di Lori MacVittie, Principal Technical Evangelist, F5 Networks
È iniziato tutto con i DevOps, poi sono arrivati i NetOps, i SecOps e ora i DevSecOps/SecDevOps.
Qualsiasi termine si decida di utilizzare, molto spesso nella realtà gli acronimi si rivelano soltanto dei nomi nuovi e attraenti, che tendono a nascondere i problemi precedenti, come i silos tradizionali, che ormai rappresentano una parte obsoleta dell’infrastruttura.
“Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”, diceva Shakespeare. Un concetto che potremmo applicare anche al mondo dell’IT, smettendola di focalizzarci sulle definizioni e concentrandoci invece sugli obiettivi da raggiungere.
Quando abbiamo sentito per la prima volta parlare di cloud, molti hanno scelto di respingere i primi tentativi delle aziende di implementare un proprio private cloud on-premise, poiché non corrispondevano perfettamente alla definizione esatta che volevano associare al termine cloud. Ignoravano, però, che a definire il cloud stesso sarebbe stato presto il risultato che avrebbe permesso di ottenere in termini di business; quindi non una definizione vuota, ma il modo in cui l’agilità, l’efficienza e la velocità avrebbero cambiato per sempre il modo di offrire, configurare e gestire l’infrastruttura.
Oggi le discussioni sulla corretta terminologia da utilizzare si concentrano sugli acronimi “X-Ops” e su come dovremmo definire al loro interno l’ambito sempre più discusso della sicurezza.
Probabilmente anche in questo contesto avremmo bisogno di utilizzare meno termini, partendo invece dalla semplice distinzione tra chi adotta le “operation moderne”, in termini di comportamenti e attività, e chi invece è ancora legato alle “operation tradizionali”.
Le operation moderne sono quelle che implementano tecnologie come il cloud e l’automazione per costruire pipeline che codifichino i processi, così da accelerare la velocità di delivery e il deployment delle applicazioni modificando comportamenti e pratiche. Sono collaborative e comunicative e non si suddividono in team X-Ops a silos. In questo modo raggiungono il proprio obiettivo: un rilascio più rapido e frequente di aggiornamenti che diano valore aggiunto al business soddisfacendo i consumatori.
Focalizzarsi solo su come definire la “sicurezza” nel momento in cui si adottano operation moderne può essere controproducente poiché contraddice l’assunto di base per cui delivery e deployment possono avere successo solo se si adotta un approccio collaborativo. Nell’ambito della rete, le etichette sono utilizzate per assegnare tag al traffico di dati e applicare policy che controllino quali dispositivi possono comunicare con l’infrastruttura e le applicazioni. Nei cluster dei container servono invece a isolare, restringere e vincolare e nelle aziende possono avere lo stesso effetto.
Anche attribuire una nuova definizione ed etichetta a un nuovo team integrato nell’ambito delle operation moderne può creare suddivisioni, contrastando l’obiettivo di aprire i canali comunicativi richiesti per operare rapidamente e su larga scala. Inoltre, offre involontariamente agli operatori di altri team la libertà di abdicare da ogni responsabilità di sicurezza in favore dei team SecDevOps/DevSecOps.
Non ritengo quindi sia una buona idea, considerando come la sicurezza applicativa rappresenti uno stack e che, come tale, richieda il coinvolgimento di tutta l’organizzazione per implementare le giuste protezioni: dalla sicurezza della rete a quella del traffico dati e, soprattutto, quella delle applicazioni. La superficie di attacco a un’app include sette livelli e, in maniera sempre più rilevante, lo stack dell’intero ambiente operativo. Per questo non c’è più spazio per i silos quando si parla di sicurezza.
L’obiettivo dell’IT nell’era della trasformazione digitale dovrebbe essere la modernizzazione delle operazioni, a partire dalla tecnologia per arrivare ai gruppi di lavoro che la utilizzano, per innovare e fornire valore aggiunto al business. Oggi, chi ha scelto la via delle operation moderne non può perdersi in vane definizioni ma deve guardare ai risultati: collaborare, comunicare in modo aperto e costruire una pipeline di delivery e deployment efficiente e flessibile. Tutto questo richiede la cooperazione tra rete, sicurezza, infrastruttura, storage e sviluppo.
In definitiva, sarebbe meglio limitarsi a distinguere tra aziende che adottano operation moderne, operation tradizionali e organizzazioni in fase di transizione tra le due, così da non perdere l’opportunità di creare un ambiente collaborativo in cui distribuire e implementare le applicazioni più rapidamente, con maggiore frequenza e, soprattutto, in totale sicurezza.