Da New York a Londra, da Wall Street alla City, passando per i fatti di Parigi, la parola d’ordine è una sola: cybersicurezza. L’Occidente teme i kalashnikov dei terroristi tanto quanto le bombe digitali, attacchi cibernetici in grado di paralizzare i centri vitali della finanza.
Non solo banche: raid via internet potrebbero colpire centrali elettriche, banche dati e quei sistemi di monitoraggio delle attività quotidiane e delle comunicazioni della popolazione intera, creati proprio per tenere sotto traccia potenziali attentatori ma che ci fanno sentire un po’ dentro al Grande Fratello.
E’ la cyberwar, è il cyberterrorismo, e Stati Uniti ed Europa si stanno attrezzando. Almeno 140 Paesi, secondo l’intelligence occidentale, hanno creato la prima unità per la guerra digitale. Il presidente Obama e il premier britannico Cameron hanno pianificato esercitazioni alla Borsa americana e quella inglese per misurare la capacità di resistenza ad eventuali attacchi informatici. E poi, pressioni sulle dirigenze dei grandi social network affinchè forniscano informazioni su utenti e visitatori sospettati di avere legami con il terrorismo. I militanti jihadisti, d’altra parte, usano proprio il web per diffondere i messaggi di propaganda islamista: siti, video su Youtube e Twitter. E in alcuni di questi messaggi ci possono essere tracce e indizi preziosi.
Per avere un’idea di quanto sia fondamentale l’arma informatica, basti pensare che il budget Usa per il dipartimento che si occupa di ricerche sulla cybersicurezza è pari a 1,5 miliardi di dollari. Non solo, ma il Cyber Command Usa ha deciso di combattere i terroristi cibernetici con armi pari: piani di protezione, ma soprattutto estese campagne d’attacco da affiancare a quelle tradizionali.