di medie e grandi dimensioni, infine potenziando il credito d’imposta per i costi di quotazione delle PMI (già introdotto dal MISE nel 2017). Investire sulla digitalizzazione è una priorità per l’Italia anche e soprattutto per tenere il passo di altri Paesi sulla cybersecurity. La percezione dell’importanza della protezione dei dati è fondamentale ogni giorno di più. Basti pensare alle statistiche dei cyberattacchi alle aziende italiane negli ultimi due anni, il cui numero è in costante crescita. La politica ha il dovere di occuparsene con priorità, una situazione geopolitica in evoluzione ce lo chiede a gran voce.
3) Cloud ed energia
La pandemia ha accelerato l’utilizzo dei servizi cloud da parte delle aziende, con una migrazione guidata da logiche di ottimizzazione anche energetica, a fronte del grande risparmio di spostamenti e di mancato utilizzo di risorse locali. In questo contesto, si è iniziato a incoraggiare – con l’adozione di voucher – Scuole, Comuni e ASL alla migrazione al cloud dei propri servizi. Con l’avvento della crisi del settore elettrico anche i cloud provider si trovano in grave difficoltà al pari delle altre industrie energivore. E’ necessario che anche le PMI italiane che offrono servizi cloud siano protette in quanto parte di una filiera fondamentale e strategica per il Paese. Quali misure specifiche proponete per arginare la crisi energetica che impatta questo settore?
I servizi cloud hanno consentito all’Italia e al mondo di non paralizzarsi durante la pandemia. Grazie alla digitalizzazione e alle tecnologie il lavoro è andato avanti in molti settori e nella problematicità generale abbiamo assistito ad una nuova visione più incoraggiante anche nella Pubblica Amministrazione, dove Comuni, Scuole e Asl per esempio hanno dovuto fare necessariamente uno scatto in avanti in termini di modernizzazione dell’approccio alla quotidianità. Le PMI italiane che offrono servizi cloud per questo vanno maggiormente tutelate e protette, anche se è necessario fare un ragionamento più ampio per mettere sul tavolo soluzioni concrete e non temporanee alla crisi energetica che sta mettendo in grande difficoltà famiglie e imprese italiane. Sì quindi agli aiuti fondamentali per superare questo periodo, ma soprattutto va messo in campo al più presto un disegno complessivo legato sempre più all’autosussistenza energetica. L’indipendenza dal gas russo è diventata una questione di sicurezza nazionale e come tale deve essere affrontata. In estrema sintesi riteniamo necessario completare con procedure straordinarie la costruzione di due rigassificatori galleggianti che consentano l’importazione di gas naturale liquefatto in sostituzione di quello russo, aumentare la produzione di gas nazionale riattivando e potenziando gli impianti esistenti, rafforzare in modo netto la strategia sulle energie rinnovabili, ribadire in EU un price cap a tutto il gas importato per ridurre anche il costo dell’energia elettrica.