Nell’epoca della trasformazione digitale essere in grado di sfruttare i dati in maniera corretta può essere il discrimine tra un’impresa di successo ed una destinata al fallimento. I dati sono un patrimonio sempre più importante che va gestito con le soluzioni più professionali e su misura possibile. Un vero professionista nel data management è Cloudera che per il 2018 punta tutto su Machine Learning, Analytics e Cloud, tutti declinati in maniera innovativa e volti alla generazione di valore per il cliente. Ne abbiamo parlato con Michele Guglielmo, Regional Sales Manager Mediterranean di Cloudera.
Ci troviamo nell’epoca della rivoluzione digitale. I dati stanno crescendo sempre di più e soprattutto diventano strategici per le aziende nell’ottica dell’acquisizione di un vantaggio competitivo sulla concorrenza, mentre chi resta indietro rischia di venire estromesso dal mercato…
Il dato è il nuovo petrolio e le aziende stanno capendo che essere data driven può essere davvero un fattore determinante come dimostrato dal fatto che le aziende con maggiore capitalizzazione a livello borsistico americano sono realtà che hanno fatto della gestione dei dati il loro business (si pensa ad Amazon, Facebook, Apple, Microsoft, Google e così via). A differenza del petrolio però i dati hanno un plus in più perché il dato non si consuma, ma genera ulteriori informazioni. Ogni volta che vado a manipolare il dato per creare qualcosa genero altri dati, dando vita a una catena virtuosa che porta alla generazione di maggiore conoscenza, potenzialmente all’infinito.
Ma le aziende italiane hanno capito davvero l’importanza di essere data driven?
In Italia il fermento è molto forte. Stiamo attraversando una sorta di mini rivoluzione e per una volta ci troviamo in una posizione privilegiata rispetto ad altri Paesi europei. Le nostre aziende sono molto recettive perché sentono l’esigenza di coprire il gap tra il voler fare ed il tradurre davvero questa comprensione del fenomeno in qualcosa di concreto.
Come le supporta Cloudera?
Insieme ai nostri partner e ai nostri professional services Cloudera cerchia di colmare questo gap rendendo le aziende consapevoli di cosa significhi affrontare davvero un progetto Big Data, che per sua natura porta all’interno un livello piuttosto elevato di complessità. Cerchiamo di rendere più fluida l’adozione di tutti quegli strumenti che consentono di creare analisi e conoscenza, rafforzando la posizione dell’azienda sul mercato.
Quali sono i vertical più recettivi?
Storicamente il mondo del Finance, il mondo dell’Energy, le Telecomunicazioni e il Retail, anche se troviamo progetti abbastanza avanzati anche in altri ambiti, si pensi all’automotive e all’insurance. Ad esempio Octo Telematics si occupa di un filone specifico dell’IoT relativo all’acquisizione del dato delle scatole nere all’interno di un automobile consentendo così la profilazione dei clienti, la loro gestione, l’individuazione del fattore di rischio e così via.
A proposito di IoT, Cloudera ha dichiarato di stare investendo molto su quest’area. Interessanti anche le possibili applicazioni in ambito industriale e manifatturiero. A che punto siete? È una scommessa che state vincendo?
Stiamo lavorando attivamente anche nel manifatturiero, ma con ancora poche risorse, ma in generale il mondo dell’IoT è una scommessa molto forte per noi di Cloudera. In ambito Energy cominciano a vedersi i primi frutti, grazie a tutto l’ecosistema che si è creato intorno all’IoT, che comunque resta un universo ancora tutto da esplorare.
Oggi si parla molto di Industry 4.0 riferendosi alla robotica, alla catena di montaggio… ma non si esaurisce tutto lì perché sono tanti gli elementi da mettere a fattor comune e tante le possibili applicazioni. Si pensi ad esempio alla possibilità di far crescere o diminuire la produzione di una fonderia a seconda delle condizioni atmosferiche piuttosto che di una serie di elementi esterni al concetto di fabbrica in sé e per sé.
La sensoristica, inoltre, è diffusa ovunque e quindi sono davvero tantissimi i campi su cui potremmo iniziare a lavorare. L’IoT si trova ancora in una fase estremamente embrionale quindi solo proseguendo nella scoperta di questa tecnologia vedremo le sue effettive applicazioni. Per intanto posso dire che Cloudera sta lavorando su progetti specifici in Italia e ci aspettiamo un 2018 particolarmente effervescente.
Tornando ai progetti Big Data, la mia impressione è che stia cambiando anche il ruolo degli analytics. Qual è la visione di Cloudera?
Cloudera ha un concetto di analytics esteso a 360°: abbiamo deciso di mettere a fattor comune quello che è l’analytics classico aziendale (quello legacy, dei data warehousing e dei sistemi che raccolgono le informazioni interne all’azienda) con tutto quello che è il nuovo mondo dei dati disponibili al di fuori dell’azienda. Occorre lavorare su tutti questi dati e Cloudera abilita le aziende a farlo.
Si inserisce in questo contesto l’acquisizione di Fast Forward Labs (FFL)?
Fast Forward Labs è un’azienda americana che si occupa di consulenza ad altissimo livello relativa all’algoritmica e alla disponibilità di nuove soluzioni di analytics per le aziende e che quindi fornisce alle aziende tutta una serie di informazioni pre-elaborate e più facilmente digeribili senza la necessità di spingersi in proof of concept e così via. A questo si affianca anche il lancio lo scorso anno di Datascience Workbench, la soluzione che consente ai data scientist di lavorare direttamente sui data lake in maniera compliant e sicura, lavorando su un set di dati assolutamente più ampio.
