Watson: personaggio relegato al ruolo di co-protagonista dal genio di Holmes nei romanzi di Arthur Conan Doyle; supercomputer di Ibm, pronto invece a ritagliarsi un importante spazio sul palcoscenico tecnologico del prossimo futuro. Ad accomunare le due ‘figure’, oltre al nome, la spiccata intelligenza. Già, perchè se ben nota quella del medico chirurgo dei racconti di Doyle, la piattaforma è in possesso di una capacità di interagire con l’uomo sicuramente fuori dal comune nel mondo delle ‘macchine’.
Ibm Watson è stato presentato in questi giorni a Los Angeles, dando dimostrazione di come l’intelligenza artificiale sia in grado di rendere la vita dell’uomo più semplice. Piattaforma nata per trasformare il modo in cui le imprese e i consumatori prendono le decisioni, persegue la via del ‘cognitive computing’ tramite applicazioni, appunto, ‘cognitive’, e sarà in grado di aiutare le organizzazioni elaborando grandi quantitativi di dati provenienti dal cloud o social.
Le prime app sono già state testate in ambito finanziario e medico, ma scenari futuri prevedono un impiego anche nel settore retail e energetico.
“Certo, siamo in realtà solo agli inizi di una rivoluzione che durerà decenni – ha spiegato Mike Rhodin, vice presidente di Ibm e a capo del Watson Group –, ma siamo arrivati ad un punto di svolta: con questa iniziativa stiamo dando vita ad una nuova classe di applicazioni in grado di imparare dall’esperienza, di migliorare con ogni interazione e risultato e di contribuire alla risoluzione dei quesiti più complessi con cui si confrontano oggi il settore produttivo e la società”.