All’inizio di quest’anno, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha riferito che i data center, hanno utilizzato il 2% di tutta l’elettricità nel 2023 e prevede che tale percentuale potrebbe più che raddoppiare entro il 2026. Lo sviluppo dell’AI, infatti, intensificherà notevolmente i consumi energetici, nonostante le soluzioni di efficientamento ad oggi disponibili sul mercato siano in costante miglioramento.
Oggi è pertanto più che mai fondamentale investire per efficientare il consumo di energia elettrica all’interno dei data center con sistemi all’avanguardia quali, ad esempio, il Liquid Cooling.
L’Italia, nonostante una serie di limiti infrastrutturali, è in primo piano in questa rivoluzione e sta recuperando il gap con i mercati più maturi.
Insieme a Marco Casaletta, Sales Engineer and Telco Operator Manager presso DATA4, abbiamo fatto il punto sulla situazione per capire come sta evolvendo il panorama e quali sono le opportunità.
“Senza dubbio si andrà ad assistere ad un sempre maggiore incremento nel fabbisogno di energia elettrica all’interno dei data center e una grossa spinta in questa direzione arriva dalla crescente adozione di sistemi di intelligenza artificiale e dalla conseguente necessità di gestire una grande quantità di dati, elaborarli, e renderli fruibili in real time. Parliamo di High Performance Computing, il motore dell’AI, che si basa su prestazioni di altissimo livello che richiedono un maggiore fabbisogno energetico all’interno delle sale dati in virtù del fatto che aumenta notevolmente la velocità di elaborazione e la densità di installazione all’interno del singolo rack, fattore che decuplica la potenza richiesta” spiega Casaletta “Sulla base di queste premesse, sono già stati avviati e proseguiranno a livello globale gli investimenti in tecnologie di nuova generazione per un contenimento dei consumi”.
Una delle soluzioni potrebbe essere rappresentata dal recupero del calore in eccesso prodotto da ottimizzazioni green quali il Liquid Cooling che portano ad una maggior produzione di calore che è necessario dissipare. Di cosa si tratta?
“Il Liquid Cooling è un sistema di raffreddamento a liquido che ha l’obbiettivo di migliorare le performance di raffreddamento all’interno dei data center sempre più energivori, dove l’aumento esponenziale energetico sul singolo rack e il conseguente aumento di Kilowatt, comporta un aumento drastico del calore che questi armadi emettono per funzionare alle massime prestazioni. Ecco che per dissipare questo enorme calore diventa necessario passare da soluzioni di raffreddamento ad aria tradizionali a sistemi più innovativi come il Liquid Cooling, che utilizza l’acqua – che ha una maggiore capacità di assorbimento e dispersione dell’energia termica rispetto all’aria – per il raffreddamento.
Il sistema va pensato come un radiatore: il liquido fresco entra nel circuito e va a togliere calore alla parte calda, cioè i dispositivi contenuti nel rack come server, storage, switch, ecc.
Il liquido entra dentro queste macchine tramite dei tubi e per un meccanismo di scambio di calore toglie il calore dalle componenti, che in questo modo vengono raffrescate, uscendo poi sotto forma di acqua calda che entra poi nel ricircolo per essere nuovamente raffreddata in un ciclo praticamente perpetuo”.
Per tornare al tema dell’efficientamento della gestione energetica all’interno dei data center: su che cos’altro si sta lavorando?
“Al momento abbiamo ottimizzato al massimo i consumi degli apparati tecnologici esistenti per il raffrescamento e la distribuzione di energia, entrando in una fase in cui sarà necessario lavorare sulle nuove esigenze di performance. Ad esempio, è interessante andare a vedere come può essere recuperato il caldo prodotto dalle tecnologie presenti nei data center. Data4, collabora in Francia con la Fondazione dell’Università Paris-Saclay per implementare un prototipo che permetterà il riutilizzo del calore prodotto dalle infrastrutture Data Center a beneficio di colture (alghe) destinate all’alimentazione umana e alla cosmesi.”
Focalizzandoci sull’Italia: anche qui il mercato dei data center sta crescendo. Come si pone il nostro Paese rispetto a questi temi? I suoi limiti, anche infrastrutturali, potrebbero rappresentare uno svantaggio?
“Col raggiungimento di una sorta di saturazione nei Paesi Europei più all’avanguardia da questo punto di vista, come Irlanda, Inghilterra ed Olanda solo per citarne alcuni, è naturale che si cerchino nuove aree e nuovi territori per lo sviluppo di data center capaci di supportare le nuove esigenze del mercato.
