Hacker al servizio dei governi… una pratica ormai consolidata sulla quale però si cerca di mantenere un certo riserbo in nome della deniability.
Questi contatti sono presunti e mai confermati, ma è un dato appurato che in alcuni Paesi le agenzie deputate alla cyber war tengano rapporti stretti con gruppi criminali di hacker per fargli fare il “lavoro sporco”. Si pensi per esempio all’Iran, dove gruppi di criminali informatici vengono utilizzati per evitare il coinvolgimento diretto in azioni che non sarebbero proprio conformi al “protocollo”.
L’ultimo Paese, in ordine di tempo, ad ammettere la collaborazione con hacker e programmatori del settore privato è stata l’Ucraina, dove Vitaliy Nayda, capo del dipartimento per la sicurezza informatica dei servizi di sicurezza ucraini SBU, ha dichiarato di fare riferimento a gruppi di pirati informatici in funzione anti-russa, anche se si riferisce ad essi definendoli semplicemente “programmatori” e rifiutando quindi l’appellativo di ‘hacker’.
Ma a questo punto non facciamo volare la fantasia. La collaborazione è posta in un’ottica esclusivamente difensiva: l’aiuto di questi programmatori si limita infatti a scoprire vulnerabilità nei sistemi governativi prima che arrivino all’attenzione di hacker e servizi speciali russi.