Lenovo ha comprato Motorola Mobility. Si tratta di un investimento da 2,91 miliardi di dollari che definisce il passaggio della divisione di Google al colosso cinese dei Pc. In poco meno di due anni Mountain View registra una minusvalenza di circa dieci miliardi, dunque, dopo che nel 2011 aveva versato 12,5 miliardi di dollari per accaparrarsi Motorola. Minusvalenza, appunto, giustificata in parte dal fatto che circa 15 mila brevetti su 17 mila rimarranno a Google.
Questa operazione di mercato rafforzerà la posizione di Lenovo sul mercato degli smartphone e consentirà alla società cinese una forte presenza in Nord America e in America Latina, oltre a farla crescere in Europa occidentale.
Notizia indiscutibilmente di rilievo. Ma si cela una questione ancor più importante dietro questi nuovi sviluppi.
“L’accordo deve ancora essere approvato sia negli Usa sia in Cina, cosa che richiede molto tempo”, scrive il Ceo di Google Larry Page nella nota dell’azienda. Proprio questo è il punto focale: l’approvazione del governo Usa. La stessa approvazione richiesta per il passaggio dei server x86 di Ibm a Lenovo, cessione ufficializzata nei giorni scorsi, che ha chiamato in causa il Comitato sugli Investimenti Stranieri negli Stati Uniti, autorità che in passato aveva già dato via libera alla storica cessione della divisione Pc di Ibm.
Stiamo parlando di passaggi di consegne di un business talmente delicato da tirare in ballo questioni di sicurezza nazionale.
A tal proposito va menzionato il blocco canadese, dello scorso novembre, alle offerte cinesi per l’acquisizione di Blackberry. Anche in questa circostanza dovuto al fatto che, tanto gli executive dell’industria, quanto le autorità del governo, temevano ripercussioni per la sicurezza delle reti di telecomunicazioni. In Canada infatti vige una legge chiamata Investment Canada Act, che dà al governo il diritto di negare alle multinazionali di acquisire aziende canadesi se lo stesso governo pensa che non siano rispettati i più alti interessi della nazione.
La questione è spinosa. Fare gli interessi della propria nazione è d’obbligo. Ma in che modo? Tutelare i propri beni, in questo caso le aziende, mantenendo integra la “sicurezza”, o far varcare i confini al capitale cinese, che tanto servirebbe e che pare essere l’unica liquidità in circolazione al momento? Ai governi l’ardua sentenza.