A forza di citare Blockchain in ogni contesto possibile, è cresciuto di un 12% il totale degli italiani che “sa in generale di cosa si tratti”, con soltanto un +2% rispetto allo scorso anno in grado di definire in modo preciso il significato di questa tecnologia.
Scesi da un 52% a un 31% gli intervistati che dichiarano di non aver mai sentito la parola Blockchain.
Nonostante questo, Blockchain resta la tecnologia con cui le persone hanno meno confidenza, soprattutto se paragonata a social network, ben conosciuto dal 69% degli utenti, a intelligenza artificiale o realtà aumentata e virtuale (33%).
Questo uno dei dati emersi dalla seconda edizione della ricerca Retail Transformation 2.0, elaborata dal Digital Transformation Institute e Cfmt.
L’identikit di chi conosce meglio Blockchain
Uomo, con grado di istruzione elevato e competenze digitali avanzate. Questo sarebbe l’identikit della persona che afferma di conoscere Blockchain, visto che gli uomini dichiarano di conoscere la tecnologia nel 52% dei casi (il 17% in più rispetto alle donne), dichiarando un grado di istruzione elevato (52%) e competenze avanzate (62%).
Alla Blockchain, secondo la stessa ricerca, vengono associate le parole dati, struttura, registro e transazioni, insieme a fiducia e sicurezza.
Permane anche nella rilevazione di questo anno l’associazione di idee tra blockchain e moneta virtuale, visto che tra le definizioni fornite dagli utenti si trova: “È la tecnologia sulla quale si basano le cripto-valute”.
Quali le esperienze con questa tecnologia?
Nonostante cresca il grado di confidenza con il termine Blockchain, dichiara di non aver mai acquistato un prodotto facendo riferimento alla sua tracciabilità garantita tramite Blockchain il 69% degli italiani (erano l’81% nel 2018).
Solo un 6% dice di essere un “utente regolare” e un 25% afferma che gli è “capitato di provare”, con un +16% rispetto allo scorso anno per i millennials.
È quasi parità tra gli utenti che si sentono completamente a loro agio con blockchain (28%) e quelli invece che non lo sono affatto (30%).
Interessante il dato di quelli che, pur non avendo mai provato Blockchain, si dichiarano interessati a testare le opportunità di questa tecnologia (41%).
Chi ha usato le criptomonete?
Pressoché invariata la percentuale di persone che dichiarano di non aver mai usato criptomonete (80% a fronte di un 81% del 2018), a indicare come la tecnologia blockchain, nella sua espressione più forte e significativa, ha trovato per ora un momento di saturazione, che impone una riflessione sulla differenza tra il tempo del quale le persone hanno bisogno per assorbire l’innovazione e quello che le aziende vorrebbero che fosse.
Un 3% degli italiani si dichiara “utente regolare” e un 17% dice che gli è capitato di provare. Tra questi, un netto incremento (+13%) lo si registra tra i millennials, i 18-34 anni (+9%) e coloro che presentano competenze digitali alte (+7%). Poco confortante il dato di coloro che, pur non avendo mai fatto ricorso a una moneta virtuale, sono interessati a sperimentarla (19%).
Blockchain e possibili sviluppi
Dalla richiesta circa possibili applicazioni di Blockchain, emerge che un 46% degli italiani si dichiara interessato a “realizzarci contratti elettronici” perché “questo ci farà risparmiare tempo e denaro, garantendoci affidabilità”.
Un 45% ritiene che la Blockchain sia una tecnologia imprescindibile per garantire la tracciabilità dei prodotti, mentre un 28% afferma che “un giorno non utilizzeremo più denaro ma solo criptovalute come i Bitcoin”.
Come riferito in una nota ufficiale da Stefano Epifani, Presidente del Digital Transformation Institute, commentando i dati: «Blockchain è forse la tecnologia che nel corso degli ultimi 12 mesi è stata più sovraesposta e, allo stesso tempo, fraintesa. Guardare al numero di quanti pensano di sapere di cosa si tratta e rapportarlo a quanti la usano effettivamente dà immediatamente contezza di quanto tale convinzione di competenza sia spinta da un tam tam mediatico privo di conseguenze pratiche in termini progettuali. E non è un caso che mentre abbondino proof of concept siano rari i proof of work».