No, non è fantascienza ma semplicemente scienza! Il fornitore di servizi cloud AWS ha scoperto come archiviare i dati nelle nuvole. La scoperta, nata dal lavoro del team di ricerca “blue-sky” di AWS, è destinata a espandere ulteriormente il modo in cui i clienti possono utilizzare il cloud e a rendere più entusiasmanti le giornate nuvolose per gli specialisti dei dati.
Grazie al Cloud Computing in the Cloud, le aziende possono distribuire on-demand le risorse IT tramite Internet, con una tariffazione basata sul consumo. Piuttosto che acquistare, possedere e mantenere data center e i server fisici in locale, è possibile accedere a servizi tecnologici, quali capacità di calcolo, archiviazione e database, sulla base delle proprie necessità.
I dati viaggiano nelle nuvole, nel vero senso del termine!
Le nuvole hanno affascinato l’uomo fin dalla notte dei tempi, e fino ad ora sono state una fonte d’acqua e di ispirazione per pittori come Turner e Constable. Tuttavia, in seguito alla collaborazione con esperti meteorologi per determinare la resa idrica per l’agricoltura e il controllo delle inondazioni, si è scoperto che, al pari dell’acqua, i dati possono essere conservati all’interno di questi data center soffici e naturali.
Il silicio, utilizzato per realizzare dispositivi di archiviazione dati, è derivato dalla sabbia: non sorprende, quindi, che si possa utilizzare anche un’altra risorsa naturale per ottenere lo stesso risultato. Infatti, le nuvole contengono molecole con le stesse proprietà del silicio, permettendo loro di contenere non solo acqua, ma anche enormi quantità di dati.
Chiaramente, questa soluzione funzionerà meglio nei Paesi nuvolosi e, man mano che le nuvole si spostano, i dati al loro interno verranno scambiati grazie alle capacità di AWS AI, assicurando che i dati rimangano dove i clienti desiderano. Inoltre, le nuvole si riformano naturalmente in modo che se un grande Boeing 747 o Airbus 380 le attraversa, le informazioni contenute al loro interno rimangono indisturbate e al sicuro.
Dichiarazioni
Nimba Stratus, Cloud Specialist presso AWS, ha dichiarato: “Costruire castelli nel cielo ha sempre significato sognare qualcosa di irrealizzabile, ma costruire data center in cielo è molto diverso. E non dobbiamo costruirli, esistono naturalmente. Non capivo il motivo per cui un meteorologo mi stesse dicendo che l’acqua e il silicio hanno proprietà fisiche comuni, cosa di cui ora mi vergogno un po’. Ma mi ha fatto riflettere e quando sono tornato a casa, dopo aver fatto bollire dell’acqua, sono stato in grado di archiviare momentaneamente dei dati nella mia cucina tenendo le porte e le finestre chiuse. Dopo questa scoperta, abbiamo iniziato a mettere i dati nelle nuvole, dove sono rimasti finché non abbiamo deciso di riprenderli”.
Luke Howard, Data Controller, cliente AWS, ha dichiarato: “Quando Nimba Stratus mi ha comunicato che AWS era in grado di archiviare i nostri dati nella nuvola, ho detto ‘Sì, lo so’. Poi, quando mi ha spiegato che si riferiva alle nuvole reali e ha guardato verso il cielo, è stato emozionante. Una volta chiarite alcune cose, ad esempio cosa può accedere del caso qui non sia nuvoloso (è sempre nuvoloso da qualche parte), abbiamo deciso di iniziare la prova. A dire il vero, quando ci occupiamo della parte informatica, a nessuno interessa da dove provenga tutta la potenza di calcolo. Ma il fatto che sia lassù mi emoziona davvero. In effetti non voglio che AWS lo faccia per nessun altro”.