Nel mondo fisico della stampa, riprodurre, distribuire e archiviare l’informazione comporta dei costi che non esistono – o quasi – nel mondo digitale. Bisogna partire da questo per capire il problema. Negli Anni ’90 i server di CMS e di e-commerce di Netscape su cui lavoravo costavano un milione di dollari l’uno. Oggi questi sistemi sono in gran parte gratuiti, sono cadute le barriere di monopolio, la diffusione di informazioni è stata aperta e un numero enorme di soggetti.
Certamente non tutti sanno fare contenuti di qualità, ma la scelta non è più fatta a priori da chi produce, ma da chi fruisce. Un cambiamento irreversibile che rende impossibile proteggere il mercato esistente con pedaggi all’informazione digitale. Gli editori francesi, con l’aiuto del Governo, sono riusciti a ottenere un obolo da 60 milioni di dollari da Google, a difesa della produzione giornalistica. Ma più che di risarcimento è un modo per dare tempo al settore di rigenerarsi. Non c’è infatti un valore misurabile che si è spostato dall’editore all’OTT.
Google, Twitter, Facebook hanno i sistemi di selezione, aggregazione e distribuzione dei contenuti perfetti per l’informazione digitale, remunerati dal passaggio di grandissime quantità di informazioni. Non c’è quindi modo di recuperare dagli OTT che pochi spiccioli. Il ruolo dell’editore è in discussione, ma conserva valore sociale e la possibilità di fare business, monetizzando l’attenzione dei clienti. Fare l’editore può far perdere soldi ma non è necessariamente un cattivo affare per Gruppi con interessi diversificati. Il vero problema del cambiamento è salvare il giornalismo. Mi aspetto che in futuro faranno gli editori fondazioni e attività commerciali.
Ci saranno organizzazioni più snelle rispetto alle attuali e ci si o occuperà di notizie a 360 gradi: testi, immagini, foto e video. Già oggi testate online possono reggersi economicamente con una ventina di milioni di euro all’anno di ricavi. Che può fare lo stato? Senz’altro rendere meno traumatico il cambiamento riducendo il costo sociale. Vanno rivisti contratti, pensionamenti, cercato un maggiore allineamento tra domanda e offerta lavoro. Evitare che i giovani a intraprendano studi a cui non corrispondono spazi adeguati di occupazione. E-book reader e tablet offrono un mezzo efficace per digitalizzare i contenuti, mantenendo la metafora del giornale e le forme classiche di acquisto e abbonamento, offrendo un mezzo non traumatico di fuga dalla carta. Pagano però un forte pedaggio: il 35% del valore va ai proprietari degli e-store, che versano tasse in Paesi di comodo. Con l’intero mercato dell’informazione destinato a diventare digitale, non è possibile che quote così alte vadano a chi fa solo intermediazione. Qui c’è un danno da sanare.