[section_title title=Sanmarco Informatica: “perdere” tempo per sviluppare meglio i software – parte 2]
I benefici ottenuti sono molteplici: “Abbiamo registrato un miglioramento generale dell’ambiente di lavoro – racconta Sergio Mieli, responsabile del Centro di Sviluppo Software di Sanmarco Informatica – con livelli più elevati di motivazione, spirito di gruppo e positività. C’è maggiore chiarezza su cosa va fatto e perché, a tutti i livelli, e aumenta la focalizzazione sugli obiettivi, ovvero si lavora solo su ciò che serve davvero. E ancora, si riducono i malintesi tra le diverse funzioni interne ed è possibile prevenire alcune problematiche tipiche di un modello organizzativo tradizionale che appaiono dei veri e propri paradossi”.
Ma quali sono i paradossi del modello tradizionale?
- Si lavora per l’efficienza dei clienti, in modo altamente inefficiente. Buona parte dei software sviluppati ha come fine ultimo quello di migliorare l’efficienza dei processi dell’utilizzatore, qualsiasi sia la natura della sua attività. Eppure, mentre si lavora con il massimo dell’impegno per produrre efficienza, spesso lo si fa con modalità altamente inefficienti. Con un modello organizzativo di tipo tradizionale o a cascata, dove i vari specialisti svolgono la propria funzione in modo poco o per nulla integrato, può capitare ad esempio di sviluppare software per centinaia di ore salvo poi bloccarsi perché i tester sono impegnati su altri progetti, e nel frattempo poi le priorità saranno cambiate, con il risultato che a volte alcuni codici sviluppati nemmeno arrivano alla fase di testing.
- Si mettono in rete i computer, ma non i cervelli. L’organizzazione del lavoro per piccoli gruppi nella metodologia Agile-Scrum evita fraintendimenti e riduce gli errori nella fase di sviluppo, e in generale rende più semplice e rapido il trasferimento delle competenze e consente di creare un maggiore grado di conoscenza diffusa, evitando così che all’interno del team di sviluppo ci sia solo una persona a conoscenza di determinati aspetti. Con la metodologia tradizionale, invece, si mettono in rete i computer, ma non i cervelli.
- “Perdere tempo” migliora l’efficienza. “Naturalmente – spiega Mieli – tutto questo ha un costo, inteso come tempo dedicato agli incontri quotidiani e a quelli di pianificazione e follow up. Rispetto ad un modello tradizionale, nel quale i vari specialisti si dedicano al proprio specifico compito e basta, si potrebbe dire che “perdiamo” un sacco di tempo, eppure l’efficienza complessiva del processo, a medio e lungo termine, è estremamente superiore, proprio perché consente di evitare gli errori, le contraddizioni e le diseconomie viste in precedenza. La sfida, naturalmente, sta nel rendere i vari momenti di incontro, in primis quelli quotidiani, il più produttivi possibile”.