Per Lenovo si definiscono Data Leader le organizzazioni con i più alti livelli di competenza in materia di dati che registrano prestazioni di business migliori e implementano politiche di ESG più avanzate.
Quella che viviamo, infatti, è un’epoca di profonde trasformazioni, un periodo in cui si sovrappongono diverse sfide e, in questi tempi difficili, molte organizzazioni si affidano ai dati per trarne vantaggio. In tutto il mondo, le aziende più innovative fanno leva sulla condivisione e l’analisi dei dati per far fronte alle sfide globali e allo stesso tempo raggiungere i propri obiettivi di business.
Per comprendere a fondo questo scenario, Lenovo ha intervistato 600 dirigenti di aziende presenti in cinque paesi e che operano in 10 diversi segmenti di mercato.
Sono Data Leader le aziende con alti livelli di competenza in materia di dati
Le imprese sanno di dover affrontare una serie di sfide che influenzeranno la stabilità globale e aziendale, ma solo una minoranza sta agendo concretamente per affrontarle.
I leader aziendali riconoscono il valore dei dati per incrementare le prestazioni di business e implementare politiche di ESG più avanzate.
Le aziende intervistate prevedono che gli investimenti in tecnologie e iniziative basate sui dati consentiranno un incremento medio dei propri ricavi di quasi il 50% nei prossimi cinque anni.
Sulla base dei ricavi medi annui delle prime 100 società quotate in ciascun paese preso in esame, ciò equivale a ulteriori 8,5 miliardi di dollari di fatturato a livello globale in cinque anni, pari a 370 milioni di dollari solo in Italia.
I Data Leader sono presenti in tutti i paesi in cui Lenovo ha condotto l’indagine, la percentuale maggiore di questa tipologia di aziende è presente in Francia (20%), l’Italia (15%) supera solo il Regno Unito (11%).
Come le aziende italiane possono migliorare le proprie performance
Qual è il segreto dei Data Leader e come possono le altre aziende italiane emulare il loro successo? La ricerca rivela come le aziende italiane possono diventare più data driven e acquisire un vantaggio decisivo in un contesto instabile.
1. Comprendere le sfide
L’instabilità colpisce le aziende di tutto il mondo e non risparmia quelle del nostro paese. Il 66% delle aziende italiane considera la crisi energetica come la sfida più grande e prevede che avrà un impatto moderato o importante sulla propria attività nei prossimi tre anni. Il cambiamento climatico rappresenta un altro elemento di preoccupazione: il 59% lo considera una minaccia per la propria attività e il 57% una minaccia per la stabilità globale.
La disoccupazione è un’altra questione chiave identificata dal 57% come una minaccia per le aziende. Il tasso di disoccupazione in Italia è salito nel 2021 al 9,8%, con un aumento dello 0,7% rispetto al 2020, a causa della pandemia. Si tratta del primo aumento dal 2014. .[1]
L’inflazione in Italia ha raggiunto l’11,8% nell’ottobre del 2022, il valore più alto degli ultimi 37 anni[2]. Di conseguenza, solo il 58% delle aziende italiane ha visto aumentare i propri ricavi negli ultimi 12 mesi, rispetto al 61% del campione di aziende globale preso in esame dalla ricerca.
Le imprese italiane sono consapevoli delle sfide che devono affrontare, ma solo una minoranza si sta preparando attivamente. Solo il 36% intende intervenire per attutire l’impatto della crisi energetica nei prossimi tre anni, nonostante la consideri la principale minaccia per la propria attività. Inoltre, rispetto alle imprese degli altri Paesi intervistati, sono meno propense ad agire per far fronte alla carenza di competenze (27% contro 33%) e all’aumento della popolazione globale (27% contro 33%).
[1] Tasso di disoccupazione in Italia dal 1991 al 2023
[2] Tasso di inflazione in Italia
La ricerca rivela che le imprese italiane sono più propense dei propri concorrenti internazionali a prepararsi attivamente nei prossimi tre anni ad alleviare l’impatto delle crisi geopolitiche (27% vs 22%), della mancanza di cibo, acqua e servizi igienici (28% vs 20%) e della disuguaglianza di reddito (23% vs 18%). Sebbene siano migliori della media, queste percentuali ridotte suggeriscono che questi temi non sono una priorità per le aziende italiane.
