Non si può mai dire la parola fine… almeno per quello che riguarda il datagate americano.
Il 2 giugno con l’approvazione del Freedom Act e l’abolizione della sezione 215 del Patriot Act i cittadini statunitensi erano convinti di avere fatto un grande passo avanti per la difesa della privacy dei cittadini, tanto che lo stesso presidente Barack Obama non aveva esitato ad esprimere la sua soddisfazione.
Ma ora, almeno temporaneamente, si fa marcia indietro. La NSA (National Security Agency), ad un mese esatto dall’approvazione della legge, torna a poter registrare e archiviare le telefonate che avvengono sul suolo americano. La decisione è stata presa dalla Foreign Intelligence Surveillance Court, il tribunale federale incaricato di valutare le richieste che arrivano dal governo relativamente a sorveglianza elettronica, perquisizioni fisiche e più in generale azioni investigative per scopi di intelligence straniera.
Ma la speranza non è persa perché la NSA potrà continuare nella sua attività di raccolta e immagazzinamento dei metadati relativi alle telefonate (come orario d’inizio e di fine, ma non l’effettivo contenuto delle informazioni) per soli 180 giorni, termine previsto dal Freedom Act per dare il tempo all’agenzia governativa di riorganizzare il sistema di sorveglianza secondo i nuovi dettami. Via libera quindi alle intercettazioni fino al 29 novembre, quando finalmente i cittadini a stelle e strisce potranno fare un passo in avanti, salvo nuovi provvedimenti, nel riconoscimento del loro diritto alla privacy.