Come sta il Software-Defined Storage? Lo ha indagato la quinta indagine annuale realizzata da DataCore realizzato su 477 professionisti It che stanno attualmente utilizzando o valutando l’SDS con l’obiettivo di superare le criticità legate allo storage dei dati. I risultati sono abbastanza sorprendenti: colpisce soprattutto il fatto che i livelli di spesa legati ai temi caldi del momento, come i Big Data, l’Object Storage e OpenStack, siano bassissimi, un fatto che può essere parzialmente giustificato dall’elevato numero di persone che nel corso dell’indagine hanno espresso disillusione.
D’altro canto, il report di quest’anno rivela numerosi elementi a favore dell’implementazione del Software-Defined Storage. Il 52 per cento degli interpellati si aspetta che l’SDS possa allungare la vita utile degli asset di storage già presenti in azienda e garantire il funzionamento dell’attuale infrastruttura di storage anche in futuro, integrando facilmente eventuali nuove tecnologie. Quasi metà delle persone che hanno risposto al sondaggio cerca nell’SDS anche la possibilità di non essere vincolata a uno specifico produttore di storage, abbassando così i costi dell’hardware scegliendo tra fornitori diversi. Operativamente, gli interpellati vedono l’SDS come un modo per semplificare la gestione di dispositivi di storage di tipo diverso automatizzando le operazioni più frequenti o complesse. Si tratta di risultati notevolmente diversi dal passato, perché oggi l’indagine mostra un chiaro incremento nella percezione dei benefici economici generati dal ricorso all’SDS (riduzione delle spese in conto capitale), che vanno ad aggiungersi ai risparmi sulle spese operative già evidenziati negli scorsi anni.
Tra i risultati sorprende anche il fatto che nonostante la penetrazione complessiva sia in crescita, nel 28 per cento dei casi la tecnologia flash è completamente assente, e che il 16 per cento di chi vi ha fatto ricorso dichiari di non avere raggiunto i miglioramenti prestazionali auspicati in termini di accelerazione applicativa. Interessante notare, inoltre, che il 21 per cento degli intervistati ha indicato come gli attesissimi sistemi iper-convergenti non abbiano offerto i risultati previsti o non si siano integrati al meglio nelle infrastrutture esistenti. Va detto, però, che il Software-Defined Storage e la virtualizzazione dello storage sono considerati ora come necessità urgenti, con il 72 per cento delle organizzazioni che sta facendo quest’anno importanti investimenti su queste tecnologie. L’81 per cento prevede livelli analoghi di investimento su tecnologie di Software-Defined Storage da incorporare in server per SAN/SAN virtuali e soluzioni di storage convergente.
“Sono due le sorprese emerse dall’indagine: l’assenza di investimenti a breve termine per Big Data e Object Storage tra la maggioranza degli intervistati e la penetrazione relativamente contenuta della tecnologia flash in queste 477 organizzazioni – dice DeniConnor, Founding Analyst di SSG-NOW -. Non sorprendono, invece, i livelli crescenti di investimenti in iniziative di Software-Defined Storage, note per offrire un ritorno più immediato”.
Il report completo è disponibile qui.