Secondo la maggior parte degli IT Operation e dei Security Manager (il 58%) le policy di accesso sono spesso estese ben oltre le esigenze lavorative degli utenti privilegiati e il 91% di loro segnala che il rischio di minacce interne continuerà a crescere o comunque non diminuirà.
Questo il grido d’allarme lanciato dalla nuova edizione dello studio “L’insicurezza degli utenti privilegiati”, realizzato da Forcepoint e dal Ponemon Institute, una società di ricerca specializzata nel settore della sicurezza informatica. Il report confronta i dati raccolti dal 2011 al 2014 con quelli attuali, tracciando il quadro delle nuove sfide che enti e aziende devono affrontare sul tema degli utenti privilegiati per prevenire le minacce interne.
L’elemento umano
Con oltre il 40 per cento degli intervistati d’accordo nel sostenere che gli insider malintenzionati avrebbero usato la social engineering per ottenere i diritti di accesso degli utenti con privilegi – in crescita del 20 per cento dai dati 2011 – non è una sorpresa che la maggior parte degli intervistati si aspetti che le minacce interne rimarranno un problema. Più di 600 le figure commerciali e 142 tra federal IT operations e responsabili della sicurezza che hanno partecipato allo studio.
Circa il 70 per cento di entrambi i gruppi intervistati pensa che sia “molto probabile” o “probabile” che gli utenti privilegiati credano di avere il diritto di accedere a tutte le informazioni che possono visualizzare. Quasi il 70 per cento ritiene anche che gli utenti privilegiati spesso accedano ai dati sensibili o riservati semplicemente per curiosità. Con queste grandi percentuali in mente, solo il 43 per cento delle aziende commerciali e il 51 per cento delle organizzazioni federali oggi affermano di avere la capacità di controllare efficacemente le attività dei loro utenti privilegiati. La maggior parte di esse afferma che solo il 10 per cento o meno del loro budget è dedicato ad affrontare questa sfida significativa.
Il ruolo delle carenze tecnologiche
Mentre i budget e l’elemento umano sono fattori chiave da considerare per poter affrontare la sfida delle minacce interne, anche le carenze tecnologiche stanno giocando un ruolo importante. L’indagine ha rilevato che un numero significativo di intervistati si limita ad utilizzare strumenti di sicurezza informatica già esistenti in azienda per combattere le minacce interne, piuttosto che nuove tecnologie più mirate: ad esempio il 48 per cento delle aziende commerciali e il 52 per cento delle organizzazioni federali utilizzano un SIEM per determinare se una specifica azione è in realtà una minaccia proveniente dall’interno. Come risultato, oltre il 60 per cento degli intervistati indicano che questi strumenti producono troppi falsi positivi. Inoltre, la maggior parte di entrambi i segmenti di pubblico intervistati (il 63 per cento delle aziende commerciali e il 75 per cento delle organizzazioni federali) non hanno le necessarie informazioni contestuali indispensabili per evitare le minacce interne.
“L’approccio migliore per mitigare l’abuso di accessi privilegiati per gli utenti è un approccio globale e multi tier che implementa le migliori pratiche, incorpora processi e tecnologie e, soprattutto, affronta le persone che stanno dietro ai permessi – afferma Emiliano Massa, Sr. Director Regional Sales Southern Europe & Israel di Forcepoint -. I danni causati da utenti privilegiati sono i pù estesi, i più difficili da mitigare e i più difficili da rilevare, poichè si tratta di utenti autorizzati che fanno cose che sono autorizzati a fare. Questo rapporto sottolinea l’enorme divario tra la consapevolezza del problema che le organizzazioni hanno e la loro capacità di risolverlo “.