Ibm ha lanciato un’iniziativa decennale volta a portare Watson e altri sistemi cognitivi in Africa, nel tentativo di alimentare lo sviluppo e stimolare opportunità commerciali nel continente del mondo a tasso di crescita più elevato. Battezzato “Progetto Lucy” dal primo antenato umano noto, Ibm investirà cento milioni di dollari in questa iniziativa consentendo agli scienziati e ai partner di accedere alle tecnologie di cognitive computing più avanzate del mondo.
“Nel corso degli ultimi dieci anni l’Africa ha vissuto un’enorme crescita. Eppure le difficoltà del continente provocate dalla crescita della popolazione, dalla scarsità d’acqua, dalle malattie, dagli scarsi rendimenti dell’agricoltura e da altri fattori rappresentano impedimenti a una crescita economica totale – ha affermato Kamal Bhattacharya, Director, Ibm Research Africa –. Con l’abilità di apprendere da modelli emergenti e scoprire nuove correlazioni, le capacità cognitive di Watson hanno un enorme potenziale per aiutare l’Africa a realizzare nei prossimi vent’anni, quello che gli attuali mercati sviluppati hanno realizzato in due secoli”.
Le tecnologie Watson saranno implementate dal nuovo Africa Research Laboratory di Ibm fornendo ai ricercatori una serie di risorse che aiutano a sviluppare soluzioni attuabili dal punto di vista commerciale in aree chiave quali la sanità, l’istruzione, l’acqua e l’igiene, la mobilità umana e l’agricoltura.
Per creare un ecosistema intorno a Watson, Ibm instaurerà anche un nuovo Centre of Excellence panafricano per il Data-Driven Development (Ceed) e sta cercando partner di ricerca quali università, agenzie di sviluppo, start-up e clienti in Africa e nel mondo.
“Per fare in modo che l’Africa si unisca alle altre economie e le superi, abbiamo bisogno di investimenti in scienza e tecnologia che siano ben integrati nella pianificazione economica e allineati allo scenario africano – ha affermato Rahamon Bello, Vice Chancellor dell’Università di Lagos –. Vedo una grande opportunità per partnership di ricerca innovative tra società come Ibm e organizzazioni africane, che uniscono le tecnologie più avanzate del mondo alla competenza e alla conoscenza locale”.
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