Oggi vengono colpite le persone, non le infrastrutture.
Le aziende stanno investendo nella sicurezza IT come mai prima d’ora, ma con scarso successo: le informazioni personali continuano a finire nelle mani sbagliate e le violazioni dei dati sono all’ordine del giorno.
È il momento di ripensare la sicurezza. I modelli tradizionali erano adatti a un’epoca precedente, nella quale si metteva al sicuro il perimetro e si gestivano le minacce dopo il loro ingresso. Se questo approccio sembrava funzionare allora, oggi è completamente da rivedere.
Oggi vengono colpite le persone, non la tecnologia, e sono queste a rappresentare il rischio più grande. Questo cambiamento nel panorama delle minacce richiede un’evoluzione di mentalità e di strategia, che si focalizzino sulla protezione delle persone e non del perimetro.
La protezione inizia dalle persone
È chiaro che il modello di difesa del perimetro non è più efficace – e non lo era più da anni. La ragione per cui non funziona più è semplice: nell’economia attuale basata su cloud non c’è più un perimetro da difendere. Le attività si svolgono su dispositivi e infrastrutture non gestiti dalle aziende e su canali di proprietà terze. Come sottolineato da Gartner, il dipartimento IT “semplicemente non controlla più i confini delle informazioni e delle tecnologie aziendali”.
Le persone realizzano i migliori exploit
Le aziende migrano al cloud, così fanno anche i cyber criminali. Se le infrastrutture cloud possono essere protette in modo molto efficace, le persone che le utilizzano sono invece vulnerabili.
Si spiega perché oggi gli attacchi approfittino del fattore umano e non delle vulnerabilità tecnologiche. Più del 99% delle attività fraudolente è attivato dalle persone. Questi attacchi si affidano a un essere umano affinché apra un documento “armato”, clicchi su un link pericoloso, inserisca le proprie credenziali o svolga direttamente i comandi degli aggressori (come trasferire denaro o inviare file sensibili).
Le attività di phishing, che cercano di ingannare l’utente e convincerlo a inserire i propri dati in form di login fittizi, sono le più pericolose. Nell’era cloud, le credenziali sono la chiave di tutto: email, dati sensibili, appuntamenti privati e rapporti di fiducia.
È necessario identificare gli utenti aziendali più colpiti
Le persone sono uniche, come unico è il loro valore per i cyber criminali e il rischio per i datori di lavoro. Gli impiegati hanno abitudini digitali e punti deboli distinti. Sono colpiti dagli hacker in modi diversi e con intensità differente e hanno contatti professionali unici e accessi privilegiati ai dati in rete e nel cloud. Tutti questi elementi compongono il rischio generale per l’utente, definito indice VAP (vulnerabilità, attacchi e privilegi).
Vulnerabilità: come lavorano le persone
La vulnerabilità degli utenti inizia dal loro comportamento digitale – da come lavorano e dai link che aprono. Alcuni impiegati possono lavorare da remoto o accedere all’email aziendale da dispositivi personali. Potrebbero utilizzare file storage basati su cloud e installare add-on di terze parti alle loro applicazioni cloud. O semplicemente potrebbero “cadere” nella trappola degli hacker e delle loro tecniche di phishing.
È necessario comprendere poi il livello di suscettibilità degli utenti al phishing e ad altre tipologie di attacchi. Le simulazioni di attacchi phishing sono il modo migliore per comprendere questo aspetto, in particolare quelli che imitano le tecniche real-world, possono aiutare a identificare chi è influenzabile e da quale metodo. Chi apre un’email di phishing e l’allegato incluso potrebbe essere tra i più vulnerabili, chi lo ignora corre rischi minori e chi invece segnala il messaggio al team di sicurezza o all’amministratore email sarà il meno vulnerabile.
Gli attacchi informatici non sono tutti uguali
Ogni attacco è potenzialmente dannoso, alcuni più pericolosi, altri targettizzati, sofisticati. Minacce “commodity” indiscriminate potrebbero essere più numerose rispetto alle altre, ma meno preoccupanti perché vengono decodificate e bloccate più facilmente. Altre invece potrebbero comparire solo in una determinata serie di attacchi, ma essere molto pericolose a causa del loro livello sofisticato o del target di persone che cercano di colpire.
Bisogna tenere in considerazione questi fattori in base alle divisioni e gruppi ai quali appartengono gli utenti. Ad esempio, alcuni potrebbero non sembrare a rischio, valutando il volume o la tipologia di email pericolose ricevute, ma potrebbero rappresentare invece un rischio elevato perché lavorano in un dipartimento altamente colpito e quindi potrebbero diventare un bersaglio chiave.
I privilegi misurano tutti gli elementi potenzialmente di valore ai quali le persone hanno accesso, come dati, autorizzazioni a livello finanziario, relazioni e molto altro. Analizzare questi aspetti del rischio è importante per valutare guadagni/perdite di aggressori e aziende in caso di compromissione.
Per gli attaccanti, un target di valore è rappresentato da chiunque possa essergli utile. Per questo gli executive e altri manager VIP potrebbero non essere i bersagli più ambiti. In base alla ricerca Proofpoint, singoli collaboratori e middle management rappresentano più dei due terzi degli attacchi.
Come mitigare i rischi degli utenti
Proteggere da tutti i fattori di rischio richiede l’applicazione di un approccio su più fronti e significa:
– Ridurre la vulnerabilità degli utenti rendendoli più consapevoli dei rischi con corsi di formazione sulla cybersicurezza, che spieghino le differenti tecniche utilizzate.
– Bloccare le minacce prima che raggiungano la posta degli utenti.
– Monitorare e gestire i privilegi di rete per evitare accessi non autorizzati alle informazioni sensibili.
È fondamentale adottare un approccio focalizzato sulle persone per ridurre la superficie di attacco. Le forme di protezione tradizionali, usate finora, non sono davvero più funzionali, né sufficienti.