A cura di
Massimiliano Oleotto
Implementare un Erp è un lavoro difficile, molto difficile. La difficoltà deriva non solo dal fatto che l’Erp è complesso ma anche dal fatto che è complesso porlo in essere, cioè fare sì che sia utilizzato appieno dall’azienda.
I motivi della complessità sono tanti. Intanto l’implementazione richiede molto tempo e molte risorse economiche, e in aggiunta ha – correttamente, beninteso – obiettivi ambiziosi. Poi impatta in maniera significativa sull’organizzazione e sulla gestione dell’azienda, tra l’altro avendo una conoscenza ancora non completa dell’azienda stessa e di come i business process dell’Erp si calano in tale realtà. Poi ancora, ricollegandoci a quanto appena detto, pone in continuazione il dilemma tra standardizzazione e personalizzazione – se si standardizza si semplifica ma si perde in differenziazione; viceversa, se si personalizza si mantiene la differenziazione ma si finisce per complicare tutto ulteriormente. Infine, bisogna considerare questioni come l’affidabilità ancora non completa di quanto si implementa oppure il rischio che, a causa della lunghezza dell’implementazione, le cose cambino.
Per l’implementazione di un Erp è quindi necessario, se non addirittura obbligatorio, ricorrere a un progetto e a una gestione professionale del progetto, che rimanda inevitabilmente a uno strumento tanto semplice quanto sofisticato come il Project Management.
Ricorrere al Project Management significa introdurre anche nell’implementazione dell’Erp concetti come il Psw (Project Statement Of Work), la Wbs (Work Breakdown Structure), l’Mbo (Management By Objectives), il Pert/Cpm (Program Evaluation & Review Technique / Critical Path Method), l’Eva (Earned Value Analysis) e via dicendo. Mediante questi e altri concetti il Project Management è in grado di affrontare un progetto non “a vista” ma in modo strutturato, cioè prima organizzandolo e poi gestendolo. In altre parole, nulla è lasciato al caso: contesto, obiettivo, durata, attività, team, comunicazione, rischi, ecc.
Ora, quando si declina il Project Management con l’implementazione di un Erp, gli aspetti più critici da prendere in considerazione sono soprattutto due: come organizzare le attività del progetto e come gestire le persone del progetto. È su questi due aspetti, infatti, che generalmente si decide la partita, ed è su questi due aspetti che vengono in aiuto un modello di organizzazione delle attività quale il Waterfall, e uno strumento di gestione delle persone quale il Change Management.
Il modello Waterfall, ossia il modello a cascata, prevede che tutte le attività di implementazione avvengano in sequenza e conducano l’una dopo l’altra a una definizione dell’Erp via via più precisa, tanto per fissare le idee prima 50%, poi 80%, indi 90%, eccetera. Si va dunque dalla progettazione, alla modellazione, alla prototipazione, al collaudo, alla formazione e, infine, dopo il famigerato go-live, all’assestamento. Tra parentesi, quanto detto consente di evidenziare un plus di questo modello, cioè il fatto che l’implementazione non termina all’accensione del sistema, ma solo quando il sistema è, in buona sostanza, utilizzato dall’azienda.
Circa il Change Management, invece, questo trova la sua giustificazione nella grande resistenza al cambiamento che è insita nelle persone e nelle organizzazioni. Questa riluttanza nasce dal fatto che si abbandonano vecchie abitudini e generalmente, prima di adottarne di nuove, si passa attraverso una transizione in cui tutto è confuso e provvisorio. Facile osservare che l’Erp porta con sé ingenti quantità di cambiamento a tutti i livelli in azienda, e che pertanto è importantissimo avere a disposizione uno strumento in grado di governare questi cambiamenti, il rischio è quello di compromettere seriamente l’implementazione di un Erp per quanto “giusti” siano l’Erp e la sua implementazione. Il Change Management, attraverso una delle varie tecniche che mette a disposizione, è proprio quello strumento.