A proposito di data scientist, una ricerca promossa dall’Università di Harvard evidenzia come l’80% del tempo dei data scientist sia utilizzato nella preparazione del dato anziché nell’analisi del dato stesso. Questo è piuttosto allarmante. Il nostro concetto di analyitcs va invece nella direzione di una velocizzazione e standardizzazione del processo per far sì che il data scientist si occupi poco del data processing, di cui si deve occupare invece il mondo dell’IT, e si dedichi a fare data analysis.
Parliamo ora di Cloud. L’anno scorso avete lanciato Altus. Come è stata accolta dal mercato questa soluzione?
Con il cloud andiamo a toccare il terzo punto della nostra strategia per il 2018 dopo Machine Learning, e quindi mondo IoT, e Analytics. Il Cloud per noi è una sfida importantissima. Il nostro concetto di cloud si declina come multicloud ibrido nel senso che attraverso la nostra piattaforma Altus abilitiamo la gestione nella stessa maniera e con la stessa esperienza da parte dell’utente sia in cloud diversi (che sono Azure e Amazon), sia in mondi diversi: on premise, cloud e multicloud.
I clienti hanno così massima libertà di scelta e possono sfruttare al meglio tutte le potenzialità del mondo cloud, secondo i picchi e le necessità richieste. Occorre poter usare la capacità computazionale dove serve e nel momento in cui serve. Il grande vantaggio competitivo sta proprio nel poter utilizzare il cloud quando serve, per quanto serve, ottenendo i maggiori risultati possibili a bassissimo costo perché pago solo il pezzetto che sto usando.
Che ruolo ha Altus in tutto ciò?
Attraverso Altus, dove Cloudera sta investendo moltissimo, rendiamo il cliente flessibile e indipendente da qualunque piattaforma cloud perché il cliente potrà riutilizzare sia le proprie licenze on premise sia le licenze che vorrà acquistare nel cloud in modalità assolutamente identiche, portandosi dietro anche gli elementi di gestione, di sicurezza e compliance necessari. I clienti hanno capito le potenzialità di Altus e quest’anno ci aspettiamo un’adozione massiccia di questa soluzione perché abilitiamo il cliente ad utilizzare il cloud al meglio secondo le proprie necessità.
E come garantite la sicurezza delle vostre soluzioni?
Cloudera ha fatto della security il suo elemento differenziante. Sicurezza per noi non è solo quella perimetrale ma si traduce in una sicurezza anche a livello di gestione del dato.
Ogni volta che si manipola il dato, questo cambia e si vanno a produrre altri dati. Occorre essere in grado di capire durante tutta la vita di quel dato che tipo di trasformazioni sono state fatte, da chi e come.
Un altro aspetto molto importante nasce dalla collaborazione con i nostri partner. Molte aziende hanno sviluppato delle soluzioni basate sulla nostra piattaforma sfruttando da una parte la security che offriamo come sicurezza del dato e dall’altra gli elementi che offrono i partner: dei layer di analytics molto estesi e con algoritmi importanti che hanno dato il via ai classici SIEM (Security incident and event management) ma di terza generazione. Questo significa che con tutti i dati a disposizione si è in grado di andare molto più in profondità per capire cosa sta succedendo sia all’interno che all’esterno della rete e ad intercettare tutti quegli elementi di disturbo o di criticità a cui la security è sottoposta tutti i giorni.
Alla tematica della sicurezza si lega quella privacy… il 25 maggio entra in vigore il GDPR…
Cloudera ha già insita l’idea del dato gestito in maniera sicura e per cui siamo già predisposti a fornire il nostro contributo in maniera conforme al GDPR.
E invece per parlare della vostra proposta tecnologica, quali sono le novità del 2018?
Abbiamo visto che la nostra strategia si declina nell’ambito del Machine Learning, degli Analytics e del Cloud. Tutte queste componenti vengono poi accoppiate con le rispettive parti tecnologiche. Ad esempio in ambito machine learning stiamo spingendo sul concetto di Spark e NoSQL rafforzando la nostra capacità di fornire supporto su queste applicazioni e piattaforme. Lo stesso concetto si riferisce all’analytics dove abbiamo lanciato Datascience Workbench e abbiamo messo a punto l’importante operazione di acquisizione di Fast Forward Labs. Per il cloud puntiamo su Altus. E poi c’è un collante comune a tutte queste componenti che noi chiamiamo SDX, che è il concetto di virtualizzazione che consente di dare al cliente lo stesso tipo di esperienza a seconda dei vari strumenti di Big Data che ha deciso di adottare per la use case specifica, secondo necessità.
La vostra strategia in Italia si basa sul canale e sull’ecosistema. A che punto siamo?
La buona notizia è che si è consolidato il concetto di canale, soprattutto nella regione mediterranea, dove abbiamo inserito due nuove risorse: Christian Violi, Channel Sales Director per il mediterraneo e Filippo Lambiente, manager di riferimento per la prevendita tecnica.
Il nostro approccio al canale è rivisto ogni anno. Per il mondo dell’on premise, accanto ai partner top, che sono cinque, ci sono poi i partner di consulting classico e i system integrator come Accenture e Deloitte, cui si affiancano Dell e Hpe come hardware vendor che vendono anche le nostre licenze embedded nella loro proposta software.
Stiamo poi valutando se valga la pena avere in Italia un distributore a valore aggiunto, ma la questione è ancora completamente aperta sul tavolo.
La nostra idea, al momento, è quella di avere questi cinque partner su cui focalizzeremo le nostre risorse e di avere poi una serie di partner locali in grado di fornire operatività.
Un bilancio: siete soddisfatti di come si è chiuso lo scorso anno?
Assolutamente sì. Partiamo dal fatto che nel giro di un anno il nostro team italiano è quasi raddoppiato, arrivando a quota 14 risorse. Siamo in crescita e Spagna e Italia hanno raggiunto risultati particolarmente brillanti.