La nostra privacy sacrificata in nome dell’antiterrorismo americano. Fino a che punto siamo in grado di accettare questa situazione? Quanto siamo disposti a rinunciare alla riservatezza delle nostre conversazioni e dei nostri dati sensibili?
Domande che dovremmo porci in seguito alla fresca notizia che il Prism, programma di sorveglianza della National Security Agency statunitense (Nsa), sta costituendo una rete spionistica su vasta scala che vede coinvolto anche l’Italia.
Dopo la Francia, anche il “Bel Paese” si trova implicato nel vortice di intercettazioni, riguardanti sms, mail e telefonate, che il Prism sta attuando dal 2007, dai tempi della seconda presidenza George W. Bush, monitorando il traffico da e verso gli Stati Uniti in una strategia antiterroristica.
Tempestiva la richiesta di chiarimenti del vertice del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) al governo Usa.
“Ci hanno spiegato che il loro scrupolo principale è stato quello di rispettare le leggi americane sulla privacy e intervenire a tutela della sicurezza del Paese. Che tutto questo confligga con le leggi nazionali di Paesi alleati è un punto di vista che loro non hanno, ma che noi dovremmo avere”, spiega Claudio Fava, deputato di Sel e componente del Copasir.
“Al governo chiediamo maggiore chiarezza e anche maggiore autorevolezza – continua Fava –. Noi, come tutti, abbiamo appreso da fonti di stampa che persino l’ambasciata italiana a Washington era sotto intercettazione. Ci saremmo aspettati un gesto di chiarezza dal governo. Da quello che abbiamo saputo da fonte americana i servizi italiani sono sempre stati al corrente di questa attività di monitoraggio, che interveniva anche pesantemente sulla privacy dei cittadini italiani”.
L’occasione per avere chiarimenti dal governo è già fissata per mercoledì pomeriggio, quando a Palazzo San Macuto arriverà il sottosegretario delegato Marco Minniti.