Terremoti in corso nel settore Big Tech. I titoli di questi giorni sono dedicati ai colossi oltreoceano che si stanno rendendo protagonisti di importanti riorganizzazioni aziendali, se così vogliamo chiamare i licenziamenti di massa che gli esperti di settore non esitano a definire “inumani”.
Twitter e Facebook in prima linea, ma la crisi riguarda anche il patron di Amazon, che ha ibernato le assunzioni e lasciato a casa 10.000 persone, il più grande licenziamento dall’inizio del cammino dell’e-commerce più famoso del mondo. Seguono Uber, Peloton, Groupon. Insomma, la lista è davvero lunga, il totale dei licenziamenti nel settore tecnologico ammonta a 121 mila.
Ma quindi siamo davanti a una vera e propria crisi del mondo informatico e dell’universo web così come lo conosciamo?
Non tutti i mali vengono per nuocere
Buoni presupposti per iniziare a rispondere a questa domanda si trovano in un altro fenomeno, che si sta verificando in modo contestuale a queste revisioni di personale.
Un fenomeno di ridistribuzione di talenti che sta riguardando proprio il settore tecnologico, riassunto nella creazione di oltre 190 mila nuove posizioni di lavoro create nell’anno corrente.
Nonostante i numeri da capogiro riguardanti gli allontanamenti di cui sopra, il bilancio globale è positivo: il numero di lavoratori nel settore tech nel 2022 è aumentato di 194 mila unità, solo negli USA.
La situazione, quindi, è sì drammatica, ma non per l’intero mercato. Gli esodati dalle Big Tech trovano ampia accoglienza all’interno di altre realtà, che sono alla ricerca di professionisti già formati e capaci, pronti a offrire la propria esperienza allo sviluppo digitale in altri settori – banche, fintech, servizi, pagamenti – i quali stanno confermando i capitali investiti nell’evoluzione digitale, senza alcun dietrofront.
Per tanti che fanno passi indietro, ce ne sono altrettanti pronti a muoversi in avanti, a farsi largo in un settore che, oggi più che mai, sta offrendo uno stuolo di professionalità prima indisponibili ma ora vacanti e pronte a nuove assunzioni. Che possono offrire un incredibile valore aggiunto e, probabilmente, aiutare a cambiare il mercato tech e condurlo verso la sua prossima evoluzione.
Ci aspettiamo nuovi colossi, nuovi protagonisti fra i big, una tendenza che ha già preso piede in diversi settori, fra cui spicca quello del gambling, in cui da anni si verificano fusioni e accorpamenti di aziende che decidono di solidarizzare per accrescere la propria posizione nel mercato, anziché rivaleggiare fra loro.
Un processo nell’ambito del quale ogni realtà può offrire qualcosa di unico e completare le altre, garantendo un’offerta di gioco e un canale estremamente innovativo, come è avvenuto per Goldbet, società austriaca che ha di recente fatto il proprio ingresso nello stesso gruppo di Lottomatica, avviando un sodalizio che ha portato alla realizzazione di uno dei portali più innovativi e versatili del panorama italiano.
Niente allarmismi quindi, o almeno non troppi
Se è vero che la ruota gira per tutti, allora è vero che prima o poi una crisi sarebbe dovuta arrivare anche per i multimiliardari che per anni hanno influenzato l’intera economia mondiale e non solo. I tecno-feudatari, spiega Francesco Oggiano su VanityFair, coloro i quali, pur non possedendo il mondo, lo gestiscono e lo controllano alla stregua di quanto avveniva nel Medioevo con i terreni. Solo che ora avviene con informazione, idee, politica ed economia.
Ma soprattutto con i dati, che sono – senza ombra di dubbio – il materiale con più valore del mercato attuale.
Stiamo quindi vivendo un momento di transizione, che ci porterà a una nuova versione del Big Tech, verso altri lidi. Dal Web 2.0 e dall’epoca dei social verso un futuro dominato da altri protagonisti, forse Web 3.0, metaverso e intelligenza artificiale. Forse.