Quando i dipendenti utilizzano servizi e programmi, senza che il reparto IT ne sia a conoscenza, ha luogo un fenomeno noto con il nome di shadow IT, che può causare numerosi problemi. In genere il fenomeno si verifica quando un dipendente, seppur animato dalle migliori intenzioni, utilizza uno strumento non autorizzato per svolgere un’attività.
Una simile decisione può migliorare alcuni processi, ma spesso è fonte di stress per i reparti IT già sovraccarichi di lavoro. L’aspetto più preoccupante, però, è legato al fatto che servizi online sconosciuti possono essere vulnerabili o addirittura pericolosi. Soprattutto quando i dipendenti non si rendono conto che stanno utilizzando un’app sviluppata in modo insicuro. A questo utilizzo ingenuo si aggiunge il fatto che, a volte, anche il security team e/o l’IT possiedono conoscenze minime. Un’app o un servizio fraudolento possono facilmente portare a:
- Violazione dei dati
- Vulnerabilità senza patch
- Diritti di accesso non gestiti
- Violazioni normative
- Budget sprecato
Anche se la tentazione sarebbe quella di impedire drasticamente l’impiego di qualsiasi app, in realtà questi strumenti possono portare vantaggi ad un’azienda e, per tale ragione, è opportuno utilizzarli con consapevolezza.
Infatti se i dipendenti eseguono tutte le nuove app o i servizi sotto la supervisione del team di sicurezza/IT, numerosi rischi possono essere prevenuti. Ma questa modalità è sempre più difficile da gestire, perché (complice lo smart working) gli stessi dispositivi sono impiegati nell’attività lavorativa e nella vita privata.
Come esercitare un’adeguata vigilanza sullo shadow IT?
La formazione per la security awareness, all’atto pratico, è un primo passo importante per spiegare che la sicurezza non è più una questione gestibile solo da pochi utenti selezionati, ma un problema di tutti. Inoltre criteri e policy aumentano il livello di attenzione in ufficio, ma sono poco efficaci quando l’utente è nel proprio ambiente domestico (o in località di vacanza) e trascura specifiche procedure, troppo limitanti e complesse da seguire… Del resto, l’Harvard Business Review ha scoperto che due terzi dei dipendenti in smart working non ha rispettato, almeno una volta, i criteri di cybersecurity.
Bisogna proteggere gli endpoint
Dove non arriva la consapevolezza, possono intervenire soluzioni efficaci per la protezione degli endpoint (EPP). Una simile soluzione individua e risponde a un attacco malware in un computer infetto. La protezione degli endpoint include non solo il rilevamento dei virus, ma anche firewall, software anti-malware, prevenzione della perdita di dati…
Una chiara illustrazione dei vantaggi di questi strumenti è fornita da tre interessanti white paper, sviluppati da Kaspersky, che si possono scaricare gratuitamente a questo link.
Le soluzioni per la sicurezza che integrano funzionalità di Endpoint Detection and Response (EDR) consentono di visualizzare i percorsi di diffusione degli attacchi e sono pertanto ancora più efficaci. Ad esempio, un file dannoso apparentemente inattivo potrebbe utilizzare strumenti legittimi per generare processi figlio, connettersi a server di comando e controllo e creare file. Verrebbero bloccati dall’EPP, ma l’EDR potrebbe mostrare la root cause per consentire di comprendere l’origine e l’ambito dell’attacco, garantendo l’identificazione di indicatori di compromissione (IoC) analoghi anche nei computer adiacenti. E dal momento che l’EDR integra la risposta automatizzata, i computer compromessi verrebbero isolati dalla rete e gli elementi dannosi messi in quarantena. Il caricamento degli indicatori di compromissione in un sistema EDR può addirittura consentire di prevenire gli attacchi prima che abbiano inizio e questo è solo uno degli aspetti fondamentali di Kaspersky Endpoint Security Cloud.
Per maggiori informazioni su come prevenire i rischi dello Shadow IT è possibile scaricare gratuitamente un white paper a firma Kaspersky.