Gli investitori per decidere dove investire si affidano alla definizione di alcuni parametri che comprendono ad esempio la stabilità governativa e la disponibilità di risorse primarie per lo sviluppo dei Data Center, quali la disponibilità di distribuzione elettrica e l’iper-connettività.
L’Italia è un mercato che sta arrivando un po’ in ritardo rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea ma dove si stanno vedendo interessanti opportunità. Certamente i limiti infrastrutturali del nostro Paese non facilitano le cose perché sono presenti numerose aree a rischio idrogeologico e la morfologia del territorio è molto variegata (montagnoso, collinare ecc.). Inoltre, come già citato, bisogna considerare il discorso sulla connettività, dove però negli ultimi anni si è lavorato bene, così come per il Piano di espansione dell’alta tensione a livello nazionale. Un segnale senz’altro positivo che ci indica come si stia procedendo nella giusta direzione per gestire correttamente i nostri limiti strutturali, consentendoci un po’ per volta di recuperare il gap con gli altri Paesi europei.
In questo contesto non dobbiamo dimenticarci il tema della formazione, trasmettendo ai giovani l’importanza dei Data Center, ormai alla base della nostra quotidianità. Insieme ad altri player del settore e IDA – l’associazione italiana dei costruttori e operatori di Data Center, di cui siamo membri fondatori – abbiamo organizzato “Data Center Day”, il tour partito il 6 novembre dal nostro campus di Cornaredo. L’evento, alla presenza di figure istituzionali di spicco, si propone di far scoprire alle nuove generazioni che oggi più che mai non c’è digitale senza Data Center, cercando di avvicinarle al nostro settore, anche con opportunità lavorative.”
Un altro tema importante, cui abbiamo accennato in apertura, è quello dell’intelligenza artificiale: si stanno già costruendo Data Center AI Ready e l’obbiettivo è quello di costruirli Full-AI. Che caratteristiche devono avere queste strutture e quali benefici introdurranno?
“Data4 già da anni sta lavorando nell’ottica di costruire data center AI Ready, permettendo poi di poterli convertire in maniera modulare al Full AI garantendo la possibilità di fare degli upgrade sia dal punto di vista della potenza elettrica sia dal punto di vista di tutto ciò che concerne il raffreddamento della parte meccanica rinnovata secondo le nuove logiche che abbiamo visto.
Va sottolineato che il data center Full AI ha dei costi superiori rispetto a dei data center tradizionali ma oggi andare in questa direzione è fondamentale per poter cogliere tutte le opportunità che derivano soprattutto dai grandi hyper scaler che investono in tal senso.
I benefici che possiamo cogliere da questo genere di infrastrutture riguardano la possibilità di poter avere queste installazioni dislocate sul territorio garantendo una maggiore fruibilità a tutti gli utenti con minori tempi di latenza per abilitare le attività del sistema Paese”.
Voi di Data4 avete di recente annunciato investimenti consistenti in Italia, per coprire anche le nuove esigenze di cui abbiamo parlato. Come vi state muovendo in concreto e qual è il vostro obbiettivo?
“L’obiettivo principale di Data4 è quello di crescere seguendo quelle che sono le esigenze del mercato a livello locale e internazionale, dettate principalmente dal ritmo di crescita degli hyperscaler. Data4 si sta attrezzando per rispondere alle loro esigenze di crescita molto veloci ed essere pronti quando sarà il momento opportuno. Il procedimento di apertura di nuovi data center ha chiaramente una tempistica molto lunga e complessa, anche solo se pensiamo alla selezione dei territori più idonei ad accogliere queste strutture, dove noi andiamo a scegliere terreni cosiddetti “brownfield” – vecchie aree industriali abbandonate – su cui ricostruire in ottica di sviluppo sostenibile.
C’è quindi un processo di selezione e scouting che passa necessariamente da un criterio di flessibilità, perché non ovunque si trovano le medesime condizioni che consentono di costruire dei data center identici e a stampo. I progetti vanno cuciti su misura, con uno sforzo anche da parte del team di ingegneria per capire come andare a riempiere e sfruttare gli spazi e sulla base, ad esempio, dei terreni, della presenza di fibra ottica e di cavi di alta tensione. Il tutto per poter sviluppare infrastrutture sicure che possano supportare lo sviluppo dell’AI e la sua costante crescita”.