2. Valorizzare i big data per migliorare il proprio futuro
La maggior parte delle aziende italiane ritiene che un approccio collaborativo ai dati potrà supportarle nell’affrontare la crisi energetica, le conseguenze dello scarso livello di assistenza sanitaria e la crisi climatica.
Gli executive italiani intervistati si dicono fiduciosi sull’importanza della condivisione collaborativa nello sviluppo delle smart cities; quasi tre quarti (74%) ritiene che i dati porteranno a miglioramenti nelle reti di trasporto nei prossimi cinque anni e il 64% si aspetta un miglioramento della sicurezza, del controllo e della prevenzione del crimine da parte delle forze dell’ordine. Quasi due terzi (64%) si aspettano miglioramenti anche nell’assistenza sanitaria.
Alessandro Bonaita, Group Head of Data Science di Generali, spiega come la condivisione dei dati dei pazienti stia portando benefici sia al settore assicurativo italiano che alla società nel suo complesso.
«Generali Vitality combina scienza attuariale, scienza comportamentale, scienza dei dati e strumenti clinici in un programma che aiuta i clienti a migliorare la propria salute attraverso attività di benessere e uno stile di vita sano. Questo programma non ha solo vantaggi per i clienti, ma anche per gli assicuratori e, in ultima analisi, crea un rapporto migliore tra l’azienda e i propri clienti».
In termini di performance aziendale, le aziende italiane ritengono che l’uso dei dati avrà un significativo impatto in termini di miglioramento dell’agilità organizzativa: il 67% dei dirigenti intervistati afferma che aumenterà la capacità di rispondere alle nuove opportunità di mercato. Una percentuale analoga si aspetta che i dati riducano i costi e migliorino l’esperienza dei clienti.
Il report, tuttavia, dimostra che le aziende italiane stanno attualmente dando priorità ai dati per raggiungere obiettivi diversi. Quasi il 63% afferma che i dati hanno contribuito alla creazione di ambienti di lavoro intelligenti, mentre circa il 60% dichiara che i dati hanno migliorato la previsione dei risultati aziendali, l’esperienza clienti e i progressi verso gli obiettivi ESG.
3. Imparare dai Data Leader
Un piccolo gruppo di organizzazioni eccelle nell’utilizzo dei dati: i Data Leader. Le aziende di questo gruppo sono definite dalla loro superiore capacità di utilizzare i dati per raggiungere una serie di obiettivi aziendali. I Data Leader registrano anche prestazioni di business migliori e adottano politiche di ESG più avanzate rispetto ad altre aziende simili.
Solo il 16% di tutte le aziende intervistate sono classificate come Data Leader, il 15% in Italia. L’Italia si colloca dietro la Francia, che ha la più alta percentuale di Data Leader (20%), la Germania (17%) e gli Stati Uniti (17%).
La difficoltà di reperire le competenze e di definire le strategie sui dati potrebbe essere la ragione principale della carenza di Data Leader in Italia. Oltre la metà (51%) delle aziende italiane dichiara di non possedere le competenze informatiche e, più in particolare, le competenze legate ai dati necessarie per condividere i dati con partner/organizzazioni esterne, rispetto al 46% delle aziende globali prese in esame dal report. Forse a causa della carenza di competenze, la stessa percentuale afferma che la dirigenza non ha ancora messo in atto strategie per la condivisione dei dati, rispetto ad appena il 37% delle aziende globali.
Ancora Alessandro Bonaita di Generali spiega come la diversificazione e l’aggiornamento dei modelli formativi sia fondamentale per l’acquisizione delle competenze necessarie da parte delle aziende.
«Abbiamo diversi modelli di formazione che variano in termini di complessità, da quelli di base e intermedi a quelli avanzati. È fondamentale che la formazione sia costantemente aggiornata. Ad esempio, ho collaborato con i colleghi delle Risorse Umane per includere nella formazione nuovi trend, come l’etica dei dati e la strategia dei dati».
Più della metà (52%) afferma che il reclutamento dei talenti giusti sarà importante per consentire alla propria organizzazione di sbloccare il valore dei propri dati nei prossimi anni.
