La cultura del dato sarà collaborativa, trasparente ed etica, o non ci sarà una cultura del dato. Lo afferma Luca Quagini, CEO di SDG Group, di cui vi proponiamo un contributo integrale.
Buona lettura.
Solo le aziende che saranno in grado di andare oltre alla semplice gestione del dato e inseriranno programmi data-driven per migliorare la collaborazione e la capacità di risposta realizzeranno la business “agility” necessaria a rispondere a mercati strutturalmente instabili.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta senza dubbio un’occasione importante per la nostra economia e per la trasformazione digitale del nostro Paese grazie a un significativo investimento volto a modernizzare la Pubblica Amministrazione e sostenere l’innovazione del tessuto produttivo.
Ma per realizzare la transizione digitale, occorre necessariamente porre al centro dello sviluppo il paradigma dell’economia del dato e dell’intelligenza predittiva.
Secondo l’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano, la pandemia causata dal Covid-19 ha evidenziato l’importanza di valorizzare i dati per prendere decisioni rapidamente e garantire continuità di business nei momenti di crisi, e nel 2021, dopo il rallentamento degli investimenti in ambito gestione e analisi dei dati, il mercato degli Analytics ha ripreso vigore raggiungendo un valore stimato superiore ai 2 miliardi di euro, in crescita del 13%.
Ma come fare per sfruttare al meglio un approccio data-driven e consentire alle organizzazioni di prendere decisioni migliori?
È necessario mettere in atto una strategia concreta, con manager dedicati, obiettivi chiari e, naturalmente, un piano d’azione dettagliato che consenta una governance dei dati orientata ad una cultura collaborativa, aperta, trasparente ed etica: trasformare le analytics nell’asset strategico per competere con successo in un mercato che cambia troppo velocemente per ammettere inerzie ed errori strutturali.
Governance dei dati oltre i dati
Consapevoli che l’esistenza di barriere ad una comunicazione chiara e trasversale, non solo è presente ma è stata elemento fondante i processi organizzativi delle aziende del millennio precedente, la sfida è comprendere che la governance dei dati rappresenta il modo per organizzare le persone e l’innovazione attorno alla catena del valore rappresentata da quei dati.
La data governance deve essere specifica ed adattata agli obiettivi aziendali sia di breve che di lungo periodo. In questo senso, una governance adattiva deve contemplare diversi criteri che dipendono dalla natura, la frequenza, la numerosità, l’accuratezza del trattamento dei dati necessari al governo dei diversi processi aziendali. Questo rappresenta il primo passo per raggiungere una strategia data-driven in grado di generare valore in modo sostenibile in un’azienda.
Il valore dei dati e la loro monetizzazione
In questa fase di ripresa economica sostenuta dal PNRR (pur rallentata dagli accadimenti internazionali), le aziende virtuose stanno già iniziando ad assegnare valore ai propri dati e a sfruttarli per renderli redditizi. In altre parole, stanno incorporando i dati in un prodotto o servizio esistente, o stanno persino utilizzando i propri dati a beneficio dell’organizzazione.
Come evidenzia il report di SDG Group sui “10 trend in Data & Analytics in 2022“, le aziende che considerano i dati come una leva per la creazione di asset differenziali possono, ad esempio, aggiungere alla propria value proposition un servizio di gestione e manutenzione intelligente, o scommettere sul miglioramento dell’esperienza del cliente in tempo reale, che si traduce in un vantaggio competitivo.
Insomma, nell’economia digitale di domani, le aziende che si differenziano dai loro concorrenti sono quelle che, intorno alla propria offerta di prodotti o servizi, saranno in grado di generare valore aggiunto per il cliente. Per fare questo, attivare quei dati e l’insieme di algoritmi in grado di seguire ed anticipare i processi aziendali, è diventato un imperativo categorico.
Il valore dei dati nel Fashion
Un imperativo che vale per tutti i settori e che, oggi più che mai, vale in settori estremamente dinamici come il Fashion che influenzano e sono influenzati dai trend e dalle mode.
In un mercato in cui l’esperienza d’acquisto è diventata sempre più omnicanale, essere data-driven è il prerequisito organizzativo che permette ai brand del Fashion di migliorare la relazione con il cliente, di garantire un’esperienza di acquisto esclusiva e di avere il prodotto giusto nel posto giusto.
Per comprendere in che modo questo possa avvenire, si può partire anche dal ruolo meno visibile dal mercato e dai clienti quello del Controller che ha sempre più bisogno di pianificare con un orizzonte che non si limiti a quello stagionale, tipico dei cicli periodici dei brand della moda, e deve quindi integrare le analisi con informazioni destrutturate provenienti dal mercato.
Un approccio data-driven nel Fashion non solo può aiutare CFO e Controller a rappresentare la strategia di medio-lungo periodo, ma anche a trattare dati che supportino la definizione di obiettivi e di azioni tattiche intra-stagionali.
È qui che si aggiunge un elemento chiave nella cultura del dato per il Fashion: la flessibilità dei modelli con cui l’organizzazione deve elaborare le informazioni a disposizione.
Un approccio che si concretizza nella capacità di elaborare strutture dati e simulazioni in modo dinamico e continuamente riadattabili al contesto e alle variazioni di scenario. Solo così le aziende saranno capaci di raggiungere l’obiettivo che in SDG Group abbiamo fatto diventare missione “Insights beyond Analytics”.