Il decreto antiterrorismo ancora nell’occhio del ciclone. Dopo che ieri il Presidente del Garante della Privacy Antonello Soro aveva sottolineato che il testo andava nella direzione di un forte sbilanciamento tra la tutela di sicurezza e privacy oggi alcune perplessità sono state sollevate anche da uno dei massimi esperti It italiani, Stefano Quintarelli, che dal suo blog si lascia andare a riflessioni che sottolineano i rischi del disegno di legge firmato dal ministro Alfano.
Se l’arresto dei tre terroristi islamici che operavano tra Italia è Balcani è stato possibile proprio grazie in virtù di questo dl, che ha sdoganato l’uso a scopo preventivo di malware da parte della polizia, non mancano però alcune perplessità.
“All’articolo 266-bis, comma 1, del codice di procedura penale – spiega Quintarelli – dopo le parole: ‘è consentita l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi’, sono aggiunte le seguenti: anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico”.
Il pericolo, a suo parere, è quello che si potrebbe arrivare alla legalizzazione del “remote computer searches” e all’utilizzo di trojan, keylogger etc da parte delle forze di polizia: una sorta di malware di Stato utilizzato non solo per i reati di matrice terroristica, ma anche per tutti quelli commessi tramite l’uso di tecnologie informatiche o telematiche.
“Se non interveniamo, da domani per qualsiasi reato commesso a mezzo del computer, dalla diffamazione alla violazione del copyright o ai reati di opinione o all’ingiuria, sarà consentito violare da remoto in modo occulto il domicilio informatico dei cittadini – scrive Quintarelli –. Ritengo vi sia la contestuale violazione dei diritti costituzionali previsti dall’art. 13 all’art. 15 della Costituzione, senza le adeguate garanzie da questa previste”.
Certo va sottolineato che l’utilizzo di malware da parte delle forze di polizia è una pratica già assodata, ma ad essere messo in discussione è il confine sottile tra attività investigativa lecita e diritto alla privacy.
“Non dico che i captatori siano sempre da vietare, ma il loro utilizzo deve esser regolato in modo se possibile ancora più stringente di quello delle intercettazioni: pena la violazione di principi costituzionali oggi più che mai fondamentali (artt.13/15 Cost)” conclude Quintarelli.