Oltre a individuare le giuste competenze, molte aziende italiane stanno seguendo l’esempio dei Data Leader per aumentare gli investimenti in tecnologia. La stragrande maggioranza delle aziende italiane (oltre il 90%) prevede di investire almeno 1 milione di dollari in tecnologie e in iniziative data driven solo nei prossimi 12 mesi.
Nei prossimi cinque anni, il 55% delle aziende italiane prevede di aumentare la spesa per gli strumenti di archiviazione e automazione dei dati. Ma l’investimento tecnologico più richiesto dalle aziende italiane è quello in strumenti di cybersecurity (63%). Questo potrebbe essere una conseguenza della cattiva gestione dei dati: il 29% ha sperimentato rischi informatici come data breach a causa della propria incapacità di gestire e analizzare i dati.
Tutto questo suggerisce che le aziende italiane devono migliorare il proprio livello di alfabetizzazione sui dati. E mentre il 22% dichiara di voler fare di più con i propri dati a beneficio dell’umanità, il 14% ha avuto difficoltà a registrare progressi verso i propri obiettivi ESG a causa di una cattiva gestione dei dati.
4. Accelerare la leadership nei dati
Per seguire l’esempio dei Data Leader, è necessario comprendere quali sono le caratteristiche che li distinguono; la ricerca mostra che il loro vantaggio principale è nella tecnologia:
- l’83% dei Data Leader a livello globale afferma che le proprie soluzioni per i dati sono altamente automatizzate, rispetto al 57% delle aziende italiane in generale
- l’81% utilizza piattaforme in grado di condividere facilmente i dati con i partner, rispetto al 54% delle aziende italiane
- il 78% archivia la maggior parte dei propri dati nel cloud, rispetto al 52% delle aziende italiane
- Il 79% è convinto che i propri dati siano al sicuro, rispetto al 51% delle aziende italiane.
Dal report emerge che meno di un terzo (32%) delle aziende italiane possiede le competenze e le capacità necessarie per realizzare strategie relative ai dati (rispetto al 35% in generale). Poco più di un quarto (26%) è convinto di riuscire a realizzare iniziative strategiche legate ai dati nel corso del prossimo anno.
Molti di questi problemi sono legati alla mancanza di allineamento tra i team IT e la leadership, e questa è un’area cruciale da migliorare. Solo il 21% delle aziende italiane può contare su dipartimenti IT in grado di fornire regolarmente consulenza alla C-suite su iniziative strategiche basate sui dati, il dato più basso di tutti i paesi presi in esame.
Tuttavia, la buona notizia è che le aziende italiane sono più propense a partecipare a partnership ed ecosistemi collaborativi sui dati: Il 59% delle aziende vi aderisce, rispetto alla media globale del 56%.
Quattro priorità per le imprese italiane
- Incoraggiare la collaborazione tra il team IT e il resto dell’azienda
Solo un quarto delle aziende italiane dichiara che l’IT lavora in collaborazione con altri dipartimenti aziendali per realizzare iniziative basate sui dati, il dato più basso tra tutti i paesi presi in esame. Un preciso allineamento delle diverse funzioni aziendali con il team IT è essenziale per capitalizzare gli investimenti tecnologici e assicurarsi di ottenere il massimo beneficio dall’utilizzo dei dati.
- Assicurarsi che la piattaforma aziendale supporti la condivisione dei dati con i partner
La capacità di integrare e condividere dati esterni crea grandi opportunità di innovazione, ma solo il 38% delle aziende italiane afferma di poter facilmente integrare dati esterni nei propri set di dati. Ciò suggerisce che molte non sono in grado di utilizzare efficacemente le partnership di dati e gli ecosistemi emergenti del paese.
- Creare processi e linee guida chiare ed efficaci per la protezione dei dati
Solo il 51% delle aziende italiane è sicuro che i propri dati siano protetti e solo il 57% dichiara di avere adottato linee guida e processi chiari per la protezione dei dati. Queste procedure devono essere stabilite in modo che le aziende possano avviare in sicurezza partnership tra organizzazioni di diversi settori.
- Migliorare l’alfabetizzazione sui dati a tutti i livelli aziendali
Molte aziende italiane sono in ritardo nel percorso di trasformazione digitale perché mancano le competenze e le capacità necessarie per abilitare strategie sui dati. Le aziende possono perseguire un approccio data centered nell’intera organizzazione attraverso programmi di formazione sui dati estesi a tutto il personale.