Dopo il caso di Edward Snowden nel 2013, che ha dato il via allo scandalo Datagate, ora torna lo spetto di una nuova talpa alla NSA, la National Security Agency statunitense. Lo scrive il New York Times, che ha rivelato come ad agosto sarebbe stato arrestato in gran segreto un contractor della potente agenzia di intelligence americana con l’accusa di avere rubato e svelato alcuni codici sviluppati dagli 007 americani per hackerare i sistemi informatici di governi (e non solo) stranieri. L’imputato è Harold Thomas Martin III, un uomo di 51 anni residente in Maryland e dipendente della Booz Allen Hamilton, la società responsabile per la realizzazione e la gestione delle operazioni cibernetiche più sensibili della NSA, dove già lavorava Snowden prima di fuggire dagli Stati Uniti e rifugiarsi in Russia.
Nel corso della perquisizione nell’abitazione dell’uomo sono stati rinvenuti almeno sei documenti contenti informazioni segretissime e definite “critiche per un’ampia serie di questioni attinenti alla sicurezza nazionale”, come alcuni codici sorgente che la NSA ha sviluppato e utilizzato per ‘forzare’ e ‘violare’ i sistemi informatici di Russia, Cina, Corea del Nord e Iran.
Martin, dopo avere negato ogni responsabilità, pare abbia ammesso in parte di aver agito in violazione delle leggi. Se giudicato colpevole, l’uomo rischia fino a undici anni di carcere. La situazione di Martin sarebbe però ben diversa da quella che ha investito Edward Snowden perché mentre quest’ultimo riuscì a sottrarre migliaia di documenti e mail che portavano alla luce l’attività di controllo americano su paesi e governi allegati, il nuovo contractor finito nell’occhio del mirino avrebbe sottratto ‘solamente’ informazioni e codici molto più datati e ristretti.