Sono trascorsi 30 anni da quando la società di ricerca Gartner ha introdotto e divulgato il concetto di Total Cost of Ownership (TCO), che definisce il costo della manutenzione delle infrastrutture tecnologiche per le imprese nel lungo periodo.
In questo lungo lasso di tempo la tecnologia e il business hanno subito cambiamenti epocali, ma il concetto di TCO è cambiato poco e spesso non risulta chiaro. Sebbene i costi del software si siano evoluti da un modello di licenze complesse a servizi Cloud pay-as-you-go, i clienti lamentano talvolta la mancanza di trasparenza da parte dei cloud provider, fattore che impedisce di poter stimare i costi di gestione, ad esempio, dello storage e di altri servizi. In particolare, questo problema coinvolge la migrazione di applicazioni più datate verso il Public Cloud. In questo contesto è fondamentale poter calcolare il costo totale di gestione per l’azienda di un’applicazione complessa – e ancora critica – su una piattaforma in esecuzione in un data center con aggiornamenti e manutenzione manuali, così da comprendere come varierebbe il costo totale di gestione dell’applicazione nel Public Cloud, compresi gli oneri di adattamento alla struttura del cloud nativo e della migrazione.
Un asset fondamentale
La capacità di ottimizzare i costi e ridurre le difficoltà di gestione delle infrastrutture e del software nel proprio data center è uno dei principali motivi che spingono molte aziende a passare al cloud. I costi direttamente legati all’acquisizione di infrastrutture e software rappresentano una piccola parte di uno scenario più ampio.
La sfida di spostare le applicazioni sul cloud e i costi potenzialmente elevati associati a questo processo hanno indotto molte organizzazioni ad adottare un approccio multi-cloud, basato sulla coesistenza di provider diversi e talvolta concorrenti tra loro, ma con il grande vantaggio di abbattere il lock-in. Secondo le stime degli istituti di ricerca, il prossimo anno ben il 90% delle aziende utilizzerà più di una piattaforma per elaborare i propri dati. Grazie a questa “diversificazione”, le aziende possono valutare i requisiti di prestazione associati ad un portafoglio di applicazioni progettate per migrare al cloud: un passo fondamentale per ottenere il controllo sul TCO nel cloud.
Una volta definite, le priorità devono essere comunicate al fornitore, mentre si valutano i servizi cloud secondo alcuni criteri che vanno dalla prevedibilità dei costi di migrazione iniziale – e soprattutto di quelli futuri – alla flessibilità e modularità nell’adozione dell’infrastruttura per potenziare la performance delle applicazioni, fino al controllo che consente di reagire rapidamente al cambiamento delle esigenze e dei relativi picchi, con l’obiettivo di modulare i costi di conseguenza.
Il calcolo effettivo del TCO del cloud rispetto all’on-premise va oltre un immediato confronto dei costi delle semplici infrastrutture, e comprende un’analisi dei costi di servizio e supporto per tutta la durata della soluzione.
Un’analisi organica del TCO deve includere tre elementi principali:
· costi degli investimenti: hardware e software locali
· costi di gestione: spese per il servizio, supporto e mantenimento, business continuity
· costi indiretti: potenziali downtime e ritardi nel lancio di nuovi prodotti o servizi sul mercato
Il confronto delle soluzioni rispetto a questi tre tipi di costi ci impone di prendere in considerazione una serie di fattori correlati. Nel caso di soluzioni on-premise, i costi di investimento includono l’hardware e l’acquisizione di licenze software o abbonamenti per gestire infrastrutture e applicazioni. In aggiunta, se un nuovo data center viene realizzato per questo scopo, parte dei costi indiretti relativi a questa nuova infrastruttura dovrebbe essere inclusa nel budget totale del progetto. Sia il public cloud che le soluzioni hosted non richiedono alcun investimento, poiché non è necessario acquistare infrastrutture. Ciò riduce al minimo le spese a lungo termine ed evita il congelamento di liquidità in asset fissi.
Comparando questi due modelli, la decisione di scegliere un percorso specifico è in ogni caso basata su un maggior numero di variabili piuttosto che sul semplice costo della sola infrastruttura o dell’energia elettrica consumata. Si tratta di costi operativi che coprono le spese relative all’installazione, configurazione e manutenzione dell’applicazione durante tutto il suo ciclo di vita e possono rappresentare una componente importante dei costi IT complessivi. I costi del personale sono generalmente la voce più consistente dei costi operativi per un approccio IT “locale”. Al contrario, l’utilizzo di servizi gestiti nel cloud consente ai dipartimenti IT di concentrarsi su progetti più strategici che generano un alto valore aggiunto e ricavi per l’azienda, e non su problemi operativi. Oltre al Capex e all’Opex, un’azienda deve anche tener conto dei costi indiretti legati, per esempio, alla mancata disponibilità dell’infrastruttura IT.
Trasparenza dei processi e dei costi
Forrester Research afferma che solo ¼ delle aziende effettua un’analisi precisa prima della selezione del provider e della migrazione al cloud. Ciò è principalmente dovuto alla mancanza di regole chiare e precise, oltre che spesso alle difficoltà nella raccolta dei dati necessari. Per questa ragione è opportuno che il piano di migrazione al cloud sia affrontato con un provider affidabile, in grado di comprendere e supportare il cliente in funzione di esigenze diverse, con soluzioni i cui costi saranno adeguati ai benefici attesi.
Il caso OmniNet
Quando si parla di costi la chiarezza assume una valenza fondamentale: affidandosi a OVHcloud tutto il processo di calcolo degli oneri da sostenere viene facilitato, all’insegna di una semplice definizione: trasparente.
Ciò significa che l’investimento necessario, sin dal primo ordine, è definito, chiaro e senza alcun costo nascosto ed imprevisto.
Ed è proprio questo elemento valoriale che fa da cornice al caso reale di OmniNet, società di consulenza IT situata nel vicentino, che ha fatto ricorso ai servizi di OVHcloud, erogati sia in modalità on-demand sia pay-as-you-go. Le valutazioni approfondite condotte da OmniNet, mediante un benchmark tra “on-premise vs cloud”, hanno portato a stimare che un unico server fisico di tipo 1U genera una spesa variabile annua per la sola energia elettrica destinata all’alimentazione degli apparati hardware pari a circa 1200€. Questo calcolo non include la messa in sicurezza, le tecnologie di condizionamento e raffreddamento, la connettività e relativa capacità, che fanno inevitabilmente lievitare i costi totali.
L’approccio sopra esposto riduce notevolmente i rischi relativi allo sforamento del budget concordato, garantendo al cliente l’assoluta tranquillità nell’investimento da effettuare ed evitando molteplici conseguenti complicazioni.